Antibiotico-resistenza, come si sviluppano i batteri resistenti che mettono a rischio tutto il pianeta
L'antibiotico-resistenza può diventare un pericolo per tutto il pianeta, e a causarla siamo stati noi. Come, perché e cosa possiamo fare ora.
L'antibiotico-resistenza può diventare un pericolo per tutto il pianeta, e a causarla siamo stati noi. Come, perché e cosa possiamo fare ora.
L’antibiotico-resistenza è la capacità dei batteri di sopravvivere a uno o più antibiotici, mantenendo la capacità di moltiplicarsi e diffondersi.
Questa resistenza all’azione dei farmaci può essere innata – ci sono dei batteri naturalmente resistenti a una o più tipologie di antibiotico – o acquisita, quando per sopravvivere all’antibiotico il batterio impara ad adattarsi, modificando il proprio patrimonio genetico.
In una certa misura, quindi, l’antibiotico-resistenza è un naturale processo evolutivo; negli ultimi anni, però, si è assistito a una forte accelerazione di questo fenomeno e a un numero sempre maggiore di batteri che sviluppano la cosiddetta multi-resistenza, ovvero la capacità di resistere a più antibiotici contemporaneamente, rendendo molto più complessa – quando non impossibile – l’individuazione di una cura per le infezioni da essi causati.
Una capacità che non è limitata al singolo batterio, ma che può diffondersi ad altri, spiega l’ISS:
Ogni batterio che sopravvive ad una cura antibiotica può diventare resistente, moltiplicarsi e trasferire la sua capacità di resistere agli antibiotici ad altri batteri.
Questo è dovuto principalmente all’uso – o, meglio, all’abuso – che è stato fatto degli antibiotici nei decenni scorsi, spiega il portale della Regione Salute Lazio:
La resistenza agli antibiotici è un fenomeno naturale causato dalle mutazioni genetiche a cui vanno incontro i batteri. Tuttavia un uso eccessivo e improprio degli antibiotici accelera la comparsa e la diffusione dei batteri resistenti agli antibiotici. I batteri sensibili muoiono quando entrano in contatto con gli antibiotici mentre i batteri resistenti sopravvivono e continuano a moltiplicarsi. I batteri resistenti possono trasmettersi e causare infezioni anche in altre persone che non hanno fatto uso di antibiotici.
Cosa si intende per “uso improprio”? È molto semplice: l’impiego degli antibiotici in tutti quelle situazioni in cui, semplicemente, non servono. Come la maggior parte dei casi di raffreddore e influenza, di origine virale e quindi causati da microrganismi contro i quali gli antibiotici non sono efficaci.
I batteri che hanno sviluppato l’antibiotico-resistenza e/o multiresistenza possono causare diversi tipi di infezioni, da quelle delle vie urinarie e la diarrea fino a polmonite o infezioni cutanee o del sangue. Tra questi, ci sono in particolare, dice ancora l’Istituto Superiore di Sanità:
lo Staphylococcus aureus, che può causare infezioni della cute e di tutto l’organismo (setticemia); la Klebsiella pneumoniae, che provoca setticemie, infezioni urinarie e polmonari; il Campylobacter, che causa infezioni intestinali, e l’Escherichia coli che può provocare diversi tipi di infezioni, tra le quali le più comuni sono le infezioni urinarie.
Basta dare un’occhiata ai numeri per comprendere la portata delle conseguenze dell’antibiotico-resistenza: se il trend attuale si confermerà, infatti, nel 2050 nel mondo le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di morti all’anno, superando ampiamente i decessi per patologie comuni come tumore (8,2 milioni) e diabete (1,5 milioni), e queste morti saranno dieci volte più comuni di quelli per incidente stradale (1,2 milioni) con una previsione di costi che supera i 100 trilioni di dollari.
Ma anche lo scenario attuale, spiega l’AIFA basandosi sulla la Review on Antimicrobial Resistance guidata da Lord O’Neill e pubblicata dal The Economist, non è affatto roseo:
In Europa si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti che causano oltre 37 mila decessi 2 e sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse (sanitarie e non) che ammontano a circa 1,5 miliardi di euro l’anno; negli Stati Uniti sono 2 milioni i soggetti colpiti da un’infezione resistente agli antibiotici con circa 50 mila morti e una spesa che supera i 20 milioni di euro.
In Italia la resistenza agli antibiotici si mantiene tra le più elevate in Europa e risulta, nella maggior parte dei casi, al di sopra della media europea. Nel nostro Paese ogni anno, dal 7 al 10 per cento dei pazienti va incontro a un’infezione batterica multiresistente con migliaia di decessi. Le infezioni correlate all’assistenza colpiscono ogni anno circa 284.100 pazienti causando circa 4.500-7.000 decessi.
I rischi non si limitano al piano sanitario: secondo la Banca Mondiale, infatti, anche l’impatto economico dell’antimicrobico-resistenza potrebbe essere devastante, addirittura
peggiore di quello della crisi finanziaria del 2008-2009. I paesi a basso reddito vedrebbero ridursi il PIL di oltre 5 punti percentuali, quelli a medio reddito del 4,4 per cento, i paesi industrializzati del 3,1 per cento. Basti pensare, inoltre, che sono già circa 33 mila le persone che ogni anno muoiono in Europa per infezioni causate dalla resistenza ai batteri con un impatto di circa un miliardo e mezzo di euro sul sistema sanitario e in termini di perdita di produttività.
Uno scenario confermato dall’OMS, secondo cui l’antibiotico-resistenza causerà 2,4 milioni di morti soltanto nell’area OCSE, con «un impatto sull’economia pari a 3,5 miliardi di dollari l’anno, e un costo cumulativo di 120 trilioni di dollari, una catastrofe dunque per la tenuta dei conti sanitari».
Le possibilità di intervento si snodano su due linee principali: cambiamento dello status quo e sviluppo di nuovi farmaci, con una maggiore attenzione all’ambiente e all’ecosistema.
Nel primo caso, si tratta di modificare abitudini profondamente radicate e – partendo da medici di base e veterinari – ripensare l’uso e l’abuso degli antibiotici evitandone l’impiego nei casi impropri. Nel Piano nazionale della prevenzione 2020-2025 è stato inserito il «Programma PP10 Misure per il contrasto dell’antimicrobico resistenza», incentrato proprio su sorveglianza/monitoraggio, uso appropriato degli antibiotici, prevenzione delle infezioni, formazione e comunicazione.
Nel secondo, si tratta di investire in ricerca e sviluppo di nuovi farmaci, puntando all’introduzione di terapie innovative in grado di far fronte ai ceppi resistenti. Non solo: secondo la Review di O’Leary, altri due fattori potrebbero essere determinanti: il finanziamento di nuovi test diagnostici che possano evitare la somministrazione inutile di antibiotici – permettendo di individuare se un’infezione è di tipo virale o batterica – e l’utilizzo dei vaccini che «riducono i casi di infezione e la necessità di ricorrere ad antibiotici».
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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