Depressione: sintomi, cause e cure per combattere il "periodo buio"

S’insinua infida nella nostra vita quotidiana in punta di piedi fra scoppi di pianto improvvisi, apatia, progressiva incapacità di dedicarci anche alle attività più normali, una tristezza repentina e anomala. All’inizio addebitiamo il nostro stato di malessere allo stress, a uno sbalzo ormonale, al ciclo imminente, all’eccessivo lavoro… Ci diciamo “È un periodo, passerà”. Ma quando il periodo perdura oltre un termine ragionevole per essere definito tale, la diagnosi si fa largo come uno spettro nella nostra mente e viene poi marchiata a fuoco dalla sentenza del medico: depressione. La depressione può colpire chiunque di noi, apparentemente senza motivo, in qualsiasi momento della nostra vita. Non è una condizione per cui provare vergogna, non è una colpa: è un disturbo e come tale si può curare.

Depressione: sintomi, cause e cure per combattere il "periodo buio"

Di cosa parliamo quando parliamo di depressione?

Quella che chiamiamo comunemente depressione è conosciuta dalla medicina come disturbo depressivo maggiore, detto anche depressione clinica, depressione maggiore, depressione endogena, depressione unipolare, disturbo unipolare o, nel caso di recidive, di depressione ricorrente. Si tratta di un disturbo dell’umore caratterizzato, come suggerisce il nome stesso della patologia, da un tono depresso combinato con scarsa autostima e/o perdita di interesse nelle attività che normalmente ci procurano piacere.

La depressione non coinvolge solo l’umore, ma interessa a vario titolo l’ambito affettivo e quello cognitivo della persona che ne soffre, andando quindi a influire negativamente sulla vita sociale, famigliare, lavorativa e sulle attività quotidiane, così come su alimentazione, sonno e salute e benessere fisici. La qualità della vita, in poche parole, ne risente pesantemente.

La depressione è già conosciuta in tempi antichi, quando il medico greco Ippocrate di Coo la descrive come melanconia, un mix di sintomi che accorpano “paure e scoraggiamenti, se durano a lungo”. Il termine depressione – dal latino deprimere, “premere verso il basso” – viene utilizzato dal XIV secolo e nel 1665 l’autore Richard Baker lo usa per indicare soggetti caratterizzati da “una grande depressione di spirito”. In realtà, però, il primo utilizzo del termine depressione in psichiatria risale a metà dell’Ottocento per opera dello psichiatra francese Louis Delasiauve in riferimento a un “abbassamento fisiologico e metaforico della funzione emotiva”.

Gli studi sulla depressione proseguono con Sigmund Freud, che la paragona al lutto, mentre il termine disturbo depressivo maggiore non ha nemmeno un secolo: è stato infatti introdotto da un gruppo di ricercatori statunitensi a metà degli anni Settanta. Più o meno nello stesso periodo, la scienza ha iniziato anche a ipotizzare le possibili cause degli stati depressivi parlando di uno squilibrio chimico nei neurotrasmettitori del cervello. La teoria si basava su osservazioni degli effetti della reserpina e dell’isoniazide (rispettivamente un alcaloide indolico con attività antipertensiva e antipsicotica e un antibiotico antitubercolare) nella modifica dei livelli dei neurotrasmettitori coinvolti nei sintomi depressivi.

La depressione non è una condizione rara, visto che ne soffrono almeno 15 persone su 100; per quanto il disturbo depressivo possa insorgere a qualsiasi età, la medicina stima che ne siano maggiormente colpite le persone di età compresa fra i 25 e i 50 anni circa, con una frequenza doppia nelle donne adolescenti e adulte. Nemmeno i bambini vengono risparmiati dalla depressione. Attualmente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che la depressione sia la seconda causa di disabilità tra le malattie fisiche e psicologiche, preceduta solo dall’infarto.

Per quanto il linguaggio comune utilizzi in genere depressione come unico termine, il disturbo depressivo ha numerose sfaccettature e può presentarsi sotto molteplici forme: vediamone una sommaria classificazione.

Quali sono le forme della depressione?

