Cosa significa quando il Pap test rivela la coilocitosi
Quando si esegue un Pap test, il risultato può evidenziare una coilocitosi: ecco il punto di partenza per capire di cosa si tratta.
Quando si esegue un Pap test, il risultato può evidenziare una coilocitosi: ecco il punto di partenza per capire di cosa si tratta.
Vogliamo dirvi: è naturale che vi siate spaventate, anche solo per il nome complesso, ma il passo successivo è rivolgersi a un medico di base e successivamente a uno specialista per individuare il trattamento giusto. Qui vi raccontiamo un po’ di informazioni di massima su questo disturbo ma i medici sono sempre le persone più adatte a fornirvi rassicurazioni e nozioni specifiche relative al vostro caso.
Il Pap test, come riporta il sito di Humanitas, riconosce la coilocitosi, che è un’alterazione nelle cellule del collo dell’utero legata all’Hpv.
Il virus – spiega il medico Gianluigi Parisi – non provoca immediatamente il tumore (che ha un’insorgenza molto lunga), ma una serie di patologie preneoplastiche (displasie), alterazioni più o meno gravi, che richiedono piccoli, ma tempestivi interventi.
In altre parole, come spiega ancora Humanitas in un altro approfondimento, la coilocitosi può essere l’anticamera dell’Hpv, ossia una delle lesioni precancerose che può essere individuata con il Pap test.
Si tratta di lesioni nell’epitelio della cervice, con conseguenti alterazioni che nn vanno oltre la membrana basale (quando si va oltre la membrana è invece un carcinoma invasivo). Queste lesioni possono avere un livello di severità che va da lieve a grave, e si differenziano per la loro estensione.
La rivista Colposcopia italiana conferma che la coilocitosi è un sintomo caratteristico dell’infezione da Hpv. La causa di questo sintomo è quindi l’Hpv e non altri. Ed è decisamente caratteristico, cioè non può essere confuso con qualcos’altro.
Il coilocita – vi si legge – presenta generalmente un ingrandimento del nucleo, cromatina densa e talvolta grossolanamente granulare, ipercromasia nucleare, irregolarità della membrana nucleare e, soprattutto, condensazione periferica del citoplasma con produzione di caratteristico alone perinucleare.
Il rischio, soprattutto quando le lesioni sono mediamente o molto gravi ed estese e se la coilocitosi non viene trattata in maniera adeguata, è lo sviluppo di un tumore.
Fortunatamente le “armi” a disposizione dei medici ci sono, ma naturalmente è fondamentale effettuare capillarmente il Pap test. Le Asl italiane lo richiedono una volta ogni 3 anni dai 25 anni in poi, ma le associazioni come la Lega Tumori consigliano di eseguirlo una volta all’anno (spesso in circoli come questo ci sono ginecologi volontari che lo effettuano).
Humanitas spiega che queste lesioni sono frequenti nelle donne giovani, e in parte possono regredire spontaneamente, soprattutto se sono lievi o limitate. Progrediscono invece nel 12% dei casi di displasia grave, nel 5% di displasia moderata e nell’1% di displasia lieve.
Le lesioni gravi possono ricorrere tra le donne di età compresa tra i 25 e i 35 anni, mentre il cancro invasivo può essere riscontrato oltre i 40 anni e dopo anni da quando il Pap test ha mostrato una coilocitosi grave.
Dopo il Pap test è necessario un esame di colposcopia per indagare tutto ciò che occorre sapere al medico, al fine di valutare la terapia ottimale sulla paziente. Tenete presente che grazie alla colposcopia oggi non si eseguono più isterectomie totali o amputazioni del collo uterino per questo tipo di problema, ma anzi si riesce a optare per interventi molto più conservativi (ma non sempre), soprattutto se la donna è intenzionata ad avere gravidanze future.
Le lesioni, dice Humanitas, che possono degenerare progressivamente vengono eliminate con trattamenti
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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