Iperemotività: come vive chi sente troppo le emozioni (e cosa può fare)
L'iperemotività è presente in circa il 20% degli esseri umani, ed è associata a una maggiore sensibilità all'ambiente e agli stimoli sociali.
L'iperemotività è presente in circa il 20% degli esseri umani, ed è associata a una maggiore sensibilità all'ambiente e agli stimoli sociali.
Si tratta di un fenomeno complesso che merita un approfondimento (lontano da pregiudizi e luoghi comuni) per comprenderne le sfumature.
L’Enciclopedia Treccani definisce l’iperemotività come
un’esagerata reazione agli stimoli emotivi, sintomo consueto degli stati nevrastenici e di quelli ansiosi.
Il termine high sensitivity viene utilizzato a partire dal 1991 dalla dottoressa Elaine Aron col fine di descrivere uno specifico tratto della personalità caratterizzato da una elevata reattività alle emozioni. A seguito delle sue ricerche ha individuato ben 4 caratteristiche delle persone iperemotive:
Le informazioni recepite vengono elaborate da questi soggetti in modo più profondo.
Ci si sente sopraffatti da una sovrastimolazione che comporta un livello eccessivo di eccitazione.
I soggetti iperemotivi presentano una risposta emotiva molto più spiccata ed entrano più facilmente in empatia col prossimo, ovvero percepiscono le emozioni provate dagli altri in modo naturale e sono tendenzialmente più sensibili ai loro sentimenti.
Un’altra caratteristiche è la sensibilità verso stimoli che generalmente non vengono percepiti con particolare attenzione, anzi, non vengono quasi notati.
La definizione di iperemotività però, non è univoca, e risulta quasi vaga per alcuni psicologi che evidenziano la mancanza di un metodo standardizzato e universale per misurare il fenomeno. Ad ogni modo l’interesse della comunità scientifica nei confronti delle emozioni è vivo e grazie alla raccolta di interviste come quella di Kiana Wall, Allison Kalpakci e colleghi, è possibile comprendere molto proprio da chi queste emozioni incontrollabili le prova ogni giorno. I risultati hanno mostrato che
[…] la sensibilità emotiva è una reattività emotiva accentuata agli stimoli, comprese le emozioni di altri individui, o una tendenza ad avere reazioni emotive anche a stimoli di basso impatto. Tuttavia, la sensibilità emotiva è stata considerata prevalentemente come un tratto negativo (cioè un peso) solo da coloro che hanno alti livelli di patologia di personalità borderline.
La psichiatra Marsha Linehan, ideatrice della Dialectical Behavior Therapy, ha studiato l’iperemotività nei soggetti che soffrono di disturbo borderline della personalità, postulando che essa sia
una componente di un temperamento vulnerabile su base biologica che interagisce con un ambiente emotivo invalidante, contribuendo allo sviluppo della patologia. Si pensa che gli individui con BPD siano emotivamente sensibili dalla nascita, con una maggiore probabilità di provare emozioni negative in più situazioni rispetto agli altri. Questo frequente affetto negativo rende più difficile imparare strategie appropriate di regolazione delle emozioni e aumenta la probabilità che un individuo usi una strategia disadattiva.
A cosa possiamo ricondurre degli attacchi di ira improvvisi o i momenti di profonda tristezza? Per capirne di più è necessario analizzare se stessi e il momento che si sta vivendo individuando eventuali anomalie. Ecco le cause più ricorrenti di iperemotività:
Nell’articolo Behavior-Genetic Strategies in the Study of Emotion Frances H. Gabbay, del Dipartimento di Psicologia Medica della Uniformed Services University of the Health Sciences, ha evidenziato come si possa essere più emotivi semplicemente per genetica. Anche fattori di tipo ambientale hanno un peso nello sviluppo di questa sensibilità e se qualcuno in famiglia ha un disturbo emotivo, è probabile che la prole possa soffrirne allo stesso modo.
