Gli uomini sieropositivi possono diventare genitori senza trasmettere il virus ai propri partner sessuali, madri surrogate o figli.

Diverse ricerche effettuate su migliaia di coppie a partire dal 2007 hanno dimostrato che quando le persone affette da HIV assumono costantemente trattamenti antiretrovirali e mantengono cariche virali non rilevabili diventano incapaci di trasmettere il virus attraverso il sesso.

Questa scoperta ha spinto i ricercatori a lanciare nel 2016 una campagna chiamata “non rilevabile uguale non trasmissibile ” (U=U),  con la quale si è cercato di ridurre lo stigma che ancora devono sopportare le persone affette da HIV. Un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Cambridge ha tuttavia scoperto che i medici che hanno in cura uomini gay con HIV discutono raramente con loro della possibilità di generare figli biologici.

Nell’ambito dello studio – pubblicato a dicembre 2021 – i ricercatori hanno intervistato sia i medici che i pazienti omosessuali affetti da HIV e hanno scoperto che i pregiudizi di genere e di orientamento sessuale dissuadevano i medici dal discutere con i loro pazienti delle varie opzioni genitoriali (tema che avrebbero invece affrontato con pazienti donne). Gli uomini omosessuali, d’altro canto, hanno affermato che il sapere di poter avere figli naturali senza complicazioni li avrebbe aiutati a convivere in modo migliore con l’HIV.

“È ancora difficile per le persone che vivono con l’HIV percepirsi pienamente come non infettive. Questo a causa della persistenza dello stigma dell’HIV”, ha asserito il dottor Robert Pralat, sociologo dell’Università di Cambridge e autore principale dello studio. “Penso che il messaggio di ‘non trasmissibilità’ possa richiedere molto tempo per essere assorbito. Il messaggio chiave per i medici è che non tutti gli uomini gay sono uguali e non tutte le donne eterosessuali sono uguali”.

E ha aggiunto: “Indipendentemente da ciò che sembra essere rilevante e da chi sia il paziente, penso che sia importante sfidare il tipo di associazioni che si sono sviluppate culturalmente attorno al genere, alla sessualità e alla riproduzione. Le differenze in questi campi non devono avere importanza quando si tratta di informare i pazienti sul loro stato di salute e sulla qualità della vita che possono avere”.

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