Abbiamo visto gli scout in tantissimi film americani. Non c’è volta in cui non li vediamo occupati in attività svolte all’aria aperta mentre vengono capitanati da persone che li invogliano ad adottare un grande spirito di squadra e ad avere tanta fiducia in loro stessi. Non a caso l’educatore, generale e scrittore Robert Baden-Powell scriveva:

È qui dunque lo scopo più importante della formazione scout: educare. Non istruire, si badi bene, ma educare; cioè spingere il ragazzo ad apprendere da sé, di sua spontanea volontà, ciò che gli serve per formarsi una propria personalità.

Secondo uno studio condotto dall’Università di Edimburgo e da quella di Glasgow pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health, pare che gli adulti di circa 50 anni che da piccoli sono stati negli scout abbiano minore probabilità di sviluppare malattie mentali o disturbi psicologici.

Nello specifico, questo studio è stato condotto su ben 10.000 persone inglesi nate nel 1958 ed è il classico “studio di coorte“, ovvero un tipo di studio osservativo che consiste nell’analizzare alcuni fattori di rischio su gruppi di individui selezionati sulla base di alcune caratteristiche in comune. Secondo quanto rivelato dai risultati, circa un quarto dei partecipanti era stato negli scout e il rischio minore che potesse riscontrare disturbi dell’umore o ansia rispetto alla restante parte era di circa il 15%.

Ma perché accade questo? Oltre alle attività e alle caratteristiche già citate, lo scoutismo mira allo sviluppo della capacità di recupero contro i casi di stress più comuni; evita, dunque, l’incombere dello stress mentre si stanno affrontando determinate esperienze e che, al contrario, si riscontri un aumento delle possibilità di successo.

Secondo i ricercatori, incoraggiare questo tipo di attività a basso costo (disponibili a livello mondiale nelle apposite strutture già esistenti) può essere una risposta efficace sia dal punto di vista politico che economico poiché si contribuisce a evitare che ci si ammali una volta raggiunta l’età avanzata.

Nonostante lo studio sia apparentemente affidabile, ci sono alcuni punti che gli stessi ricercatori hanno voluto precisare:

  • Gli studi osservazionali non sono in grado di dimostrare senza ombra di dubbio che un fattore ne causi un altro, anche quando i ricercatori cercano dare spiegazioni alternative ai loro risultati;
  • I risultati hanno dimostrato che coloro che hanno partecipato a gruppi volontari hanno sviluppato un notevole rischio di cattiva salute mentale, semplicemente gli scout riducono questo problema. I risultati sorprendenti di questa ricerca, dunque, portano ad avere dei dubbi sui risultati della prima (e quindi della cattiva salute dei partecipanti ai gruppi volontari);
  • Più della metà dei partecipanti non ha riferito dei dati fondamentali per lo studio, di conseguenza i ricercatori hanno potuto solamente fare delle ipotesi. A causa di questo, dunque, lo studio potrebbe presentare alcuni errori.

Tuttavia, indipendentemente dal fatto che questi risultati siano o meno completamente affidabili, lo scoutismo è un’attività a basso costo organizzata e gestita da volontari in grado di offrire ai giovani sostegno e sviluppo di abilità sociali che potrebbero aiutarli nella vita di tutti i giorni. Il che, dunque, è una cosa decisamente positiva. Perché in fondo (per parafrasare il famoso motto scout) «be prepared», «è sempre meglio essere preparati!»

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