Uomini e psicoterapia come sta cambiando la salute mentale maschile

Sebbene presentino disturbi mentali anche rilevanti, gli uomini sono meno propensi a chiedere aiuto psicologico rispetto alle donne. E questa scarsa inclinazione può portare a problemi seri. Quella degli uomini è, infatti, una crisi silenziosa, che colpisce, a cascata, la sfera personale, lavorativa e relazionale dell'uomo che soffre, senza offrire vie d'uscita, ma solo una lenta e progressiva caduta nell'abisso. Colpa della mascolinità normativa e di vetusti stereotipi di genere. Vediamone i dettagli.

“Per l’uomo che non deve chiedere mai.” Recitava così la celebre pubblicità del dopobarba Denim Musk negli anni ’80. Una frase che non era solo un claim di vendita, ma anche, e soprattutto, l’incarnazione di una convinzione radicata nei secoli, portavoce di una certa maschilità tossica che affonda le sue origini in tempi estremamente remoti. Ossia: l’uomo non deve chiedere. Mai.

Non deve chiedere niente, neanche quando soffre, ha problemi di ansia e attacchi di panico, è soggiogato dalla depressione o non riesce a superare una crisi personale. L’uomo non dialoga con le sue emozioni: figurarsi se deve parlare di esse a qualcun altro. L’uomo, quindi, non chiede mai supporto, neanche alla psicoterapia. Anzi. Uomini e terapia sono due pianeti diversi, inconciliabili e distanti.

Ma è davvero così? Scopriamolo.

Perché gli uomini evitano la psicoterapia?

I dati parlano chiaro. Sebbene presentino disturbi mentali anche rilevanti, gli uomini sono meno propensi a chiedere aiuto psicologico rispetto alle donne. E questa scarsa inclinazione può portare a problemi seri. Lo rileva lo studio condotto dagli studiosi Graeme D. Smith e Megan Hebdon, Mental health help-seeking behaviour in men, pubblicato nel 2023 su JAN – The Journal of Advanced Nursing.

Come affermano Smith e Hebdon, infatti:

La mancata consultazione psicologica da parte degli uomini può essere particolarmente problematica in quest’ambito, poiché problemi di salute mentale, come la solitudine e lo stress cronico, possono essere spesso trascurati negli uomini. In effetti, la salute mentale ed emotiva degli uomini è stata descritta come una “crisi silenziosa” (Affleck et al.,  2018).

Una crisi silenziosa che colpisce, a cascata, la sfera personale, lavorativa e relazionale dell’uomo che soffre, senza offrire vie d’uscita, ma solo una lenta e progressiva caduta nell’abisso. Come precisa lo studio sopracitato, la maggior parte degli uomini tende, appunto, a trascurare sistematicamente i propri problemi di salute mentale e le loro avvisaglie, nonostante i casi di depressione e suicidio si annoverino tra le principali cause di morte negli uomini.

Senza dimenticare che questi ultimi presentino anche più probabilità di sviluppare dipendenza da alcol e droghe, di dormire per strada e far perdere le proprie tracce. Dettagli che dovrebbero allarmare, ma che, al contrario, sembrano costituire un deterrente per cercare aiuto. Rendendo sempre più un ossimoro il binomio “uomini e psicoterapia”.

Uomini e psicoterapia: una questione di genere

Ma perché gli uomini risultano più recalcitranti ad andare in psicoterapia rispetto alle donne? Come troppo spesso accade, questa discrepanza trova la sua origine in vetuste questioni di genere.

Molti uomini, infatti, subiscono ancora le norme di genere secondo le quali dovrebbero sempre mostrarsi forti, stoici, autosufficienti, controllati e invulnerabili. Insomma, in una parola: inscalfibili. Anche rispetto alle problematiche correlate alla salute mentale.

