Benché oggi con l’espressione praticare yoga si tenda sempre più la messa in atto di discipline psicofisiche che uniscono la ginnastica e la respirazione, nelle sue origini più lontane lo yoga assumeva i contorni di una vera e propria filosofia di vita, una pratica meditativa che oltre al benessere fisico puntava alla salvezza spirituale attraverso la cura del corpo e la meditazione.

La contemporaneità ha portato a un proliferare di diverse discipline che vengono unificate nel termine yoga (persino il Beer yoga!): una di queste è il Vinyasa yoga.

Vinyasa yoga: cos’è?

Il termine vinyasa in sanscrito significa: stare in una posizione particolare. La parola è data dall’unione di
nyasa (stare) e vi (in modo particolare).

Riferito allo yoga, sta a indicare un particolare modo di concepire la disciplina. In questo stile i movimenti vengono compiuti con una fluidità tale da essere concepiti come un unico movimento, un solo respiro.

In questo flusso ininterrotto di pose si racchiude l’idea che nulla resta immutato, che nulla ha una posizione stabile e imperitura.

Vinyasa yoga: i benefici

Praticare Vinyasa yoga significa porre l’attenzione non solo sul fisico, ma anche sul benessere interiore. A trarre beneficio dalla pratica, infatti, non è solo il corpo.

Da un lato i movimenti permettono di lavorare sulla muscolatura, sulla forza, sull’agilità, sulla resistenza e ovviamente sulla respirazione e sulla postura. Si lavora con torsioni, piegamenti, flessioni, equilibri e a trarne beneficio è soprattutto la colonna vertebrale.

Ma dall’altro lato se ne ricava anche una profonda sensazione di calma e pace interiore: ci si sente rilassati, in pace, uno stato d’animo che a sua volta ha influssi positivi anche su problematiche comuni di natura psicosomatica quali emicranie, gastriti, disturbi del sonno, dolori mestruali.

Vinyasa yoga: posizioni ed esercizi

La fluidità è la parola chiave. Su questo concetto ci si sposta da una posizione all’altra, in una transizione dove la sincronia da tra corpo e respirazione è fondamentale per creare armonia. Da questa continuità si traggono tutti i benefici del Vinyasa yoga. Di solito queste sessioni sono molto libere. Non ci sono sequenze da rispettare: il corpo è libero di spaziare, a differenza di stili yoga più meditativi.

Ovviamente c’è sempre una fase di riscaldamento iniziale e ci sono ugualmente le tradizionali asana, che sono appunto le posizioni. Ma mentre nel concetto classico di yoga ciò che conta è il mantenimento della posizione finale, nel Vinyasa yoga l’accento è posto sul passaggio da un’asana all’altra. Per questo le posizioni vengono poi mantenute per un tempo inferiore. La fase di transizione è quella più importante ed è il respiro a guidare il corpo, non il contrario.

Una sequenza standard è quella che prevede il passaggio da Adho Mukha Svanasana (posizione del cane che guarda in giù) a Chaturanga (posizione dei quattro appoggi) a Urdhva Mukha Svanasana (posizione del cane che guarda in su), per poi tornare nella posizione di partenza. Viene spesso usata per passare da un’asana all’altra.

Vinyasa yoga: controindicazioni

La fluidità e la dinamicità che di base caratterizzano il Vinyasa yoga non devono trarre in inganno: è una pratica non adatta a tutti, proprio perché richiede un buon livello di partenza, per essere eseguita senza rischi. Servono forza, flessibilità, resistenza e alcune asana sono difficili e necessitano di supervisione, soprattutto per i principianti.

Ovviamente è il tempo a fare la differenza: la costanza e la tenacia consentono di migliorare gradualmente sotto tutti i punti di vista. Tendenzialmente, comunque, non è consigliata a persone con difficoltà muscolari/articolari e a donne incinte.

Di base meglio cominciare in modo molto leggero e poi intensificare e salire di difficoltà, senza strafare e senza volgere l’attenzione sin da subito alle asana più complicate. Il corpo deve abituarsi lentamente.

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