Il nome è suggestivo, ma la sindrome del tramonto non indica purtroppo qualcosa di positivo, bensì è legata a qualcosa che fa molto soffrire. Abbiamo cercato di capire di che cosa si tratta e potete leggere le conclusioni qui di seguito.

Ricordiamo però che niente può sostituire un vero ed effettivo consulto medico: non si può sostituire mai, ma dobbiamo renderci conto che l’aiuto medico è fondamentale quando si parla di mali per i quali non esiste una guarigione, come la demenza o il morbo di Alzheimer.

Cos’è la sindrome del tramonto?

Come spiega The Advocate, si tratta di una sindrome che venne descritta per la prima volta più di 75 anni fa, da un medico britannico di nome Ewen Cameron, che per la verità chiamò questa condizione «delirio notturno».

La condizione, che possiamo anche chiamare sundowning, consiste in un maggiore stato di agitazione, confusione e ansia che si verifica a partire dal tardo pomeriggio o la sera nelle persone malate di Alzheimer o di demenza. Capita a 2 malati su 3, quindi è tutt’altro che una condizione rara.

Sindrome del tramonto: le cause

Sindrome del tramonto
Fonte: Pexels

Più che cause, ci sono dei fattori di rischio, che, secondo la scienza, producono una correlazione con la sindrome del tramonto. Questi fattori di rischio sono legati:

  • all’età;
  • all’assunzione di farmaci;
  • ad alcuni fattori ambientali;
  • a eventuali danni a carico del sistema nervoso centrale (o alcune parti di esso, chiamate nuclei soprachiasmatici).

I sintomi della sindrome del tramonto

I sintomi di questa condizione sono legati al fatto che le persone che ne sono colpite provano un’estrema confusione tra il giorno e la notte (anche se poi variano da un individuo all’altro), e includono:

  • irrequietezza;
  • insicurezza;
  • tendenza al sospetto;
  • turbamento;
  • disorientamento;
  • tendenza a essere esigente;
  • tendenza a vagare senza meta.

Sindrome del tramonto: come comportarsi?

Sindrome del tramonto
Fonte: Pexels

È fondamentale ricordare di essere estremamente pazienti con una persona alle prese con la sindrome del tramonto: si deve sapere, per quanto riguarda parenti e caregiver, che bisogna ricostruire la giornata del malato di Alzheimer o demenza com’era prima della malattia. Quindi capire su quali basi orarie era strutturata: quando il malato si alzava al mattino, quando andava al lavoro, quanto durava la sua pausa pranzo, quando tornava a casa e quando andava a letto.

Gli affetti da morbo di Alzheimer o demenza “ricordano” in un certo senso la loro routine quotidiana e tendono a comportarsi come avrebbero fatto in passato.

Gli altri orari importanti da individuare sono quello in cui il malato viene colto dai sintomi della sindrome del tramonto, in modo da pianificare delle attività che lo distolgano appunto da quei sintomi che lo fanno star male, come fare delle passeggiate, ascoltare musica soft, ricorrere all’aromaterapia ma anche ballare se piace al paziente o fare un giro in macchina. Ma in quest’ultimo caso, lo si deve rassicurare ripetutamente sull’eventualità del proprio ritorno a casa.

Anche l’esercizio fisico può aiutare il paziente, mentre si dovrebbero limitare i pisolini, in modo che a sera il malato arrivi sufficientemente stanco per godersi un vero sonno ristoratore.

È inoltre bene controllare che tutte le porte e le finestre di casa siano chiuse (in modo che la tendenza a vagare senza meta non si trasformi in una vera e propria scomparsa) e che passaggi e corridoi in casa siano sgombri da ostacoli, al fine di evitare incidenti e cadute di varia natura.

Naturalmente, ci si deve assicurare che il paziente stia bene anche se non si esprime in merito ai propri bisogni (fame, sete o urgenze in toilette), limitare l’assunzione di caffeina e snack zuccherati, che sono fortemente eccitanti. Infine, tenere tutte le luci accese in casa può aiutare a “ingannare” la sindrome in un certo senso: il paziente potrebbe non capire più quando è sera e quindi reimpostare da solo il suo orologio interno in maniera corretta.

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