Il 13 ottobre da ormai 10 anni si celebra il No Bra Day. Che, anche se potrebbe sembrarlo, non è una causa di indipendenza femminista, ma ha ragioni decisamente diverse che riguardano sì, le donne, ma in particolare la loro salute.

Perché l’invito a togliere il reggiseno nasce dal bisogno di aumentare la consapevolezza sul cancro al seno, ancora oggi la neoplasia più diffusa nella popolazione femminile, e sull’importanza della prevenzione.

Stavolta, quindi, non si invitano le donne a uscire di casa senza reggiseno per solidarietà a Carola Rackete, come accaduto recentemente, ma per diffondere sempre più educazione e informazione su un tema che sta a cuore a moltissime di noi, che hanno sperimentato sulla propria pelle il cancro, o hanno visto e vedono tuttora donne a loro care lottare contro la malattia.

Il No Bra Day

L’evento si celebra almeno dal 2011, con lo scopo di sensibilizzare sull’importanza dello screening del cancro al seno, riconoscendo i sintomi e ripetendo quali sono gli esami e le procedure da effettuare per prevenirlo.

Ottobre è appunto il mese della prevenzione per le neoplasie mammarie, e attraverso il No Bra Day del 13 si può contribuire a diffondere e ampliare la cultura della prevenzione sia decidendo di togliere il reggiseno, che usando sui social media l’hashtag creato appositamente, #NoBraDay, per un periodo di 24 ore.

I dati sul cancro al seno in Italia

Come detto, il cancro al seno è tuttora la forma di tumore più diffusa per quanto riguarda la popolazione femminile, anche se neppure gli uomini, pur se in misura minore, ne sono immuni.

Secondo un report voluto dal Ministero della Salute, nel 2020 ci sono state circa 55 mila nuove diagnosi nelle donne, con 12.300 decessi. 

A livello globale, secondo Komen, il tumore del seno è la neoplasia più diagnosticata tra le donne, e la principale causa di morte per cancro della popolazione femminile mondiale. Il tumore al seno è al quinto posto nella casistica della mortalità dovuta ai tumori, con il 6,9%. Ci sono 1,6 milioni di nuovi casi ogni anno nel mondo, con un’incidenza aumentata del 3,1% l’anno.

Ciò significa che, ogni 19 secondi una donna da qualche parte nel mondo riceve una diagnosi di tumore al seno, e ogni 74 secondi qualcuna muore.
La situazione più grave si registra nei Paesi in via di sviluppo, con i casi di tumore al seno nelle donne più giovani – con un’età compresa tra i 15 e i 49 anni – che ora costituiscono il 44,1% del numero totale di casi.

Le stime prevedono che 5,8 milioni di donne moriranno di tumore del seno entro il 2025.

Facciamo chiarezza sui tassi di sopravvivenza

Spesso leggiamo però, a bilanciare positivamente questi dati, di un tasso di sopravvivenza a 5 anni che negli ultimi vent’anni è passato dall’81 all’87%; parlare di sopravvivenza a cinque anni, però, non ha poi molto senso, dato che esiste la possibilità di andare incontro a recidive loco-regionali e metastasi anche dopo questa fatidica soglia, presa da molti come “traguardo” ideale per indicare la definitiva guarigione; cosa non vera, visto che ricadute o cancro metastatico possono ripresentarsi anche dopo questo periodo di tempo, come è ben spiegato in questo articolo.

Europa Donna, in una petizione del 2017, aveva sottolineato proprio come un quarto stadio avesse, in realtà, una sopravvivenza a cinque anni del 22%; una delle richieste dell’associazione è appunto quella di allargare l’orizzonte temporale, tenendo conto dei tassi di sopravvivenza e di eventuali nuove diagnosi anche a 10 o 20 anni, così da fornire un quadro davvero esaustivo e da comprendere, nella trattazione, anche le donne che hanno ricadute dopo il periodo di tempo generalmente preso in esame.

L’importanza della prevenzione

Intercettare precocemente la presenza di un eventuale tumore è, ovviamente, indispensabile, poiché permette di curare con terapie poco invasive e di aumentare considerevolmente le percentuali di sopravvivenza. Proprio a questo serve lo screening, in particolar modo lo screening mammografico, diffuso nel nostro Paese su larga scala dalla seconda metà degli anni ’90, che ha contribuito in maniera determinante ad assottigliare la mortalità, riducendo anche gli interventi di mastectomia.

Come si legge sul sito della Fondazione Veronesi, i programmi nazionali di screening offrono gratuitamente e attivamente l’esame della mammografia alle donne fra i 50 e i 69 anni, a cadenza biennale. Molto importante è effettuare però lo screening spontaneo, pianificando, insieme al proprio medico di fiducia, un programma di controlli personalizzato anche prima dei 50 anni d’età.

In assenza di familiarità o altri fattori di rischio (densità del tessuto mammario, mutazioni genetiche) è comunque consigliabile per le donne di iniziare intorno ai 30 anni a sottoporsi a visita senologica ed ecografia annuali, integrando, dopo i 40, con mammografie ogni uno o due anni, a seconda del consiglio del medico. Per le pazienti con mutazione di BRCA-1 e/o BRCA-2 è consigliabile, in aggiunta alla mammografia annuale, sottoporsi anche a risonanza magnetica mammaria.

Non dimentichiamo, infine, l’autoesame del seno che, per quanto non rientri fra gli strumenti di diagnosi precoce, può comunque rivelarsi prezioso: per questo, è importante che ogni donna impari ad effettuare in maniera corretta e regolare l’autopalpazione, per imparare a conoscere il proprio seno, ed essere così in grado di notare i primi cambiamenti, che potrà poi segnalare al medico.

In questo video vi spieghiamo come effettuare al meglio l’autopalpazione

 

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