Algofobia, quando la paura del dolore diventa patologica?
L'algofobia si manifesta come un pensiero ossessivo dove la paura del dolore fisico condiziona pesantemente la propria esistenza.
L'algofobia si manifesta come un pensiero ossessivo dove la paura del dolore fisico condiziona pesantemente la propria esistenza.
Il termine algofobia nasce dall’unione delle due parole greche algos (dolore) e phobos (paura) e significa letteralmente paura del dolore. Chi soffre di questa fobia, chiamata anche “paura legata al dolore” e “ansia da dolore”, sperimenta una sensazione di intensa preoccupazione, panico o depressione al solo pensiero di provare qualsiasi tipo di sensazione dolorosa.
L’ansia dell’algofobia può anche rendere più sensibili al dolore ed è comune tra le persone con sindromi da dolore cronico. Questo disturbo d’ansia circoscritto rientra nella categoria delle fobie specifiche che sono caratterizzate dalla manifestazione di una paura irrazionale, eccessiva, ingiustificata e incontrollabile nei confronti del dolore.
Perché una persona arriva a sperimentare una così forte paura di provare dolore? Le cause psicologiche che spiegano come mai si sviluppa l’algofobia sono diverse:
Il motivo per cui una persona si trova attanagliata dall’algofobia può essere ricondotto ad uno specifico meccanismo di apprendimento inconscio chiamato condizionamento classico: teorizzato dal fisiologo russo Ivan Pavlov all’interno dell’ambito di studi sul comportamento, esso si caratterizza per la creazione di una risposta condizionata (una risposta che si crea dove prima non ne esisteva alcuna) attraverso associazioni tra uno stimolo incondizionato (ovvero uno stimolo che porta a una risposta automatica) e uno stimolo neutro (che da solo non innesca una risposta).
Nella pratica si menziona spesso il “cane di Pavlov” in riferimento al famoso esperimento a seguito del quale si comprese come il cane del fisiologo a seguito di un determinato stimolo (il suono di una campanella) si aspettasse il verificarsi di un determinato evento (la comparsa del cibo), in un processo che vede una associazione diretta tra i due.
In questa chiave si può leggere facilmente come in corrispondenza di uno specifico evento, ricordo, suono, la paura del dolore riaffiori in maniera incontrollata.
Tramite l’apprendimento vicario l’individuo impara dall’esperienza degli altri, osservando i loro comportamenti e le loro reazioni agli stimoli nei contesti più disparati. Questo meccanismo, quando si sviluppa soprattutto in tenera età, come rilevato da due esperimenti realizzati dal Dipartimento di Psicologia dell’Università del Sussex, può portare il bambino ad avere paura del dolore e per questo cercherà di allontanare da sé le stessi situazioni che hanno fatto soffrire gli altri, un meccanismo che si porterà con sé nell’età adulta.
Anche alcune esperienze di vita, in particolare gli eventi traumatici durante l’infanzia, possono causare l’algofobia: una ferita particolarmente dolorosa che faticava a rimarginarsi, una brutta caduta o un qualsiasi trauma fisico violento, possono essere degli episodi in grado di innescare la paura del dolore. Le persone affette da disturbo da stress post-traumatico (PTSD) possono avere un rischio maggiore di sviluppare questa fobia.
L’alta vulnerabilità alle situazioni di stress può indurre la persona a rispondere con reazioni di allarme particolarmente intense, provando una sensazione di paura, con pensieri incontrollabili o veri e propri attacchi di panico. Come tutte le fobie, anche la paura del dolore può assumere la forma di una reazione a situazioni opprimenti, faticose e stancanti che si fatica a governare.
I sintomi dell’algofobia si manifestano in maniera incontrollata e possono prendere il sopravvento sui pensieri di una persona, portandola a prendere misure estreme per evitare l’oggetto o la situazione temuti. Ecco alcune manifestazioni delle paura del dolore:
Chi soffre di questa fobia non è raro che metta in atto i cosiddetti comportamenti di “sicurezza” o “evitamento”, ovvero quei comportamenti atti ad evitare quelle attività o circostanze che possano potenzialmente essere pericolosi. Alcune persone sviluppano la cinofobia (paura del dolore dovuto al movimento), che impedisce loro di guarire o riabilitarsi e in chi ha già una disabilità questo potrebbe causare l’aggravarsi della propria condizione fisica.
Chi assume un atteggiamento ipervigile sperimenta la paura del dolore ancora prima che esso si realizzi e abbia quindi una manifestazione tangibile. La reazione a questa possibile minaccia incombente è quella di concentrarsi intensamente su di essa.
La persona che soffre di algofobia può manifestare la sua paura del dolore immaginando le conseguenze catastrofiche delle proprie azioni: ad esempio scendere le scale dell’appartamento per andare a ritirare la posta potrebbe risultare estremamente pericoloso, basterebbe mettere male il piede per cadere giù e rompersi una gamba, se non peggio.
Ma i sintomi dell’algofobia oltre ad essere comportamentali e cognitivi, mossi da idee, convinzioni e meccanismi psicologici complessi, si manifestano anche attraverso alterazioni fisiche:
Ed è proprio il caso di dirlo, niente paura perché contro le fobie ci sono degli strumenti che possono fare molto per sconfiggerle. Eccone i principali:
La CBT è un tipo di psicoterapia che utilizza un approccio pratico per combattere l’ansia e di altri disturbi mentali ma risulta essere utile anche per il trattamento delle fobie. Questo percorso terapeutico per curare l’algofobia consente alla persona di individuare, riconoscere i pensieri e le percezioni scatenanti la paura del dolore allenandosi gradualmente a reagire ad essi in modo diverso e costruttivo.
Conosciuta anche come desensibilizzazione sistematica, la terapia di esposizione è una delle forme più comuni di trattamento per le persone che soffrono di fobie. Essa funziona facendo sì che il terapeuta esponga gradualmente il paziente alla sua paura per un determinato periodo di tempo fino al momento in cui il paziente sia totalmente immune agli stimoli scatenanti la fobia.
Può agire in due modalità: in vitro o in vivo. La prima prevede che il terapeuta esponga il paziente ad esempio a foto che ritraggono qualcuno che soffre, in modo che egli possa visualizzare l’esposizione al fattore scatenante la fobia, oppure può procedere con la seconda modalità che vede la persona fisicamente esposta allo stimolo scatenante la paura del dolore all’interno di un contesto controllato e sicuro.
Anche la meditazione mindfulness è utile a chi soffre di algofobia, in quanto aiuta a distrarsi dalla propria paura, focalizzando l’attenzione su qualcosa che non ha alcun tipo di collegamento emotivo. Questo è uno dei modi principali che consentono di essere presenti e consapevoli del proprio corpo nel qui e ora, concentrandosi ad esempio sul proprio respiro, sulla sensazione provata dal corpo in quel particolare momento, oppure sui suoni e gli odori dell’ambiente circostante. Per beneficiare a lungo termine degli effetti della meditazione è indispensabile praticarla regolarmente.
Lettrice accanita, amante dell'arte e giornalista. Ho da sempre il pallino per la scrittura.
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