Quando l'insicurezza è patologica e come superarla
Chi soffre di insicurezza patologica sottovaluta costantemente le proprie capacità, analizza troppo le decisioni e procrastina.
Chi soffre di insicurezza patologica sottovaluta costantemente le proprie capacità, analizza troppo le decisioni e procrastina.
Nonostante molti vivano questa condizione in modo quasi rassegnato, come un aspetto immutabile di sé stesi, in realtà l’insicurezza patologica può essere combattuta.
Non esiste un’unica causa per l’insorgere dell’insicurezza patologica, molti fattori possono portare a questa condizione: un evento traumatico, una crisi come un divorzio o un fallimento personale, un lutto. Ma anche l’ambiente circostante può aver avuto un ruolo, in quanto l’imprevedibilità o il turbamento della vita quotidiana possono causare ansia e insicurezza.
L’insicurezza patologica tende a emergere anche negli adulti che sono stati spinti dai genitori verso il perfezionismo e l’eccellenza, nel tentativo di realizzare le proprie ambizioni personali mancate più che nell’assecondare e sostenere le inclinazioni dei figli.
Ad incidere sul livello di sicurezza di un individuo è anche il legame di attaccamento con i genitori: un attaccamento insicuro può verificarsi quando il caregiver non risponde adeguatamente ai bisogni del bambino, 0 causa di un abuso, o semplicemente per solitudine e isolamento.
I bambini con un genitore incoerente o egocentrico possono crescere incapaci di creare legami emotivi duraturi a causa di ansie e timori, senza sapere cosa aspettarsi dalla vita proprio come non sapevano cosa aspettarsi dal genitore.
Le persone con insicurezza patologica manifestano una spiccata timidezza, hanno difficoltà a condividere le emozioni o a essere schiette su aspetti importanti della vita quotidiana, in riferimento all’ambito lavorativo, alla scuola o altro. Anche l’interazione con gli altri, soprattutto con gli sconosciuti, è vissuta con estrema ansia e tensione che prima di esprimersi verbalmente traspare dal linguaggio non verbale e da una palese intenzione di svincolarsi dalla situazione.
Questo disagio può spingere la persona all’isolamento, allontanando anche coloro con i quali ha un rapporto consolidato pur di non rivivere l’ansia sociale. Così si sviluppa l’insicurezza sociale che può essere auto-perpetuata, in quanto le persone affette da questo tipo di insicurezza possono agire sulla base dei loro sentimenti di rifiuto, causando a loro volta il rifiuto da parte degli altri.
Chi soffre di insicurezza patologica può manifestare spesso un umore negative, scoraggiato e scoraggiante con ipertensione accompagnata da sintomi somatici di stanchezza cronica, cefalea tensiva o dermatite.
Un’altra manifestazione dell’insicurezza patologica è la procrastinazione: la persona prova una costante incertezza sulle decisioni da prendere, anche quelle più semplici, mettendo in discussione la sua capacità di agire. Questo la spinge ad affidarsi agli altri, alle loro decisioni generalmente sopravvalutandole e questo causa un ulteriore ritardo nell’azione con l’aumentando al contempo di paura e ansia.
La procrastinazione nell’agire e nel prendere decisioni si manifesta anche negli ambiti specifici per i quali la persona è perfettamente capace e competente. Il risultato finale è che si genera un aumento del disprezzo per sé stessi che viene ulteriormente esacerbato dal senso di impotenza.
Esiste anche una variante dell’insicurezza cronica che deriva da un disturbo ossessivo-compulsivo. – spiega il dottor Padraic Gibson, in un suo articolo sull’argomento – Questo tipo di problema è noto come dubbio patologico. In questo caso, la dinamica che porta la persona a ritardare l’azione non è la tendenza a sottovalutare se stessa o a sopravvalutare le capacità degli altri, ma il bisogno ossessivo di valutare tutte le possibilità e le potenziali conseguenze negative dell’intraprendere una determinata linea d’azione.
Cosa si può fare per cercare di ridurre il disagio causato dall’insicurezza patologica? Ecco alcuni consigli per iniziare:
Quando si pensa costantemente a situazioni o persone del passato che possono aver causato l’insicurezza patologica è necessario non pensarci più perché il rimuginare non fa che alimentare il disagio. Coltivare il risentimento non porta da nessuna parte e comprendere che forse quegli stessi comportamenti sono stati dettati proprio dall’insicurezza altrui, è una consapevolezza importante per riuscire ad andare oltre.
Abbracciare tutte le parti di se stessi non è semplice, fare autoanalisi è utile ma essere intransigenti non lo è affatto. Cercare di accettare anche i lati “negativi” del proprio carattere e le proprie umane debolezze è un passo importante per capire che si è esseri imperfetti e complessi per natura.
Questo non significa rinunciare alle relazioni sociali ma semplicemente smettere di essere dipendenti dagli altri: praticare l’autoapprovazione vuol dire fidarsi della propria opinione, dare priorità e credito ai propri pensieri ed intuizioni senza svalutarle a favore di quelle degli altri, sfaldando quel meccanismo che è alla base dell’insicurezza patologica.
Per combattere l’insicurezza patologica è utile evitare di mettersi sempre a confronto con gli altri, concentrandosi su quello che fanno e sul loro modo di essere. Rilevare le differenze tra sé stessi e gli altri di per sé è normale, ma farlo nell’ottica di svalutazione personale evidenziando le proprie differenze come delle “mancanze” è deleterio. Ciascuno affronta il proprio percorso di vita a modo suo e non è detto che si debbano necessariamente percorrere gli stessi passi.
Chi sperimenta l’insicurezza patologica può superarla identificandone le cause e la psicoterapia aiuta la persona a scavare a fondo dentro se stessa per giungere alla radice del problema.
La terapia può prevedere anche tecniche cognitivo-comportamentali, che da un lato riescono a individuare gli schemi di interpretazione della realtà e reazione alle situazioni da parte della persona, e dall’altro grazie a questa stessa analisi, si pongono come obiettivo l’apprendimento di nuove modalità di risposta positive a questi stimoli.
Sempre nell’ottica di analisi e monitoraggio dei propri progressi risulta utile scrivere un diario emotivo: mettere nero su bianco le proprie emozioni e i propri pensieri soprattutto quelli che suscitano maggiore ansia e malessere sarà terapeutico, con risultati duraturi se la pratica del journaling diventa parte integrante della propria routine quotidiana.
Lettrice accanita, amante dell'arte e giornalista. Ho da sempre il pallino per la scrittura.
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