Quando Margherita Buy ci ha insegnato ad amare la nostra ansia invece di sedarla

Margherita Buy e l'ansia: un rapporto particolare, strano, diverso. L'attrice romana ha scelto di non sedare la sua angoscia, ma di viverla come una compagna di vita, da cui imparare, anche. E precisa: "Ho l'ansia solo per ciò che non conosco".

L’ansia come fardello insopportabile da portare, oppure come compagna di vita?

Come spesso accade, è tutta questione di punti di vista.

Certo guardare all’ansia come a un qualcosa da “coltivare”, per chi ne soffre, è sorprendente, per usare un eufemismo; eppure, Margherita Buy, che dell’essere ansiosa non ha mai fatto mistero, ha definito la sua involontaria “partner” della quotidianità proprio così, come qualcosa da guardare in positivo, che va coltivato, appunto.

Io la vivo come un allarme, uno stato d’animo di attenzione verso se stessi- ha spiegato, intervistata da Vanity Fair – Quando qualcosa non ti piace, non la trovi giusta, questa sensazione strana, che può essere definita in modo generico come ansia, è un avvertimento. Che va ascoltato, non temuto o sedato. Farsela un po’ amica è un buon sistema per sopravvivere in questo mondo complesso, pieno di insidie.

Possibile che il personaggio nevrastenico e a tratti isterico di Adriana, nel film di un altro ipocondriaco per eccellenza, Carlo Verdone, Maledetto il giorno che t’ho incontrato, le si sia “incollato” addosso finendo con il darle un’identificazione, anche negli altri, di ansiosa cronica? No, Margherita giura di essere sempre stata così. Anzi, nell’intervista confida che questa storia “mi sta rompendo anche un po’ […] mi ricordo che la gente mi faceva le battute come se io fossi quel personaggio: ‘Prendi le pasticche?’. A me, che assumo meno medicine possibile e che non faccio uso di psicofarmaci. E poi, forse, qualche volta l’ho detto, così, ‘ho l’ansia’.

Per certe cose, in effetti, ce l’ho, come gli spostamenti, i viaggi. Ma è caratteriale. Sono molto lenta nei cambiamenti e lo spostamento è un cambiamento. Se devo fare un viaggio in aereo ci penso molto, ma sono più preoccupata all’andata che al ritorno. Un segnale che la mia è un’ansia legata a quello che non conosco. Una caratteristica che ho sempre avuto.

Protagonista, nel 2021, di ben tre pellicole, Tre piani di Nanni Moretti, Il silenzio grande, di Alessandro Gassmann e 7 donne e un mistero, di Alessandro Genovesi, Buy ha ammesso che la paura dell’ignoto ha, certamente, avuto un peso su di lei, sulla sua vita.

Ho preferito restare legata a quello che conoscevo, ho scelto di vivere in Italia. Non sarei mai potuta diventare un’esploratrice. Se fosse per me, l’America non sarebbe mai stata scoperta. Sarei rimasta tra Spagna e Portogallo…

Eppure, nella sua schiettezza, che va di pari passo con la bravura professionale (nel suo carnet sette David di Donatello, sette Nastri d’Argento, cinque Globi d’oro e tredici Ciak d’oro, mica male per una che la prima volta, finito il liceo, non era stata ammessa all’Accademia per diventare attrice), Margherita Buy crede fortemente nella necessità di non avere vergogna di parlare dei propri problemi, cercando di intervenire per risolverli. Crede nella psicanalisi che, dice, l’ha aiutata, pur non essendone una fanatica, mentre aborra l’idea della terapia di coppia.

La trovo tristissima. L’idea di andare con un’altra persona a raccontare le cose, a litigare, mi fa orrore.

Per sconfiggere l’ansia, dunque, qual è l’antidoto? Non fuggire dalle cose, ma avere un approccio diverso per affrontarle: “Se non hai voglia di partire per un viaggio, se un certo lavoro non ti va di farlo, se una persona ti fa sentire a disagio, invece d’ingoiare una pasticca è meglio se ti chiedi perché. Magari non va bene per te. Magari, invece, non è il caso di dare retta a quella sensazione e andare avanti“.

Insomma, ognuno deve trovare il proprio modo di reagire, purché lo faccia e non si lasci sopraffare. Altrimenti, l’ansia non diventa più qualcosa da “coltivare”, ma un’ombra che ti intrappola. Come il personaggio di un film con cui finisci con l’essere costantemente identificato, anche se la tua ansia è decisamente a un livello inferiore rispetto alla sua. E se proprio non lo vuoi fare per te, dice Margherita, fallo per gli altri:

Credo sia doveroso anche nei confronti di chi ti sta vicino, di chi subisce il tuo stato d’animo.

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