Alimentazione emotiva: come affrontare la “fame nervosa” o “alimentazione da stress”
Non bisogna mai sottovalutare i rischi dell'alimentazione emotiva: si può innescare un circolo vizioso che porta al disturbo alimentare. Cosa sapere sul fenomeno.
Non bisogna mai sottovalutare i rischi dell'alimentazione emotiva: si può innescare un circolo vizioso che porta al disturbo alimentare. Cosa sapere sul fenomeno.
Analogamente le emozioni possono modificare anche il nostro rapporto con il cibo e questo può costituire un rischio a lungo termine. Il fenomeno è conosciuto come alimentazione emotiva.
A quante persone tra noi è capitato di rifugiarsi nel cibo in un momento di tristezza o di disagio? Alcune donne potranno dire che nei giorni che precedono le mestruazioni, quando la cascata ormonale può provocare qualche sbalzo di umore, di aver provato sconforto. È in occasioni come queste che a volte ci si rifugia nel cibo: è questa l’alimentazione emotiva.
A volte e per alcuni e alcune si può trattare di una semplice tazza di tè non zuccherato, in altri casi possiamo ritrovarci a divorare pizza, patatine fritte o alimenti non salutari, grassi, in quella zona grigia che si trova tra il comfort food e il junk food.
Se accade una tantum oppure qualche volta non ci sono grosse conseguenze, ma può succedere che fare questo vanifichi gli sforzi per il mantenimento della forma fisica o la perdita di peso. Soprattutto se diventa un’abitudine, tra l’altro pericolosa (e tra poco scopriremo perché).
Sul sito della Mayo Clinic viene spiegato che l’alimentazione emotiva rappresenti un modo “per sopprimere o lenire emozioni negative come stress, rabbia, paura, noia, tristezza e solitudine”, oltre che per affrontare momenti difficili.
Tra le cause del fenomeno ci sono:
Il cibo finisce per diventare un rifugio, ma è tutt’altro che un porto sicuro, perché si rischia di approdare a un’alimentazione impulsiva o compulsiva: in altre parola, ogniqualvolta ci sentiamo tristi o stressati, apriamo il frigorifero come fosse un gesto automatico.
Così mangiare smette di essere un piacere o una necessità strettamente legata al mantenimento in vita, si trasforma in un’abitudine, una distrazione che però non risolve il problema che ci spinge ad abbuffarci.
E, come corollario a quanto appena detto, l’alimentazione emotiva rischia di diventare un circolo vizioso: siamo preoccupati e preoccupate per qualcosa, mangiamo allo sfinimento, ingrassiamo, perdiamo agilità, sentiamo l’organismo affaticarsi e ricominciamo a preoccuparci, stavolta per le trasformazioni che il fenomeno ha prodotto su di noi.
Tuttavia, come spiega Healthline, l’alimentazione emotiva non è in sé un disturbo alimentare, ma può portare a un disturbo alimentare, in primis l’ortoressia: può capitare che iniziamo a selezionare in maniera troppo rigida gli alimenti, e decidiamo arbitrariamente di escluderne alcuni, come lo zucchero o l’olio di oliva.
Non sono rari neppure i pensieri ossessivi sul cibo, perché i disturbi alimentari si fondano spesso sull’idea del controllo, che cerchiamo di mantenere su questo ambito della nostra vita mentre ci sembra che gli altri vadano a rotoli. Se si teme di avere un comportamento disordinato a tavola, è sempre meglio chiedere un consulto psicologico.
Ci sono diversi modi con cui affrontare e superare l’alimentazione emotiva, ma non si può mai prescindere che dal consulto medico, psicologico o nutrizionale: rivolgetevi a esperti ed esperte, perché il rischio che la situazione sfugga di mano è reale. Per il resto, sempre d’accordo con l’esperto cui vi siete rivolti, potete:
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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