Avete mai sentito parlare di istinto di “fuga o lotta”? Anche se potrebbe non sembrarci, lo possediamo tutte e tutti: ogni persona percepisce infatti costantemente segnali dall’ambiente esterno, compresi i segnali di pericolo. Ma il modo in cui questo segnale viene “processato”, dando impulso a una risposta emotiva può cambiare da individuo a individuo.

Comprendere risposte, processi e conseguenze sono le materie che interessano la cosiddetta teoria polivagale.

Cos’è la teoria polivagale e come influisce sulla nostra salute mentale

Si tratta di una teoria sviluppata dallo scienziato e docente universitario Stephen Porges. Come spiega VeryWellMind, la teoria polivagale descrive “il processo in cui i nostri circuiti neurali leggono segnali di pericolo nel nostro ambiente come neurocezione”.

Non ne abbiamo sempre consapevolezza, ma noi prendiamo costantemente in esame l’ambiente che ci circonda soppesando sicurezza e pericolo.

Sempre Porges sostiene che esista una gerarchia di risposte all’interno del nostro sistema nervoso autonomo, ovvero:

  • immobilizzazione. È una risposta che scatta solitamente in situazioni di pericolo estremo, una risposta che ci fa sentire come congelati di fronte alla paura e che genera angoscia;
  • mobilitazione. In questo caso gioca un grosso ruolo l’adrenalina, che ci spinge alla fuga o alla lotta di fronte a una minaccia. Può scatenare la rabbia;
  • impegno sociale. È il modo in cui il sistema nervoso risponde a un ambiente che consideriamo sicuro, e in cui possiamo lasciarci coinvolgere per la mancanza di pericoli incombenti.

Il passaggio tra sicurezza e insicurezza è percepito nella teoria polivagale come uno spazio fluido. Per comprendere: l’abbraccio di una persona amica, specialmente in un ambiente famigliare, ci fa sentire protetti, quello di una persona sconosciuta in una strada buia – e che può scatenare in noi mobilitazione o immobilizzazione – ci fa sentire a rischio. E si può passare da una situazione all’altra in continuazione.

Purtroppo in caso di trauma pregresso, come un’aggressione fisica che potrebbe essere anche di natura sessuale, la nostra percezione del pericolo o della sicurezza potrebbe essere distorta, perché il sistema nervoso diventa iperattivo e inizia a percepire il rischio anche laddove non c’è.

Di solito la risposta per queste persone, che sono sopravvissute a un trauma, è l’immobilizzazione, laddove gli altri risponderebbero lottando o scappando.

Il ruolo del nervo vago nelle risposte emotive

Teoria polivagale
Fonte: iStock

Il nervo vago (da cui il nome di teoria polivagale) fa parte ovviamente del sistema nervoso centrale: è il decimo nervo cranico e inizia nel midollo allungato.

Il nervo vago possiede due lati, dorsale (che esamina i pericoli) e ventrale (che esamina la sicurezza), che si diramano in tutto l’organismo.

Durante il processo di neurocezione sia il lato dorsale che quello ventrale possono essere stimolati, ed è grazie a loro che scatta una risposta alle informazioni percepite dall’ambiente.

Regolazione emotiva: 3 tecniche per gestire stress ed emozioni

Ristrutturazione cognitiva

La regolazione emotiva consiste in una serie di strategie che, come spiega State of Mind, si basano sulla sperimentazione, la consapevolezza e l’accettazione delle emozioni positive (ovvero le risposte all’ambiente sicuro) o negativo (cioè le risposte all’ambiente pericolose). È interessante perché, proprio come nel principio fisico di azione e reazione, noi diamo una risposta emotive alle istanze interne ed esterne.

Una di queste strategie è la ristrutturazione cognitiva, in cui, di fronte a una fonte di stress, si cerca di dare un’interpretazione positiva. Non si tratta solo di rigirare la frittata o essere ottimisti, ma di analizzare lo stress, destrutturarlo e cercare di capire come la situazione può evolversi a nostro vantaggio.

Problem solving

Lo sappiamo: è un’espressione estremamente abusata, ma in questo caso non è usata a sproposito. Se reagiamo allo stress immobilizzandoci oppure innescando gli istinti di fuga o lotta, questo non vuol dire che non ci sia una terza via: è questo il problem solving.

Naturalmente non si può praticare di fronte a un rischio immediato, ma ci sono modi per fare anche questo, basti pensare a ciò che fanno i negoziatori nei film quando c’è un aspirante suicida su un cornicione: certo, è una semplificazione forse fin troppo stereotipata, ma problem solving significa fermarsi a riflettere, non per immobilizzazione, ma per limitare le conseguenze dello stress o cambiare la situazione a proprio favore.

Accettazione

Si dice che la cosa più difficile da fare è perdonare noi stessi. È un luogo comune ma in parte è vero, nel senso che non sappiamo dirvi se è la cosa più difficile, ma sicuramente non è facile.

Accettazione significa “perdonare” (in un senso assolutamente laico) la nostra risposta emotiva rispetto a un’istanza stressante dell’ambiente, vuol dire non giudicare la nostra esperienza emozionale e riuscire ad andare avanti con maggiore consapevolezza.

La teoria polivagale nella psicoterapia

Tra le tre tipologie di risposte della teoria polivagale quella che potrebbe risultare più problematica è l’immobilizzazione. Se una risposta di questo tipo viene reiterata, può portare a conseguenze a lungo termine, conseguenze che possono affliggere la mente come ansia o depressione: per questa ragione, è consigliabile rivolgersi alla psicoterapia per trovare una soluzione.

Nei casi più lievi si ricorre a esercizio fisico, esercizi di respirazione o meditazione, ma è sempre meglio rivolgersi a uno psicologo o una psicologa per tutte le domande (e le risposte) del singolo caso.

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