Sappiamo bene che la privazione di sonno ha molteplici effetti negativi sul nostro organismo compresi squilibri sotto il profilo emotivo, portando ad esempio stress e irritabilità.
Fare attività fisica giova anche all’umore: uno studio ha dimostrato che ha un effetto terapeutico sulla regolazione delle emozioni. Sale sul tapis roulant o andare a fare jogging sono dei veri tocca sana per gli iperemotivi.
L’iperemotività può dipendere dall’alimentazione: una dieta sana ed equilibrata e il consumo regolare dei pasti, oltre a giovare all’organismo, porta molti benefici anche sul piano mentale ed emotivo. I risultati di uno studio pubblicato su European Journal of Clinical Nutrition ha evidenziato proprio come i cibi sani portavano i soggetti a sentirsi più stabili emotivamente e in pace con loro stessi.
Il trauma subito a seguito di un evento sconvolgente come un’aggressione, un incidente d’aiuto o una violenza sessuale è in grado di far scatenare emozioni dall’intensità mai provata prima: scoppi d’ira, apatia, paura, senso di vergogna. Nei casi più gravi può essere diagnosticato un disturbo da stress post traumatico.
Gli ormoni hanno effetti sia fisici che psicologici e qualsiasi loro squilibrio può causare l’iperemotività.
Quando si è ansiosi, le emozioni come apprensione, rabbia e paura, possono intensificarsi esponenzialmente, perché in questi momenti il corpo entra in modalità di fuga/lotta. Il mantenimento di questo stato di tensione per un tempo molto prolungato fa esplodere le emozioni, come rileva nello studio Emotion Dysregulation in Generalized Anxiety Disorder.
Questa condizione è caratterizzata da comportamenti iperattivi e impulsivi che portano l’individuo a faticare a concentrarsi e a stare fermo. L’ADHD può anche amplificare le emozioni, in particolare il senso di frustrazione per la fatica a mantenere la concentrazione.
L’iperemotività e quindi l’incapacità di regolare le proprie emozioni è un tratto comune a molti disturbi della personalità. In particolare si manifestano frequenti sbalzi di umore e arrabbiature senza capirne il motivo assieme all’ipersensibilità alle critiche e al rifiuto.
Come possiamo riconoscere i sintomi dell’iperemotività? Lo psichiatra Nicolas Neveux, formato in Terapia Cognitiva e Comportamentale e in Terapia interpersonale nonché membro del Collège National Professionnel de Psychiatrie, ne ha individuati diversi:
Per trattare l’iperemotività correttamente è importante prima di tutto rivolgersi ad uno psicologo per capire esattamente la propria situazione. Come qualsiasi caratteristica personale, anche l’iperemotività va inquadrata all’interno di uno scenario personale più ampio quindi l’intervento di uno specialista è decisamente utile. Le terapie che si possono intraprendere sono due:
Se non sei sicuro di essere effettivamente ipersensibile potresti compilare un questionario di auto-valutazione come quello ideato dalla psicologa Elaine Aron.
Per comprendere la propria iperemotività è utile tenere un diario emotivo dove annotare tutto ciò che si prova e in quali circostanze. Mettere tutto nero su bianco aiuta a fare chiarezza mentale e a individuare le distorsioni cognitive oltre ai fattori scatenanti l’iperemotività dai quali prendere le distanze.
Anche contrastare la tendenza alla personalizzazione può portare molti benefici: per personalizzazione si intende la distorsione cognitiva che ci spinge a pensare di essere responsabili per qualcosa che è successo ma che in realtà non ha niente a che vedere con noi. Questa interiorizzazione del problema mossa da un atteggiamento autoaccusatorio fa spesso pensare, ad esempio, che se il figlio ha preso una nota a scuola, è perché si è dei pessimi genitori.
L’iperemotività fa sentire persi, soffocati dall’intensità di quello che si prova, ecco perché meditare può essere d’aiuto a stabilire un equilibrio interiore.
Lettrice accanita, amante dell'arte e giornalista. Ho da sempre il pallino per la scrittura.
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