Come abbiamo accennato, il disturbo depressivo è classificato dalla medicina sotto numerose forme, ciascuna associata alle peculiarità con cui la patologia si manifesta:

  • Depressione reattiva: In questo caso, la patologia è associata a fatti scatenanti come lutti, separazioni, fallimenti nella vita personale, sentimentale o professionale, violenze subite e così via. Si tratta di eventi che generano normalmente tristezza e scoramento, ma quando queste condizioni si mostrano particolarmente intense e perdurano nel tempo si entra nell’ambito depressivo, che può comprendere al suo interno disturbi dell’adattamento, reazioni da lutto o sensazioni di perdita o abbandono;
  • Depressione endogena: A differenza di quella reattiva, la depressione endogena non è riconducibile a eventi scatenanti, ma è legata a cause genetico-biologiche o inconsce che fanno parte della personalità del soggetto colpito dal disturbo;
  • Depressione ansiosa: In questo caso, la depressione è accompagnata da ansia e attacchi di panico;
  • Depressione psicotica: Si tratta di una delle forme più gravi della patologia che si manifesta, oltre che con i suoi tipici sintomi, con quelli della psicosi (per esempio il delirio);
  • Distimia: Conosciuta anche come disturbo distimico, indica una condizione caratterizzata da un umore costantemente depresso per un periodo di almeno due anni. In poche parole si tratta di una depressione cronica, tuttavia contraddistinta da sintomi di gravità relativamente lieve tali da non raggiungere mai il picco di un episodio depressivo maggiore;
  • Disturbo di adattamento con umore depresso: Si manifesta in seguito a uno o più elementi forieri di stress per il soggetto entro tre mesi dall’insorgenza degli stessi fattori stressanti. Si caratterizza per un grave disagio psicologico e sociale, ma la cura è tutto sommato semplice: in genere, eliminando gli elementi di stress, il disturbo tende a rientrare nel giro di sei mesi;
  • Depressione mascherata: I sintomi di questo tipo di depressione sono solitamente di tipo cognitivo, somatico e comportamentale, mentre viene risparmiata la sfera affettiva. In realtà il disturbo esalta i sintomi non affettivi del disturbi;
  • Depressione secondaria: In questo caso, il disturbo depressivo è conseguenza di altre patologie, come per esempio malattie organiche o neurologiche, o in alternativa può essere scatenato dall’assunzione di determinati tipi di farmaci. Le patologie che, tra le altre, possono dar luogo a un disturbo depressivo secondario sono epilessia, encefalopatia, ictus, sclerosi multipla, neuropatie degenerative, tumori, sindrome da affaticamento cronico, patologie del sistema endocrino, tipo- o ipertiroidismo, carenza di testosterone o ipogonadismo, anemia, disturbi del metabolismo, mancanza di vitamina D, colite, malattia di Crohn, celiachia, diete ipolcaloriche, cattiva alimentazione, malnutrizione, patologie cardiache o respiratorie e intossicazione da metalli pesanti.

Fra i disturbi dell’umore contrassegnati da sintomi depressivi possiamo inoltre citare la disforia – alterazione dell’umore con caratteristiche depressive segnate però da un intenso stato di agitazione e irritabilità – e il bipolarismo, patologia in cui si alternano fasi di mania e di depressione nel soggetto bipolare.

Ma quali sono i sintomi per riconoscere la depressione?

“Come posso capire se sono depresso?”

In determinati periodi può capitare che in noi faccia capolino la fatidica quanto temuta domanda: “Sarò depressa?”. Anzitutto bisogna dire che la depressione può prendere la forma di un singolo episodio transitorio (l’episodio depressivo) oppure di un vero e proprio disturbo depressivo, a loro volta contraddistinti da gradi diversi di gravità. Se i sintomi della depressione compromettono l’adattamento sociale si parla in genere di disturbo depressivo maggiore, che si distingue da disturbi minori che non comportano conseguenze gravi e insorgono spesso come normale reazione a fatti della vita che inducono tristezza ma si risolvono nel giro di breve tempo.

