Assurdo ma vero: si chiama tripofobia (trypophobia) ed è la paura dei buchi irregolari, delle protuberanze e dei raggruppamenti di fori. È conosciuta anche come fobia dei pattern ripetitivi e la parola ha origine greca. Si compone dei termini trýpache (che significa buco) e phóbos (che significa paura).

Anche se questa condizione non è inclusa nell’autorevole Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders dell’American Psychological Association (il manuale ufficiale delle fobie riconosciute dalla scienza), è ugualmente molto diffusa e se ne parla in modo crescente. Nel corso degli anni sempre più persone dichiarano di provarne i sintomi, complice anche la rete, dove si trovano immagini opportunamente ritoccate per esaltare quei dettagli capaci di scatenare ed enfatizzare gli effetti e i disagi legati alla tripofobia. Molto diffusi sono i fotomontaggi dei semi di loto che spuntano dai volti umani o da altre parti del corpo, oppure alveari e celle.

Il boom di queste foto modificate ad hoc si è avuto dopo un caso specifico, una bufala circolata in Internet nel 2003. Una donna dichiarava di essere tornata da un viaggio in Sud America con il corpo infestato di larve. In allegato, immagini (chiaramente fasulle) di un fiore di loto che le fuoriusciva dal seno. Da questa fake news si è visto come, al di là della falsità della notizia, l’immagine in sé aveva scatenato delle reazioni di repulsione diffusa. Oggetto di quella repulsione erano proprio a quei buchi piccoli, ravvicinati e profondi.

I tripofobici vengono tipicamente disgustati da fiori di loto, bollicine nella tazza di caffè, spugne, coralli, bolle di sapone. Ma anche il formaggio svizzero, persino il cioccolato aerato o delle semplici cannucce allineate. Questa sensazione (appunto, più di disgusto che di paura) si accompagna ad una fastidiosa sensazione sulla pelle, come quella di essere infestati da parassiti o animali striscianti.

Tripofobia: le cause

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Fonte: web

Geoff Cole e Arnold Wilkins del Centre for Brain Science della University of Essex furono i primi a studiare la tricofobia e a pubblicare uno studio al riguardo. Correva l’anno 2013. Sulla rivista Psychological Science i due spiegarono quanto il fenomeno fosse basato sulla repulsione biologica. Una porzione primitiva del cervello associa queste forme (buchi, fori, protuberanze) a situazioni di pericolo (alveari, ragni, insetti) e scatena reazioni inconsce.

I due studiosi hanno anche ipotizzato che queste reazioni potrebbero essere dovute alla geometria dei buchi e al loro effetto sul nostro cervello. Queste forme avrebbero delle proprietà matematiche processate con difficoltà dal nostro cervello, richiedendo dunque una maggiore ossigenazione. Questa richiesta improvvisa ed eccessiva potrebbe comportare disturbi visivi, mal di testa e fastidi crescenti.

L’altra ipotesi, avanzata successivamente, vuole invece che a scatenare la reazione di disgusto sia il rimando a parassiti, alle cavità presenti nelle ferite o nei tessuti malati. O ancora, a malattie infettive come morbillo, varicella e lebbra, che si manifestano con bozzi, bolle e vesciche sulla pelle.

Infatti i sintomi della tripofobia, secondo Cole e Wilkins, aumentano proprio quando i buchi sono presenti sulla pelle umana.

Tripofobia: i sintomi

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Fonte: web

I tripofobici manifestano reazioni variabili e soggettive alla vista di superfici forate e buchi:

  • Pelle d’oca
  • Brividi
  • Disgusto
  • Senso di disagio
  • Sudorazione eccessiva
  • Prurito
  • Palpitazioni
  • Disturbi visivi, illusioni ottiche
  • Vomito e nausea
  • Crisi respiratoria e attacchi di panico, nei casi peggiori

Tripofobia: la cura

Come si è visto i sintomi del disturbo sono diversi, ma alcuni potrebbero compromettere la quotidianità della persona interessata. Ad oggi, l’unico consiglio medico per curarlo è tenere il cervello allenato ed abituato alla vista degli ‘oggetti incriminati’, quindi guardare molte immagini di tipo tripofobico. La terapia espositiva consente di familiarizzare con esse fino a sminuirne la paura e normalizzare l’ansia che generano.

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