Come spiega Federico Russo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e Direttore Clinico di Serenis:

Il dato sembrerebbe riflettere non solo lo stigma nei confronti della salute mentale, ma anche il sessismo che vede nel disagio psicologico maschile un attributo negativo e svalutante, da negare. Gli uomini che interiorizzato questo pregiudizio tendono a pagarne i costi in termini di ulteriore disagio psicologico. Pur potendo beneficiare di un intervento psicologico, tendono a rifiutarlo in quanto significherebbe “ammettere” la propria vulnerabilità. La vulnerabilità non è contemplata a livello sociale e culturale verso gli uomini.

Gli stereotipi di genere continuano a incatenare la gran parte degli uomini, confinandoli al mero ruolo di breadwinner (colui che “porta il pane a casa”) e costringendoli, così, a negare le difficoltà quotidiane e oggettive, come la precarietà, le crepe familiari e relazionali, le carriere sempre più fragili e instabili, i lutti, la fatica e lo sforzo professionale, il calo dei redditi e tutte quelle piccole, grandi criticità che ogni persona incontra lungo la propria esistenza, ogni singolo giorno e in ogni periodo della propria vita.

Risultato: gli uomini non vogliono – o, meglio, non sanno – esprimere le proprie emozioni più profonde, perché non sono stati educati a farlo e non hanno gli strumenti giusti per riconoscere, verbalizzare ed esplorare il proprio sentire. Il malessere sfocia, dunque, in tristezza, depressione, ansia, attacchi di panico, insonnia e apatia, deteriorando non solo il proprio equilibrio psicofisico, ma anche le relazioni umane che li coinvolgono.

Come aiutare gli uomini a chiedere supporto

Nel caso del rapporto tra uomini e psicoterapia si può parlare, quindi, di un vero e proprio “analfabetismo emotivo”. Come sottolinea sempre il dottor Russo:

Ciò che non conosciamo tende a spaventarci. Spesso vale anche per le emozioni, ma la mancata alfabetizzazione emotiva si manifesta spesso in un contesto culturale di stigmatizzazione e colpevolizzazione nei confronti della vulnerabilità psicologica e di chi la sperimenta. A ciò spesso si accompagnano anche convinzioni erronee e irrazionali legate alla psicoterapia, che possono allontanare proprio chi potrebbe averne più bisogno.

All’alfabetizzazione emotiva si accompagna, inevitabilmente, anche la necessità di decostruire la cosiddetta mascolinità normativa, ossia il compendio di aspettative culturali, sociali e comportamentali associate tradizionalmente all’essere uomo, come l’aggressività, la forza, l’autosufficienza e la repressione coatta delle proprie emozioni, perché stigmatizzate e percepite come “femminili” o da “persona debole”.

Una missione perseguita anche da Diritto a stare bene, la raccolta firme per una proposta di legge di iniziativa popolare che richiede, tra le altre cose, di aumentare i finanziamenti del Bonus psicologo fino a 215 milioni di euro, senza costringere le persone a infinite liste d’attesa. Anche gli uomini.

Come precisa Elisabetta Camussi, professoressa associata di psicologia sociale all’Università di Milano Bicocca e tra le promotrici della proposta di legge:

La legge prevede educazione alle relazioni e all’affettività, informazione sessuale e prevenzione della violenza di genere, a partire dalle scuole. Significa promuovere pari opportunità, consapevolezza sugli automatismi che influenzano le aspettative di genere e ridurre le disuguaglianze, favorendo il benessere psicologico diffuso. Gli uomini hanno un ruolo fondamentale in questo cambiamento, sia nello spazio pubblico che privato.

Al centro, infatti, vi è una sola, fondamentale, parola: prevenzione.

La prevenzione è la chiave di questa proposta di legge. Significa portare i servizi psicologici nella normalità della vita delle persone, con professionisti in grado di individuare precocemente situazioni a rischio, ridurre discriminazioni e disuguaglianze che alimentano il malessere psicologico. Solo così la psicologia può contribuire a costruire un benessere diffuso, come parte integrante di un welfare che si prende cura davvero di tutte e tutti.

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