I sintomi normalmente associati ai disturbi depressivi sono i seguenti:

  • Umore depresso per la maggior parte del tempo con tristezza, malinconia e pianti immotivati;
  • Perdita di interesse per la stragrande maggioranza delle attività quotidiane;
  • Agitazione o rallentamento psicomotorio;
  • Stanchezza, affaticamento, mancanza di energia;
  • Ansia;
  • Disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia);
  • Significativa perdita o aumento di peso o dell’appetito;
  • Problemi psicosomatici (gastrite, cefalea, ecc.);
  • Perdita delle motivazioni personali, difficoltà a pensare, a concentrarsi, a trovare l’energia per risolvere problemi, prendere iniziative o decisioni e pianificare il futuro (questi sono i cosiddetti sintomi cognitivi);
  • Isolamento, solitudine, scarsa voglia di movimento, perdita di interesse nella cura di sé e nell’igiene personale, autoabbandono con riduzione progressiva dei rapporti sociali e affettivi (sintomi affettivi);
  • Inquietudine, rassegnazione, diminuzione di autostima, senso di inutilità e delusione permanente, sfiducia, pessimismo, negatività, senso di fallimento o disperazione, sensi di colpa e rimuginazione sino ad arrivare nei casi più gravi ad angoscia e deliri con distacco dalla realtà;
  • Pensieri di morte, tendenze suicide con o senza elaborazione di piani specifici o tentativi effettivi di suicidio.

Naturalmente non è necessario che tutti questi sintomi si manifestino, ma per la diagnosi di un episodio depressivo maggiore dev’esserci la compresenza di almeno cinque sintomi – che si presentano per l’intera durata della giornata o quasi per almeno due o tre settimane – da trattare tempestivamente per evitare che si aggravino. Per quanto ovvio, è bene sottolineare che la depressione non deve essere mai autodiagnosticata (e di conseguenza trattata con cure fai da te), evitando il più possibile di ricorrere a ricerche sul web e a improbabili test sulla depressione che si trovano in rete: in un caso del genere è doveroso rivolgersi a un medico, meglio se a uno psichiatra, che potrà prescrivere – se necessari – i farmaci più corretti in base alle caratteristiche del singolo episodio e potrà fornire consigli personalizzati su altri rimedi per combattere l’episodio depressivo in atto, qualora diagnosticato.

Per quanto il paziente depresso si senta sfiduciato, va detto che guarire dalla depressione è possibile: vediamo come.

Come combattere la depressione?

Una volta che il medico avrà effettuato la sua diagnosi, concorderà con noi le cure e i trattamenti diversi da paziente a paziente. Per questo la terapia che ha funzionato tanto bene con una nostra amica potrebbe rivelarsi del tutto inefficace con noi ed è il motivo per cui dobbiamo escludere categoricamente di curarci autonomamente servendoci del web o dei consigli di amici e conoscenti.

La cura inizia con la prescrizione di farmaci antidepressivi che hanno la funzione di migliorare il tono dell’umore, di regolare il sonno e l’appetito, di aumentare la concentrazione e, in generale, di restituirci energia e interesse verso la vita e le attività quotidiane. La scelta del tipo di antidepressivo sarà naturalmente in capo al medico, che con ogni probabilità ci farà presente che sono necessarie almeno 8 settimane di trattamento per ottenere risultati tangibili. Inoltre, per le peculiarità del disturbo e dei farmaci, può essere che dopo un periodo di cura lo specialista si renda conto che il medicinale non è adatto a noi e modificherà quindi la sua prescrizione per riuscire a individuare il principio attivo più adeguato per il nostro caso.

Molte persone sono spaventate dalla cura con antidepressivi specie per gli effetti collaterali cui possono dar luogo. Detto che l’effetto dei farmaci è comunque soggettivo e detto anche che nessun medicinale è privo di controindicazioni ed effetti collaterali, la buona notizia è che gli antidepressivi di ultima generazione sono formulati appositamente per essere efficaci pur con una riduzione significativa degli effetti collaterali. Per diminuirli ulteriormente, è naturale che i medicinali debbano essere assunti così come prescritto dal medico (per esempio rispettando sempre il medesimo orario).

La depressione si può combattere, per quanto farlo possa non essere facile, soprattutto nei momenti in cui il disturbo raggiunge i suoi picchi. Oltre ai farmaci e a un eventuale supporto psicologico, cognitivo-comportamentale o psicoterapeutico che il medico potrà consigliarci, è richiesto anche a noi uno sforzo per poter uscire dalla depressione. Cerchiamo, per quanto possibile, di ridurre gli impegni non obbligatori per abbattere il grado di pressione e di stress e diamoci del tempo ragionevole per fare ciò che dobbiamo. Nonostante, come abbiamo visto, la tentazione all’isolamento sia forte, proviamo a non rifiutare gli inviti di amici e parenti, stimoli che ci aiuterebbero anche a prenderci cura di noi stesse e a non trascurare l’igiene personale come invece spesso accade quando si attraversa un periodo di depressione.

