Sono molte le paure che possono influenzare la vita e la quotidianità delle persone. Una di queste è la kenofobia, ovvero la paura del vuoto. Se all’epoca del Romanticismo il vuoto era considerato “sublime”, come nel quadro Il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, non significa che già all’epoca gli spazi vuoti non potessero innescare nelle persone stati d’ansia – d’altra parte l’Ottocento fu l’epoca in cui si iniziò a prendere confidenze con le contraddizioni della psiche umana.

Cosa provoca questo tipo di fobia? Perché caratterizza alcune persone? E soprattutto come si può affrontare? Qui di seguito diamo alcune indicazioni di massima, ma è bene chiedere aiuto al proprio psicologo o alla propria psicologa qualora si abbiamo delle domande su quest’argomento.

Cos’è la kenofobia?

Come spiega PsychTimes, la kenofobia è “la paura irrazionale dei vuoti o degli spazi vuoti”. Il termine è un nome composto di etimologia greca e descrive una condizione che affligge alcune persone che, di fronte a ciò che è vuoto può provare forte ansia o angoscia e questo si può tradurre in situazioni di evitamento o attacchi di panico.

A lungo andare il fenomeno può coinvolgere vari ambiti e momenti della vita: in altre parole, se evitiamo di andare in un posto in cui sappiamo esserci uno spazio vuoto, questo potrebbe interferire con professione o socialità.

Le cause della kenofobia

Kenofobia
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La scienza non ha ancora studiato approfonditamente e per questo non si riesce a stabilire quali siano le cause della kenofobia. È possibile che questa sia causata da un evento traumatico, ma non si sa se effettivamente la condizione sia latente e il trauma serva solo a scatenarla.

Si ritiene probabile una base genetica: chi ha precedenti famigliari di malattie mentali legate ad ansia è più probabile che sviluppi la condizione.

I sintomi della paura degli spazi vuoti

I sintomi della kenofobia a volte possono essere tanto forti da richiedere il ricovero in ospedale. Questi sintomi sono:

  • ansia e attacchi di panico, con aumento delle frequenze cardiaca e respiratoria, innalzamento della pressione sanguigna, tensione muscolare, tremori e sudorazione eccessiva;
  • evitamento di spazi vuoti.

Come si cura la kenofobia?

Kenofobia
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Dato che non si è ancora risaliti alle cause della kenofobia, la condizione non può essere curata, ma ci sono alcuni rimedi che possono contribuire ad alleviarne i sintomi. Questi rimedi e terapie sono:

  • terapia dell’esposizione. Lo psicologo potrebbe consigliare a chi soffre di questa paura di esporsi progressivamente a ciò che teme. Un po’ come quello che accade, metaforicamente, con alcuni vaccini in cui è presente una minuscola parte di virus, che stimola la formazione di anticorpi;
  • terapia cognitivo comportamentale o terapia comportamentale dialettica. Le tecniche di queste terapie psicologiche mirano a ottenere nel paziente il controllo sulle proprie sensazioni ed emozioni, e quindi potrebbero aiutare a limitare o controllare la paura;
  • yoga e meditazione. Esistono delle posizioni yoga che possono aiutare a rilassarsi e indurre alla meditazione. È fondamentale che anche quest’approccio, così come quello psicologico, sia condotto da un o una professionista del settore;
  • farmaci psichiatrici. Potrebbero esservi prescritti dall* specialista farmaci ansiolitici o antidepressivi. Non prendeteli a casaccio e seguite capillarmente la prescrizione medica;
  • esercizio fisico. L’esercizio fisico contrasta i disturbi legati all’ansia, e quindi passeggiate, corse in bicicletta, un po’ di aerobica, il nuoto, uno sport di squadra non agonistico potrebbero aiutare nel rilascio delle endorfine di cui avete bisogno e alleviare lo stress a cui siete sottoposti;
  • controllo dell’alimentazione. Ci sono cibi e bevande che possono alimentare l’ansia. Solitamente si tratta di caffè, tè e altre bevande che contengono caffeina, come cola o energy drink. Questo tipo di bevande contribuiscono a innescare nella psiche l’istinto di “lotta o fuga” di fronte a un presunto pericolo, che è proprio degli animali e quindi anche degli esseri umani.

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