La relazione tra dipendenza da cibo e malattie mentali

Se è vero, come affermava il filosofo tedesco Feuerbach, che "noi siamo quello che mangiamo", cosa accade quando il cibo diventa una vera e propria dipendenza? Vediamo cosa s'intende quando si parla di dipendenza da cibo, da dove ha origine questo disturbo e come la nostra società potrebbe pensare di arginare il problema.

L’idea che ciò che mangiamo, soprattutto i cibi più stuzzicanti, possa configurarsi come fulcro di una dipendenza da cibo è stato profondamente discusso sin dalla metà degli anni Cinquanta, nel momento in cui lo studioso Theron Grant Randolph indicò per primo l’espressione Food Addiction come un “modello comune di sintomi descrittivamente simili a quelli di altri processi di dipendenza”.

La dipendenza da cibo è contraddistinta da avvisaglie della psiche e atteggiamenti di dipendenza somiglianti a ciò che si analizza nei caratteristici sintomi collegati alla dipendenza da sostanze.

Gli elementi caratterizzanti comprendono la spinta a fare uso della sopraindicata sostanza e i consequenziali risultati ricettivi “da astinenza” se l’atto del mangiare viene sospeso o diminuito. Le analisi riguardanti la dipendenza da cibo sono tuttavia intralciate dall’insufficienza di una descrizione ufficiale di tale situazione, chiaramente differente dalle altre dipendenze o dalle disfunzioni dell’alimentazione in senso proprio.

Le attitudini moderne, quali l’incremento del tasso di obesità, il mutamento delle consuetudini nutritive e l’aumento dei disturbi mentali, hanno stimolato l’interessamento degli studiosi per una classificazione perfezionata e una più definita identificazione della dipendenza da cibo.

In effetti, la realtà di meccaniche neurobiologiche imperfette, così come l’usuale accessorietà tra disagi alimentari, problemi dell’umore e patologie legate alle dipendenze, potrebbero denotare non solo una riqualificazione ex novo della dipendenza da cibo come reale malattia mentale, ma anche una ridefinizione della bipartizione tra dipendenze da sostanze e dipendenze comportamentali.

Nei soggetti affetti da obesità, ad esempio, in cui la dipendenza da cibo risulta palesata in maniera deduttiva, si identifica un’importante connessione fra la situazione fisica e un’insorgenza maggiore di parecchi problemi psicologici, tra cui quelli dell’umore, l’istinto suicida, l’ansia.

Cos’è la dipendenza da cibo?

dipendenza da cibo
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La dipendenza da cibo è una condizione in cui un individuo fa fronte a un senso di fame più grande di quello ritenuto auspicabile per la conservazione del peso forma, obiettivamente rivelabile o anche unicamente soggettiva.

Tuttavia, generalmente, viene riferita a una condizione di sovrappeso oggettivo oppure a un incremento di peso nel tempo e negli anni, con attimi di abbuffate o privo di essi.

L’ansia da cibo e l’inabilità a mantenere il controllo si acutizzano sensibilmente con il passare del tempo e a quest’angoscia si associano sensi di colpa, imbarazzo, sconforto, diminuzione dell’autostima, propensione alla solitudine, separazione dagli altri e diminuzione dell’operato in generale.

Non tutti i soggetti in sovrappeso e obesi risultano essere davvero preoccupati e scoraggiati per la propria forma fisica e in realtà non tutti seguono una dieta, alcuni di loro non ne hanno mai seguita una. Lo stesso ragionamento vale per alcune persone evidenziate come sottopeso, ma che non si identificano come anoressiche poiché non vivono in realtà con delle privazioni squilibrate.

Il problema insorge quando, invece, chi inserisce nella propria vita atteggiamenti di privazione perpetua o di abbuffata continua, lo fa poiché non riesce a controllare l’impulso e ne deriva quindi una reale preoccupazione per il proprio aspetto fisico.

Nel momento in cui la dipendenza da cibo diviene cronica e persiste negli anni, questa condizione porta a un aumento di peso nel tempo, spesso con qualche sprazzo di forzatura nell’autocontrollo e d’improvvisa perdita di peso in periodi di tempo ristretti e circoscritti.

