Terapia del dolore: il diritto di vivere e morire con dignità
Quando il male è insopportabile e diventa una malattia entra in gioco la terapia che cura il dolore. Vediamo in cosa consiste e quando viene somministrata.
Quando il male è insopportabile e diventa una malattia entra in gioco la terapia che cura il dolore. Vediamo in cosa consiste e quando viene somministrata.
Quando il dolore è forte, dura nel tempo e non sembra voler passare, la medicina utilizza la disciplina della terapia del dolore, ovvero dei trattamenti volti a curare dal male che persiste, cronico o acuto, causato da malattie neoplastiche o meno. Il dolore diventa esso stesso la malattia, e necessita quindi di cure dedicate.
In Italia una legge permette di portare avanti la terapia del dolore quando ritenuta necessaria. Vediamo meglio di cosa si tratta, quando e come viene somministrata.
La terapia del dolore consiste in un trattamento volto a curare il dolore, inteso come una malattia. Il dolore infatti solitamente funge da sintomo che annuncia patologie, qualcosa che non va nel nostro corpo o si fa sentire dopo operazioni e traumi. Quando però il male persiste, non svolge più la funzione iniziale ma diventa esso stesso una patologia da curare.
Le cause del dolore possono essere diverse: la sintomatologia dopo un’operazione chirurgica, malattie croniche, anche tumori, patologie degenerative o compressive.
La terapia del dolore prende il nome anche di cura palliativa o terapia antalgica, e in Italia è regolata dalla legge 38 del 15 marzo 2010 che tutela chi soffre di dolore cronico e sancisce il diritto di ricevere il trattamento e le cure palliative per tutti i cittadini. A partire dal 2017 inoltre, è stato fatto un grande passo avanti per il riconoscimento della terapia del dolore, inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), in cui sono presenti le prestazioni sanitarie garantite gratuitamente o con il pagamento di un ticket.
A partire dal 2001 la Fondazione Gigi Ghirotti, insieme al Ministero della Salute e la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome promuove ogni anno la Giornata Nazionale del Sollievo, volta a portare il messaggio che nessuno si senta abbandonato, nella salute ma anche nella malattia, e a far conoscere a tutti il diritto a ricevere cure palliative.
L’ultimo periodo di vita di chi soffre di malattie terminali è determinato dalla patologia che prende il sopravvento. Le cure non funzionano e causano invece più male che altro, e ciò che rimane al paziente è il dolore. L’equipe medica decide così di passare alle cure palliative, per risolvere tutti i problemi, non solo il dolore ma anche nausea e vomito, l’astenia e l’anoressia che non permette di riuscire a muoversi e a mangiare. La terapia del dolore inizialmente affianca le cure della malattia, per poi diventare, nella fase più avanzata, l’unica terapia.
Permette ai pazienti di convivere con la loro sofferenza in maniera più sopportabile, anche alle famiglie, e soprattutto di essere accompagnati fino alla morte con dignità. In questi casi la questione è molto delicata, perché i medici devono comprendere quando la terapia del dolore è rimasta l’unica possibilità, perché tutte le altre cure sono inutili e accanimento terapeutico. Devono innanzitutto ascoltare il paziente, dirgli la verità in modo che conosca i propri limiti e rispettare sempre le priorità del malato.
Il dolore cronico è il tipo di dolore che persiste nel tempo. A differenza di quello acuto o da procedura, che tendono invece a passare dopo un periodo intenso, quello cronico continua anche quando la patologia causante è diagnosticata e sono iniziate le cure per trattarla. Di conseguenza, viene inteso come una vera e propria malattia a sé, e viene trattata con farmaci specifici.
Il dolore cronico è il bersaglio principale delle cure antalgiche. Provoca non solo male fisico ma anche psicologico, come depressione, sociale ed economico, inteso come perdita di posizione e di guadagno. Può essere causato principalmente da un tumore, e ci si fa riferimento con il termine Dolore Cronico Oncologico (DCO). In questo caso esistono Linee Guida dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che delineano la terapia da seguire.
Quando si decide di cambiare terapia e passare a quella del dolore, inizialmente si somministra in affiancamento alle altre cure, per poi diventare l’unica quando la patologia avanza. Avviene principalmente attraverso farmaci: la scelta del tipo di farmaco da somministrare dipende soprattutto dall’intensità e dal tipo di dolore che affligge il paziente.
I FANS sono farmaci antinfiammatori non steroidei e trattano il dolore lieve o moderato. I principi attivi più impiegati nella terapia del dolore sono il ketoprofene, diclofenac, naprossene e nimesulide. Gli analgesici oppioidi sono i più utilizzati, soprattutto nel trattamento del dolore cronico di tipo oncologico, perché curano il dolore moderato o forte. I più utilizzati sono codeina, buprenorfina, fentanil, ossicodone, metadone e morfina. Per il dolore più forte invece vengono impiegati anestetici locali.
Può essere trattata inoltre la depressione con farmaci antidepressivi utili nella terapia del dolore di tipo neuropatico, così come i farmaci anticonvulsivanti. Alla terapia del dolore effettuata con medicinali, è inoltre possibile affiancare una terapia del dolore non farmacologica, come la radioterapia, la crioterapia, i massaggi e la fisioterapia, oltre a tecniche per il rilassamento e per la distrazione, poiché anche la mente gioca un ruolo importante nelle cure palliative.
Amante della lettura, della musica e serie tv addicted, aspiro a diventare scrittrice di romanzi. Nel frattempo coltivo la mia passione scrivendo articoli su ciò che più mi piace: benessere, enogastronomia, cultura e attualità.
Cosa ne pensi?