Le notizie sulle varianti di Covid19 stanno preoccupando sempre più, al punto che una delle ipotesi più probabili, sentendo l’opinione popolare, è quella di una terza somministrazione di vaccino, proprio per contenere la diffusione di possibili mutazioni che possono compromettere l’efficacia della campagna vaccinale.

Ma dovremo effettivamente fare questo terzo richiamo? Alcuni Paesi hanno già dato il via libera: in Israele è stato predisposto gratuitamente, con il  Pfizer/BioNtech, gli Usa dovrebbero partire dal 20 settembre mentre Francia, Germania e Regno Unito già dai prossimi giorni. Fuori dal continente, in Cile già dallo scorso 12 agosto si è cominciato a somministrare la terza dose di rinforzo agli over 55 con AstraZeneca.

In Italia, invece, nessuna decisione in merito è ancora stata presa, anche se l’orientamento generale sembra però di riservare eventualmente la terza dose ai soggetti più fragili. “Potrebbe servire a dare un boost, un potenziamento della risposta immunitaria, a chi ha già chiuso il ciclo” spiega Sergio Abrignani, membro del Cts e immunologo dell’Università di Milano. Sempre che le varianti non prendano il sopravvento, altrimenti “sarà necessario fare un richiamo con un vaccino diverso, quindi non con il booster”.

Nel frattempo, si è raggiunto il 70,50% di italiani sopra i 12 anni che hanno completato il ciclo vaccinale: 38.077.685 milioni di persone, per un totale di 77.840.987 di dosi, come riferisce l’ultimo aggiornamento del report nazionale sui vaccini elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero della Salute e dalla struttura del commissario straordinario Figliuolo.

Dall’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, giunge però la conferma che, almeno al momento, la somministrazione di dosi di richiamo a persone completamente vaccinate non sarebbe urgente, sulla scorta di quanto rilevato finora.

Dovrebbero già essere prese in considerazione dosi aggiuntive per le persone con un sistema immunitario gravemente indebolito, come parte della loro vaccinazione primaria, se non raggiungono un livello adeguato di protezione con la vaccinazione primaria standard.

Si legge in un report del 1° settembre.

È importante distinguere tra dosi di richiamo per le persone con un sistema immunitario normale e dosi aggiuntive per quelle con un sistema immunitario indebolito. Alcuni studi riportano che una dose ulteriore di vaccino può migliorare la risposta immunitaria nelle persone immunocompromesse, come i trapiantati d’organo le cui risposte iniziali alla vaccinazione erano basse. In questi casi la possibilità di somministrare una dose aggiuntiva di vaccino dovrebbe già essere presa in considerazione.

Nel report si legge inoltre che l’Ecdc proseguirà il lavoro in sinergia con l’Ema, l’agenzia europea del farmaco, aggiornando prossimamente su eventuali nuovi sviluppi; la raccomandazione, per gli Stati europei, è in generale quella di “prepararsi a possibili adattamenti dei loro programmi di vaccinazione qualora si notasse una diminuzione sostanziale dell’efficacia del vaccino in uno o più gruppi di popolazione”:

Il consiglio è quindi di effettuare uno “stretto monitoraggio dei dati sull’efficacia del vaccino e delle cosiddette ‘infezioni breakthrough’ che colpiscono gli immunizzati, in particolare tra i gruppi vulnerabili a rischio di Covid19 grave e tra coloro che vivono in ambienti chiusi”.

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