Non dobbiamo avere fretta: la guarigione ci sarà, ma sarà progressiva e graduale, non possiamo pretendere di tornare alla nostra condizione di salute precedente in una manciata di giorni. A tal proposito, per allentare le tensioni, possono rivelarsi utili tecniche di rilassamento e gestione dello stress come la meditazione (per esempio la mindfulness) o lo yoga. In ultimo, cerchiamo in ogni modo di evitare di prendere decisioni importanti mentre soffriamo di disturbi depressivi: la nostra lucidità potrebbe risentire della patologia e il tono del nostro umore potrebbe influenzare significativamente la decisione, di cui potremmo pentirci una volta guarite.

Uscire dalla depressione con la medicina alternativa è possibile?

In primis, se intendiamo provare a curare la depressione con la medicina alternativa, parliamone con il nostro medico, tenendo presente che integratori alimentari o prodotti erboristici, all’apparenza innocui, potrebbero interferire con i farmaci che eventualmente stiamo assumendo.

L’efficacia della medicina alternativa nei confronti dei disturbi depressivi è da tempo allo studio da parte dei ricercatori, ma non ci sono ancora risultati concreti approvati dalla medicina ufficiale.

Parliamo ora di un caso particolare di depressione, quella post partum.

Un caso a sé: la depressione post partum

Il parto può essere un fattore scatenante di depressione (la depressione post partum o maternity blues) in ragione dello stress psicofisico provato quando si dà alla luce un figlio e degli stravolgimenti ormonali che l’organismo femminile si trova ad attraversare in quel periodo particolare della vita. Non è detto che la depressione post partum insorga immediatamente dopo la nascita del bimbo. Anzi: nelle prime settimana la mamma potrebbe sentirsi perfettamente in forma, per poi iniziare ad avvertire i sintomi del disturbo un mese o anche un anno dopo il parto. In Italia, la patologia interessa circa 10-15 donne su 100.

Il disturbo depressivo conseguente al parto non dev’essere mai sottovalutato o trascurato perché, oltre a creare disagio alla madre, può arrivare a ridurre le capacità di accudire il bambino; i sintomi da tenere d’occhio sono un calo significativo del tono dell’umore, sensazione di ansia e angoscia, dubbi circa la capacità di essere una buona madre, pianti frequenti e immotivati, disturbi del sonno e dell’appetito, pensieri negativi. In questi casi è bene come sempre parlare con un medico, anche per scongiurare il rischio che la patologia si consolidi in modo severo portando, nella peggiore delle ipotesi, a episodi di aggressività e violenza nei confronti del bambino che, come ci dicono le cronache, possono avere anche un esito tragico. 

“Non siamo soli”: storie di depressione

Come abbiamo visto, quando si soffre di depressione si tende a cadere in sensi di colpa, a sentirsi soli sino a provare vergogna per la propria condizione che, tuttavia, è più diffusa di quanto si possa pensare. Se conosciamo qualcuno che abbia già sofferto di depressione, cerchiamo il conforto e il confronto per capire che non siamo né strane né le uniche a sperimentare una patologia di certo complicata ma non imbattibile.

Informiamoci inoltre in tutti i modi possibili sulla nostra malattia per comprendere al meglio e approfondire la natura di ciò che stiamo provando e, per completare il quadro, proviamo a cercare in rete altre storie di depressione. Ne troveremo moltissime e l’effetto che avrà la lettura su di noi sarà di rassicurazione e consolazione: se tante persone ne sono uscite, perché proprio noi non dovremmo farcela? Ci imbatteremo con ogni probabilità in racconti di depressioni sconfitte dopo anni lottando strenuamente, di calvari difficilissimi da affrontare, di momenti realmente critici ma a un certo punto superati.

Anche negli istanti più bui, cerchiamo di non perdere di vita la fine del tunnel: dalla depressione si guarisce. 

Cerchiamo anche di parlare del nostro disturbo con amici e famigliari, invitandoli non solo a darci il loro appoggio, ma anche a informarsi a loro voglia per evitare errori in buona fede, per esempio frasi che comunemente si sentono dire a persone depresse ma che in realtà hanno un effetto devastante. Per esempio “C’è chi sta peggio di te”, “È tutto nella tua testa” o “Devi solo rilassarti”: la depressione è molto più complessa di così.

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