Il fulcro centrale che definisce la dipendenza da cibo è la preoccupazione, l’ansia per il peso; se invece il soggetto, pur aumentando di peso, non è ossessionato dalla propria condizione, non ci si trova davanti a una dipendenza da cibo.

La bulimia e il binge-eating disorder si configurano a volte come step della dipendenza da cibo, oppure come segnali anticipatori. L’obesità, una vera e propria malattia cronica, è una circostanza che sufficientemente spesso si ricollega alla dipendenza da cibo, poiché è in rapporto di causa-effetto con una sofferenza interiore per la persona, con una tristezza emotiva e psicologica che comporta problemi fisici a catena.

Le possibili cause della dipendenza da cibo

Dipendenza da cibo
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Per lottare contro la dipendenza da cibo, è prima di tutto funzionale occuparsi delle cause originarie, che da un certo punto di vista possono essere configurate come di natura sociale, oltre che psicologica: dall’uso di stupefacenti (che in questo caso si identificano con il cibo) per sopire un malessere, alla conoscenza che si ha nella società del tema dell’alimentazione e della dipendenza da cibo.

Anche solo riflettendo su quanto i nostri mass media investano sul tema dell’alimentazione, accentuandolo in modo incisivo, si può ricostruire mentalmente il profilo del classico soggetto “veterano del cibo”.

Allo stesso tempo, comunque, la nostra società vive anche la “fobia del cibo”, nel senso che conviviamo con una paura spesso esasperata nei confronti del troppo o del troppo poco cibo. Tali condizioni si configurano come basi per ingrandire il malessere psichico, giacché in molti soggetti sussiste una lotta subconscia con l’alimentazione, che può risultare deleteria.

È possibile altresì che si mostri una specie di reazione dannosa e sconclusionata all’astinenza da cibo, attraverso forme di anoressia o attraverso un impulso incontrollato dell’istinto a nutrirsi.

Studi recenti, che concentrano l’attenzione sull’affermazione di alcune tipologie di cibi ricchi di zucchero e di grassi, a discapito della vera dieta mediterranea, la quale ha assistito a un lento declino, assumono il concetto di diffusione capillare di alcuni prodotti, i quali inciterebbero alla dipendenza da cibo. A quanto sembra, si tratta di alimenti impostati in base a macronutrienti, per produrre il desiderio ininterrotto e l’assuefazione.

Ciò che più di tutto incoraggia questo processo di dipendenza da cibo è l’industria delle bibite gassate e zuccherate, per le quali più di una volta la sanità ha fatto suonare un campanello d’allarme.

Può sembrare esagerato, ma è reale il fatto che aggiungere glucosio a una bevanda crea nel cervello umano una sorta di desiderio crescente della stessa, come una qualsiasi dipendenza. Perciò, il glucosio è l’elemento più forte e con cui è più facile che si attivi la dipendenza cerebrale, poiché va a incidere sui neuroni e sulla parte del cervello che concentra le dipendenze, come quelle da altre sostanze.

Comunque, anche l’addizione di lipidi porta alle stesse conclusioni: ne deriva che siano sostanzialmente il glucosio e i grassi i principali responsabili di una configurazione degli alimenti come possibili agenti sulla dipendenza da cibo (maggiormente se presenti entrambi).

Tirando le somme, va quindi detto che il problema non sono solamente i soft drink, ma più in generale il junk food, che incoraggia l’appetito e i meccanismi di soddisfazione, con la possibilità che si attivi una reale assuefazione e quindi una dipendenza da cibo.

Per i bambini e per i soggetti meno istruiti o più svantaggiati dal punto di vista socio-culturale può divenire più semplice ritrovarsi in questo circolo vizioso, spesso causa della condizione di obesità.

I sintomi della dipendenza da cibo

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La dipendenza da cibo può venire accertata sotto due punti di vista: il primo riguarda il tasso d’importanza e ossessività di una persona verso il cibo, il secondo s’incentra sull’inutilità degli atteggiamenti volti al controllo del peso.

