L’acrofobia è una delle fobie più comuni al mondo. La paura delle altezze fa parte dei disturbi d’ansia e nelle sue forme più gravi può essere fortemente invalidante e incidere sulla qualità della vita, perché si arriva a evitare anche altezze medie o il semplice affacciarsi da una finestra.

Può manifestarsi associata ad altre fobie, come l’aerofobia (pausa di volare o di stare in aria) o la batmofobia (paura estrema in presenza di scale e pendii).

Acrofobia: significato

Come suggerisce il nome, l’acrofobia è la paura irrazionale e ingiustificata dell’altezza. Il suo nome deriva dal greco ácron (altura) e fòbos (paura, terrore). Chi ne soffre ha paura di cadere, di essere spinto giù, ma ha anche paura di provare l’impulso a buttarsi di sotto, perché irragionevolmente attratto dal vuoto. Ciò rende intollerabile la presenza in alcuni luoghi, a cui l’accesso diventa proibitivo. Basti pensare agli ascensori, ad alcune giostre molto alte, alle balaustre, alle finestre.

Il soggetto in queste situazioni diviene preda di angoscia e forte disagio. Manifesta sintomi di intensità diversa da caso a caso:

  • impressione di perdere l’equilibrio;
  • difficoltà respiratorie;
  • sensazione di oppressione;
  • tremori alle gambe;
  • battito cardiaco accelerato;
  • eccessiva sudorazione;
  • immobilità;
  • stordimento;
  • vertigini.

Un sintomo che fa la sua comparsa nei casi più gravi è l’ansia anticipatoria: tutti questi sintomi sopra elencati si manifestano anche solo immaginando la situazione temuta (la cima di una montagna, un ponte), anche solo visualizzandola mentalmente.

Cause dell’acrofobia

acrofobia
Fonte: iStock

Due possono essere i principali fattori scatenanti:

  • un episodio traumatico: anche se la paura dell’altezza è naturale in tutti gli esseri umani, un evento drammatico legato a una caduta o a un incidente può portare ad amplificare questa paura. Non si deve essere necessariamente stati la vittima di quel momento, è sufficiente anche solo aver assistito. La paura diventa così qualcosa di morboso e incontrollabile;
  • un fattore fisico: chiamiamo propriocezione quel meccanismo incosciente che permette di conoscere la propria posizione nello spazio e di conservare l’equilibrio. Le informazioni che la creano derivano dalla vista e dal sistema vestibolare (orecchio interno). Quest’ultimo potrebbe essere “difettoso” in chi soffre di acrofobia.

Trattamento dell’acrofobia

La cura farmacologica da sola non è di aiuto, ma può dare i suoi benefici se affiancata a una terapia: di solito vengono prescritti ansiolitici e antidepressivi.

La prima terapia a cui si può ricorrere è quella di desensibilizzazione e di esposizione: ridurre la paura affrontandola poco alla volta, per esempio cominciando col semplice salire le scale aumentando di volta in volta la difficoltà dell’esercizio. Un’altra tecnica è quella del rilassamento, con lo scopo di prevenire o insegnare a controllare attacchi di panico e stati d’ansia attraverso il controllo della respirazione, il rilassamento muscolare e la visualizzazione mentale, per raggiungere una condizione ottimale di relax.

Anche in questo, come in altri casi di fobie particolari, risulta efficace la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), che si focalizza sul riconoscimento di pensieri negativi e di immagini associate alla paura dell’altezza. Questi pensieri e queste immagini vengono sostituiti con pensieri e immagini positivi, così da modificare gli atteggiamenti di paura.

Ma non mancano proposte più innovative in merito, come quella avanzata da un team di ricercatori olandesi della Vrije Universiteit Amsterdam e dell’Università di Twente, guidati da Tara Donker. Insieme hanno sviluppato un’innovativa App per il trattamento dell’acrofobia: chi chiama ZeroPhobia. La paura dell’altezza viene superata attraverso la realtà virtuale.

I risultati della sperimentazione sono stati pubblicati su Jama Psychiatry: dei 193 partecipanti che si sono sottoposti alla terapia con la app, la maggioranza ne ha tratto una significativa riduzione dei sintomi. Si tratta di uno studio rivoluzionario, perché va nella direzione del trattamento effettuato a casa senza l’intervento di un terapeuta. E, soprattutto, è un trattamento a basso costo, che necessita soltanto di uno smartphone e di un paio di occhiali per la realtà aumentata.

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