Le ovaie hanno un’età? Partiamo da un presupposto: quando abbiamo il menarca, il nostro corpo produce tutti gli ovociti della nostra vita. Vengono poi espulsi una alla volta a ogni mestruazione, insieme con il sangue che ha nutrito la mucosa nei 28 giorni e un quarto che compongono un ciclo mestruale regolare, a meno che non venga fecondato da uno spermatozoo e si resti incinte. In altre parole, gli ovociti maturano tutti insieme e “scendono” dalle ovaie all’utero solo in questi momenti molto speciali.

Questo significa che, mano a mano che gli anni passano, noi disponiamo sempre meno di ovociti – per questa ragione alcune li ibernano per svariate ragioni. C’è, per esempio, chi non ha incontrato ancora la persona giusta per concepire un figlio e ha paura di non riuscire mai ad averne. Kim Kardashian l’ha fatto per via del suo problema di placenta accreta dopo la seconda gravidanza: in questo modo si è assicurata la possibilità di avere altri figli, infatti nei ha avuti due attraverso la gravidanza per altri. E, ibernandoli, non ha fatto “invecchiare” gli ovociti. Perché gli ovociti invecchiano eccome, così come le ovaie. Sì, le ovaie hanno un’età.

Ma quanti anni hanno? La risposta a questa domanda non è semplicissima, perché non necessariamente l’età ovarica corrisponde a quella anagrafica. Tuttavia, lo si può scoprire: come riporta Vanity Fair, i medici riescono a risalire a quest’età analizzando un ormone, l’ormone antimulleriano, una sostanza glicoproteica che è prodotta, a partire dalla pubertà, dalle cellule della granulosa dell’ovaia e controlla la formazione dei follicoli primari.

All’ormone si può risalire con un comunissimo esame del sangue – purché sia appunto ad hoc – e quindi si può stabilire se siamo ancora fertili oppure, benché la menopausa non incomba ancora, se le possibilità di avere figli sono nulle o poche. Una donna che abbia 35 anni potrebbe avere ancora il 10% degli ovuli, mentre intorno ai 40 potrebbero essere già terminati.

Sapere quante chance di concepimento restano – ha illustrato la specialista Marisa López-Teijón, Direttrice di Institut Marquès a Vanity – aiuta le donne a correre ai ripari e a decidere quali misure adottare per tutelare la fertilità. Se la riserva è buona, ma non si hanno le condizioni per avere un figlio, si possono vitrificare gli ovuli per assicurarsi una futura gravidanza. Se il valore è basso ci si può rivolgere a uno specialista e valutare la migliore strada per il concepimento. In entrambi i casi il tempismo è fondamentale.

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L’esame del sangue per testare l’ormone antimulleriano è nato per la diagnosi di alcune patologie, come la sindrome dell’ovaio policistico oppure la menopausa precoce, ma si usa anche per la valutazione della fertilità. Ci si è arrivati grazie a uno studio che ha interessato 10443 donne spagnole di età compresa tra i 20 e i 45 anni. La ricerca ha permesso all’Institut Marquès di compilare delle tabelle in cui vengono stimati i valori dell’ormone antimulleriano in base all’età e viceversa.

In base alle tabelle, per un livello ormonale di 3,45 nanogrammi su millilitro, ci si aspetta un’età ovarica di 20 anni, mentre a 20 anni di età anagrafica l’ormone può presentare un livello compreso tra 5,8 e 6. Analogamente, a un’età ovarica di 40 anni, l’ormone si attesta su un valore di 1,28, mentre a 40 anni anagrafici presenta valori compresi tra 1,7 e 1,9. Mano a mano che si va avanti con gli anni, l’età ovarica e quella anagrafica si avvicinano sempre più fino a corrispondere: a un’età ovarica di 45 anni il livello ormonale è 0,72, mentre a 45 anni sulla carta di identità dovrebbe essere compreso tra 0,60 e 0,80.

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