Siamo sicuri che il fatto di non aver raggiunto gli obiettivi preposti sia dovuto alla “sfortuna” o per colpa degli altri? Spesso e volentieri le cause che portano all’insuccesso sono tutte da ricercare in noi stessi: l’autosabotaggio ci fa mettere in atto comportamenti che remano contro i nostri interessi.

Autosabotaggio: cosa significa?

L’autosabotaggio si verifica attraverso una serie di comportamenti autodistruttivi di cui non si ha sempre consapevolezza, tanto che inizialmente potresti non accorgertene. Quando le abitudini negative iniziano a minare costantemente i tuoi sforzi, possono essere considerate a tutti gli effetti una forma di autolesionismo psicologico. Come spiega il professore David Chan, della Singapore Management University:

L’autosabotaggio si verifica quando vogliamo raggiungere un obiettivo e poi andiamo a intralciare il nostro cammino, come per assicurarci che ciò che vogliamo non accada. Razionalmente, è difficile capire perché qualcuno dovrebbe fare questo. In realtà, tutti noi ci autosabotiamo di tanto in tanto, a vari livelli.

Sembra assurdo, eppure riusciamo ad essere noi i peggiori nemici di noi stessi e per questo gli psicologi  hanno iniziato a studiare il fenomeno. L’autosabotaggio influenza da un lato l’autodisciplina, e dall’altro le interazioni con gli altri, risultando potenzialmente pericoloso per le relazioni che abbiamo instaurato.

Approfondendo il primo caso, le persone a volte attuano dei comportamenti per danneggiare le proprie possibilità di successo ed evitando così di assumersi la responsabilità dei loro fallimenti, proteggendo l’autostima: se ad esempio hai deciso di intraprendere una dieta per perdere peso ma continui a condurre un’alimentazione sregolata e poco salutare.

L’autosabotaggio può avvenire durante le interazioni con gli altri e nelle relazioni personali e inizia quando diciamo e facciamo cose che portano gli altri ad avere una percezione negativa di noi. Ad esempio se sul luogo lavoro un responsabile fa notare, se pur a ragione, gli errori del suo subordinato ma non lo fa in modo costruttivo.

Pur avendo tutta la ragione, se il responsabile rimprovera esageratamente il subordinato in presenza dei colleghi, mette in atto un meccanismo autosabotante che oltre a non far luce sull’errore commesso affinché non venga ripetuto, fa nascere nei dipendenti una percezione di lui totalmente negativa.

Ma in che modo possiamo riconoscere i sintomi dell’autosabotaggio?

I segnali di un autosabotaggio

Anche se spesso non ce ne rendiamo conto, l’autosabotaggio si manifesta in diversi modi che prestando attenzione possiamo riconoscere. Ecco quali sono i segnali che ci indicano che stiamo agendo contro noi stessi:

1. Ascolti il tuo critico interiore

Ciascuno di noi ha dentro di sé un “critico interiore” che bisbiglia “non sei abbastanza bravo”, “tutti pensano che tu sia un idiota”, “manderai di nuovo tutto all’aria”. Non siamo costretti ad ascoltare questa voce interiore e per farlo è fondamentale rendersi conto che esiste e va messa a tacere.

2. Procrastini

Rimandare è un atteggiamento che deriva dalla paura del fallimento e facendo così si finisce per realizzare l’autosabotaggio. Quando si è tentati di procrastinare è necessario reagire e mettere in pratica ciò che ci si era prefissati di fare.

3. Eviti tutto ciò che potrebbe farti soffrire

Chi si sente sconfitto dalla vita e ha vissuto esperienze scottanti che l’hanno segnato, potrebbe aver sviluppato un’attitudine all’evitare qualsiasi situazione che potrebbe potenzialmente farlo soffrire. Fare di tutto per evitare il dolore relega la persona all’interno della sua dimensione, evitandole di uscire dalla propria comfort zone e quindi a confrontarsi con gli altri.

4. Fai utilizzo di sostanze

L’utilizzo di droghe e alcol è un esempio lampante di cosa sia un comportamento autosabotante. Anche se di primo acchito queste sostanze intorpidiscono i sensi soffocando tutte le emozioni negative che proviamo, ovviamente non sono la soluzione ai nostri problemi, anzi, acuiscono una situazione di squilibrio che è già in essere.

5. Sei un maniaco del controllo

Per certe persone è particolarmente difficile da accettare: non si può avere il controllo su tutto. Controllare le situazioni o i comportamenti delle persone non è possibile e quando si cerca di farlo, si rimane bloccati.

6. Non riesci a dire di no

Compiacere gli altri è una delle forme di autosabotaggio maggiormente diffuse e accettate a livello sociale. La tentazione di essere come vogliono di altri e fare ciò che si aspettano da noi, per certe persone rappresenta quasi un imperativo categorico. In questo modo incanalano tutte le energie nei progetti degli altri, che nulla hanno a che fare con i propri.

7. Sei un “aggiustatore”

Cosa significa? Occuparsi costantemente degli altri sembrerebbe una cosa positiva, ma assume i tratti dell’autosabotaggio nel momento in cui diventa una distrazione alla quale si ricorre per evitare di affrontare i propri problemi. Adoperarsi in tutti i modi per “aggiustare” situazioni e persone può anche sfociare nella codipendenza.

8. Soffri di bassa autostima

Essere una persona insicura e con un basso livello di autostima porta a non credere di meritare il buono che la vita ha da offrire. Con questo atteggiamento ci prepariamo al fallimento che, quando si verifica, avvalora in noi stessi la convinzione che le cose non sarebbero mai potute andare diversamente.