In pratica, il numero di diete iniziate da un soggetto è un elemento importante per comprendere la situazione, esattamente come lo sono i tentativi di disintossicarsi per un tossicodipendente, conclusi con un nulla di fatto.

Diventa in realtà importante comprendere che non si tratta di prove davvero fallite, ma di indizi di una situazione che deve essere fermata e che nella testa della persona affetta da dipendenza da cibo si deve concretizzare, velocemente, prima di percepire di nuovo la fame.

Si tratta di un bisogno di fare diete, di un’inclinazione a iniziarne in continuazione, a pensare alla dieta costantemente, a cercare costantemente la migliore da intraprendere o iniziarne di drastiche: sono tutti segnali di un disagio, di una dipendenza da cibo che conduce a un disagio psicologico o che si origina da un disagio psicologico.

Il soggetto incapace di gestire il suo rapporto col cibo trova conforto efficace solamente nel privarsene totalmente e in maniera drastica, poiché è l’unico modo che ha di controllare un disagio, quello di non avere la libertà di mangiare (un’imposizione impossibile da realizzare).

Perciò, l’individuo che presenta dipendenza da cibo tende a inseguire ambiti controllati, strutture in cui farsi ricoverare, centri dimagranti, con lo scopo di decretare la privazione della libertà di mangiare come controllo dell’impulso.

In ogni caso, la dipendenza da cibo è indirizzata man mano ad avvicinarsi a un peso maggiore rispetto a quello agognato, ma lo stress per il raggiungimento del peso ideale è costante, assieme a tutte le ansie che questo comporta e che ingigantiscono la visione della realtà.

La conseguenza di un fallimento nel controllo del peso comporta un disagio nell’intera esperienza dia vita del soggetto, fino al completo isolamento, alla depressione e a volte all’autolesionismo o a pensieri suicidi.

Dipendenza da cibo: cura e soluzioni

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Come per qualsiasi cura, anche per la dipendenza da cibo la cosa fondamentale è crederci e individuare la soluzione più idonea, altrimenti ogni azione è destinata a fallire.

Qualunque persona può affermare di ritenersi contenta del risultato che lo sport genera sul proprio corpo, eppure l’essere umano viene maggiormente sedotto dalla pigrizia e dallo stile di vita sedentario, che si configura come quello in grado di rasserenarlo maggiormente. Controllare l’alimentazione e parallelamente tuffarsi anche a capofitto nello sport risulta molto complicato.

Per quanto riguarda la dipendenza da cibo, bisogna agire mentalmente sull’ansia verso il cibo e contestualmente anche sull’impulso all’abbuffata, poiché in realtà non esiste un farmaco che riduca l’appetito e regoli la fame in maniera sana e sicura. I farmaci per diminuire di peso limitando l’appetenza in modo permanente hanno dimostrato di essere poco sani e di provocare problemi psichici.

Sicuramente è vero che alcuni di questi farmaci possono apportare una riduzione nel peso, ma non succede sempre e comunque spesso avviene all’inizio e in pazienti che li assumono per far fronte ad altri problemi, non per dimagrire. Ad esempio, nel caso della bulimia la cura può non supporre per forza la necessità di dimagrire.

Viene da chiedersi se la cura definitiva non si nasconda in realtà in un’inversione di rotta dello stile di vita imposto nella società dei consumi; clamorosamente, siamo arrivati a uno scenario in cui è molto più semplice ingrassare velocemente, piuttosto che morire di stenti, il contrario di ciò che avviene in altre parti del globo.

Un clochard americano, pur non possedendo nulla, è in grado di alimentarsi quasi esclusivamente di grassi, zuccheri e calorie extra, mentre un bracciante africano vive in perenne stato di nutrizione insufficiente.

Il nostro organismo è fortemente collegato alla nostra psiche, perciò va educato a riconoscere come fare a non cadere nella dipendenza da cibo, visto che il metabolismo è portato ad accumulare, sino al senso della sazietà che, comunque, di fronte a una psiche debole che viene posta davanti al cibo desiderato, non è destinato a durare a lungo.

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