Sguardi affilati, accondiscendenza e a volte qualche bacchettata dalle miei insegnanti sono esempi di ciò con cui ho avuto a che fare dall’età di otto anni a causa della mia Tourette. Anni di Tourette mi hanno fatto capire che i malesi hanno poca conoscenza di questa condizione. Persino il dottore che ho visitato per la prima volta mi ha erroneamente valutato come un ragazzo in cerca di attenzione.

Inizialmente, la Tourette mi ha spaventato. Oltre alle lesioni occasionali dovute alla mia incapacità di stare fermo, avevo paura di non essere accettato dalle persone intorno a me.

Insegnanti, amici e persino parenti mi prendevano spesso in giro nonostante sapessero che un neurologo mi aveva diagnosticato la sindrome di Tourette quando avevo sedici anni. Ho trovato frustrante essere costantemente caratterizzato dai miei tic vocali e motori invece che dalla mia vera personalità. Mi è stato anche detto che non sarei stato in grado di guidare, che nessuna ragazza avrebbe voluto essere la mia fidanzata e che nessuno mi avrebbe voluto con sé a un evento importante.

All’inizio, ero sconcertato dal motivo per cui le persone vedevano la Tourette come un ostacolo alle mie capacità, quando io non l’ho mai fatto.

Poi, mi sono reso conto che la Tourette non solo non ha influenzato la mia capacità di raggiungere i miei obiettivi, ma non ha mai definito la persona che sono. Mentre maturavo e guardavo indietro ai miei successi, ho apprezzato l’importanza della pazienza nell’affrontare le avversità. Non sono più arrabbiato con coloro che mi hanno maltrattato, poiché la vita non dovrebbe essere vissuta con l’odio.

Piuttosto, ora capisco che molti di quelli che mi hanno deriso non hanno mai riflettuto sulle loro azioni perché erano troppo presi dal divertimento. Ho capito l’importanza di essere empatico e accomodante verso gli altri nelle mie parole e azioni.

Dieci anni fa, tutto quello che volevo era l’accettazione. Oggi mi rendo conto che l’esperienza della mia Tourette è legata a un problema molto più significativo nella società: il modo in cui percepiamo e trattiamo le persone che sono diverse da noi. Questo è un problema che riguarda non solo quelli con la sindrome di Tourette, ma anche quelli che sono obesi e fisicamente deformati, quelli che vivono in condizioni di miseria e molti altri.

Credo che i malesi debbano essere più consapevoli della gravità delle loro parole e azioni sugli altri.

La società dovrebbe essere educata a diventare più empatica e i nostri figli non dovrebbero crescere in un ambiente che insegna loro a maltrattare coloro che sono diversi. Anche se potrebbe essere un lungo cammino per raggiungere questa mia convinzione, la Tourette mi ha insegnato a non arrendermi, perché le cose buone arrivano per chi sa aspettare“.

Non conosciamo il nome di questo ragazzo malesiano, che ha raccontato la sua storia sul sito di Project Naked, in cui sono raccolte testimonianze di persone che hanno avuto o hanno tuttora difficoltà nella vita a causa di problemi mentali o fisici, per far capire come vive la sua vita con la sindrome di Tourette.

Per chi non sapesse di cosa stiamo, la Tourette, o sindrome di Gilles Tourette (ST), dal nome del medico che per primo la descrisse in maniera accurata nel XIX secolo, è un disturbo neurologico che compare soprattutto in età pediatrica, principalmente nel periodo compreso tra i 5 ed i 12 anni di vita, con punte massime verso gli 11, e può protrarsi anche in età adulta, nonostante tenda in questa fase a migliorare. Incide circa sull’1% della popolazine mondiale, e molto più spesso sui maschi, con un rapporto 4:1 a confronto con le femmine.

Nel nostro paese circa 350.000 persone sono affette dalla sindrome di Tourette, 50-70.000 combattono contro una forma grave. La sindrome si caratterizza per la presenza di tic vocali e motori, da ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività) e in molti casi da disturbo ossessivo compulsivo.

Anche se, nell’immaginario comune, alla Tourette è associato l’impulso irresistibile di dire parolacce; situazione che effettivamente può verificarsi, trattandosi di un meccanismo di difesa che fa esplodere l’aggressività con la ripetizione ossessiva di parole considerate violente e offensive, oppure con gesti inconsulti. Tuttavia, limitare la trattazione del problema a questo aspetto, che è poi quello che fondamentalmente scatena l’ilarità e la curiosità altrui, è sbagliato e piuttosto limitativo.

Ciò che invece sarebbe da prendere a esempio è proprio la storia di questo ragazzo, che è stato capace di alzare le spalle di fronte ai giudizi altrui e non si è fatto limitare dalla sua malattia, imparando ad accettare se stesso prima ancora che lo facessero gli altri.

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