Imene, sai davvero cos'è, come è fatto e a cosa serve?
Imene = verginità? Non è proprio così: conoscere l'anatomia femminile ci aiuta a capire perché si tratta di una leggenda.
Imene = verginità? Non è proprio così: conoscere l'anatomia femminile ci aiuta a capire perché si tratta di una leggenda.
Sbagliato. Non solo perché è possibile avere rapporti sessuali senza che l’imene si rompa, ma perché la verginità, prima che una condizione anatomica, è un concetto emotivo e psicologico. Ma cosa serve, quindi, l’imene?
L’imene è una membrana mucosa – non a caso il termine imene deriva dal greco hymén, cioè membrana – collocata appena all’ingresso del canale vaginale.
Questa membrana è più o meno flessibile e ricopre parzialmente l’orifizio esterno della vagina, separando cioè il vestibolo vulvare della vagina.
La membrana dell’imene possiede una piccolissima apertura per favorire le fuoriuscite mestruali. Come spiega sul suo sito la Dott.ssa Cristina Passadore,
guardandolo attentamente sembra una specie di piega, rivestita all’interno da un epitelio simile a quello vaginale e all’esterno da una sottile epidermide. I due differenti strati nascondono e proteggono un tessuto ricco di fibre elastiche, vasi e terminazioni nervose.
Esistono diverse forme di imene – ne sono state classificate 8 – dalle quali dipendono l’eventuale sanguinamento e il dolore della prima volta. Il più comune è l’imene anulare, poi abbiamo quello labiato o septato, quello cribiforme – caratterizzato da tante piccole aperture -, a falce (l’apertura è contro la parete vaginale), a carena o a pendaglio.
Alcune di queste tipologie di imene sono molto elastiche e non si rompono durante il primo rapporto.
Tra le varie tipologie, una delle più rare è quello imperforato. Come dice il nome, in questi casi la membrana è imperforata e pertanto non consente né ingresso né uscita. Questo è problematico per due motivi:
L’imene imperforato è un’anomalia relativamente semplice da risolvere: è necessario sottoporsi a un piccolo intervento chirurgico che consiste in un’incisione dell’imene stesso.
La funzione dell’imene ad oggi non è chiara: rispetto a quello che si pensava in passato, infatti, è chiaro che non serve né a impedire la penetrazione né, soprattutto, a testimoniare l’illibatezza della donna.
Ci sono alcune interpretazioni scientifiche secondo cui la membrana avrebbe la funzione di barriera protettiva per l’apertura vaginale e le zone immediatamente circostanti durante lo sviluppo dell’apparato genitale femminile fino al raggiungimento della pubertà.
Alcune interpretazioni di tipo più evoluzionistico lo legherebbero invece alla necessità del partner maschile nell’assicurarsi la paternità della prole o alla spinta femminile a evitare la casualità dei rapporti sessuali, ma nessuna di queste teorie è confermata.
Generalmente la rottura dell’imene avviene in corrispondenza del primo rapporto sessuale, detto anche deflorazione (dal latino de e flos, cioè privare del fiore della verginità). Può tuttavia succedere che la rottura sia conseguenza di un trauma, dell’attività sportiva o, più raramente, dell’utilizzo di tamponi vaginali, coppette o della masturbazione.
Inoltre, in alcune donne l’elasticità dell’imene fa sì che esso non si laceri durante la penetrazione e, come ricorda ancora la Dott.ssa Passadore, alcuni studi hanno spiegato come possa guarire rapidamente senza che si possano poi scoprire tracce di precedenti lacerazioni.
Una volta lacerato, può essere ricostruito attraverso un intervento chirurgico – detto imenoplastica – mirato a ricomporre la membrana posta all’ingresso vaginale. In pratica si ripristina la verginità anatomica della donna, che può farlo per motivi personali suoi o per andare incontro alle pressioni sociali e culturali che ancora rimangono sulla verginità.
In passato, si riteneva che l’imene si potesse rompere solo con il primo rapporto sessuale. Per questo, la sua presenza (o meglio la sua assenza) era ritenuta un indicatore affidabile della moralità della donna.
La convinzione che fosse la prima penetrazione a lacerare la membrana, provocando un inevitabile sanguinamento, ha portato generazioni di donne (e in alcune zone del mondo porta ancora) a dover esibire il lenzuolo insanguinato come prova dell’illibatezza fino al momento del rapporto sessuale con il marito.
Anche oggi che l’anatomia (e soprattutto l’elasticità) dell’imene è nota, però, la leggenda della sua associazione con la verginità fatica ad affievolirsi. Proprio per mettere al bando questo falso mito, già nel 2009 un’associazione svedese aveva proposto di abbandonare la parola “imene” a favore di “corona vaginale” per smettere di veicolare l’idea che questa membrana fosse uno scudo contro la penetrazione.
Nel 2017 la Norvegia, dopo alcune discussioni con medici, ostetriche e femministe, ha, invece, deciso di sostituirla con “ghirlanda vaginale”.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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