Meccanismi di autosabotaggio

Come sostiene la dottoressa Christina R. Wilson, l’autosabotaggio è un fenomeno complesso che si manifesta in una vastità di forme e può sviluppare le sue radici in modi diversi:

Per esempio, – spiega la dottoressa – nella mia pratica clinica, ho lavorato con due diversi clienti che lottavano entrambi con la stessa forma di autosabotaggio: iniziavano sempre relazioni romantiche con persone che non rispettano perché questo li fa sentire meglio con loro stessi. È un autosabotaggio perché il modo in cui hanno imparato a riempire il loro bisogno di fiducia e autostima è favorire relazioni che non funzionano davvero, ma che li fanno sentire superiori e sicuri di sé. Ovviamente, questo ostacola il loro obiettivo a lungo termine di avere una sana relazione romantica, ma continuano a caderci perché l’autostima è così bassa e non hanno un modo migliore per affrontarla.

Il meccanismo di autosabotaggio può scattare in diverse fasi della vita:

  • Durante l’infanzia, crescendo con un genitore violento o alcolizzato si ha appreso a catastrofizzare le situazioni e a pensare sempre al peggio per affrontare questo rapporto disfunzionale;
  • Durante l’adolescenza, essendo sufficientemente intelligenti da cavarvela a scuola senza dover studiare molto. Queste premesse hanno portato ad adottare la procrastinazione come meccanismo standard in qualsiasi situazione;
  • Durante la convivenza con il partner, facendo notare i difetti dell’altro si è sviluppato un senso di soddisfazione e appagamento che vi ha fatto sentire meglio con voi stessi.

Anche la psicologa Ellen Hendriksen ha approfondito il tema dell’autosabotaggio individuandone le 6 cause principali:

1. Autostima

Alcune delle persone più motivate si sforzano di lavorare sodo, perché sentono di dover compensare un senso di inadeguatezza imposto da loro stesse. Una volta raggiunti i traguardi prefissati però, si sentono immeritevoli del successo e della felicità e per questo si adoperano per sminuire e distruggere quel risultato restaurando la considerazione negativa di loro stessi, col pensiero che se è brutto fallire, lo è di più avere successo.

2. Controllo

Controllare il proprio fallimento è molto più rassicurante che doverlo affrontare a sorpresa e per questo l’autosabotaggio diventa preferibile.

3. Sindrome dell’impostore

Alcune persone che nella vita hanno raggiunto traguardi notevoli, sono convinte di non meritarli e di essere dei veri e propri impostori. Pertanto da un lato si sentono immeritevoli di tali successi e dall’altro vivono con la paura costante di essere smascherati. Questa sensazione, nota come sindrome dell’impostore, spinge la persona verso la procrastinazione.

4. Per un comodo capro espiatorio

Se non raggiungiamo gli obiettivi che abbiamo in mente, possiamo incolpare l’azione invece che noi stessi: “non ho passato l’esame perché non ho studiato abbastanza”, “certo che mi ha lasciato, non sono stato un buon partner”. Motivazioni del genere, per la loro intrinseca frivolezza, sono più semplici da affrontare, rispetto alle reali motivazioni, molto più profonde e radicate che hanno causato il nostro fallimento.

5. Familiarità

Ciò che si conosce è preferibile all’ignoto e, per quanto possa suonare paradossale, se si è abituati a sentirsi trascurati o maltrattati, sarà più facile e naturale mettersi in quella posizione.

6. Noia pura

Il meccanismo dell’autosabotaggio può essere attivato anche in momenti di noia: polemizzare e incitare al dramma può servire per ravvivarci, riportandoci quella sensazione familiare di caos e instabilità.

Autosabotaggio: rimedi e psicoterapia

Come si può contrastare l’autosabotaggio? La ricercatrice Alice Boyes, con il suo libro intitolato The Healthy Mind Toolkit: Simple Strategies to Get Out of Your Own Way and Enjoy Your Life, ci viene in aiuto con alcuni consigli come conoscere i proprio pattern mentali. Individuare i pattern mentali dominanti e le relative distorsioni può aiutare molto contro l’autosabotaggio. Chi è particolarmente incline all’ansia, ad esempio, sviluppa la tendenza ad essere sempre ipervigile, attento a potenziali segnali di minaccia, anche se in realtà non esistono pericoli reali.

Per combattere l’autosabotaggio è importante contrastare la procrastinazione, agire: utilizzare delle liste aiuta molto in questo, riusciamo a mettere in ordine le idee e a snocciolare gli step da intraprendere, sia che si tratti di piccoli che si grandi obiettivi o semplicemente ciò che dobbiamo fare durante la nostra giornata.

Un’aiuto psicologico può essere decisivo per ristabilire l’equilibrio interiore e la consapevolezza: secondo la dottoressa Lindsay Barlow, psicologa clinica presso l’Huntsman Mental Health Institute, non c’è un metodo specifico per affrontare l’autosabotaggio durante le sessioni di terapia. L’intervista motivazionale può essere una strada:  eviscerare le motivazioni personali dell’individuo consente di comprendere a fondo i problemi legati alla sua crescita e ai suoi traguardi.

Anche l’Acceptance and commitment therapy può portare grandi benefici. Elaborata nel 1986 da Steven C. Hayes, professore di psicologia all’Università del Nevada, questa terapia è improntata sul concetto che il dolore fa parte dell’esistenza umana e non va soffocato o nascosto, bensì affrontato apertamente, perché gli unici che possono cambiare la nostra vita siamo noi stessi.

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