La sindrome da bore out è come un burnout, ma al contrario e senza stimoli

Noia, mancanza di frustrazione, bassa autostima: sono questi i sintomi principali del bore out, ossia la sindrome che colpisce tutti i lavoratori che avvertono assenza di stimoli e di prospettive future e una generale demotivazione sul posto di lavoro. Diverso dal burnout, ma simile per quanto concerne il disagio che provoca, anche il bore out può essere invalidante e pericoloso. Vediamone le caratteristiche.

La sindrome da burnout la conosciamo ormai tutti: malessere generalizzato, stress cronico, ansia, talvolta depressione, disturbi fisici (dal mal di testa alla gastrite, fino ai casi più gravi di ictus e infarto) ed esaurimento emotivo. Sintomi e segni di qualcosa che ci sta “bruciando” e che sta inficiando il nostro benessere psicofisico, e che, nella maggior parte dei casi, deriva dalla nostra area professionale.

Non tutti conoscono, però, il suo corrispettivo speculare, ossia la sindrome da bore out. In questo caso assistiamo, infatti, a una sorta di “rovesciamento” della prima, che confluisce in assenza di stimoli sul posto di lavoro, noia, stanchezza, assenza di prospettive e disagio profondo.

Quali sono le sue caratteristiche e perché non è da sottovalutare? Scopriamolo insieme.

Che cos’è la sindrome da bore out?

Noia, mancanza di stimoli, frustrazione, bassa autostima: sono questi i cardini principali intorno cui si muove il bore out, ossia la sindrome che colpisce tutti i lavoratori che avvertono assenza di stimoli e di prospettive future, insoddisfazione generale, disturbi della concentrazione e, nel complesso, tutti quei fattori che possono far percepire il proprio impegno come insufficiente, sottostimato o troppo semplice.

Capita molto spesso, infatti, che i dipendenti affetti da sindrome da bore out adottino strategie di coping, in modo tale da simulare lo stress che, in realtà, non avvertono, come la stretch your work strategy (ovvero il “diluire” il lavoro, affinché si impieghi più tempo a svolgerlo) e la pseudo commitment strategy (la quale si verifica quando il dipendente mangia alla scrivania o resta oltre l’orario di lavoro, camuffando l’inoperatività).

La sindrome da bore out manca di un riconoscimento ufficiale, ma, come si legge su Ok Salute, la comunità scientifica non ne è rimasta indifferente. Spiega, appunto, Luciana D’Ambrosio Marri, sociologa del lavoro ed esperta di sviluppo delle persone e benessere in ambito lavorativo:

Diversi studiosi se ne sono occupati nel corso degli anni, come Wolfgang Merkel, psicoterapeuta tedesco, che ne ha esaminati gli effetti, dall’inerzia al calo di energia, fino all’insonnia. Tutti abbiamo le nostre giornate no, in cui ci trasciniamo al lavoro senza voglia. Ciò può anche accadere per un periodo di tempo più o meno breve. Qui parliamo però di sintomi ricorrenti e prolungati. Il bore out è una noia cronica, esasperata, che deriva dalla perdita di senso nell’utilizzo del proprio tempo lavorativo. Il proprio ruolo in azienda viene percepito come vuoto, inutile, insignificante.

Le differenze tra burnout e bore out

Come abbiamo visto, quindi, burnout e bore out si trovano agli antipodi, sebbene i sintomi che provocano sono pressoché gli stessi. In entrambi i casi, infatti, si avvertono esaurimento, stanchezza, disagio psicofisico e disturbi di natura fisica.

L’espressione bore out è stata, appunto, coniata da da due consulenti aziendali svizzeri, Peter Werder e Philippe Rothlin, che nel 2007 pubblicarono il saggio Diagnose Boreout, nel quale la sindrome da bore out fu proprio descritta come una variante speculare rispetto a quella da burnout.

In quest’ultimo caso, chi ne soffre è autore di un eccessivo investimento emotivo, che, nel corso del tempo, ne logora le capacità psicofisiche e lo conduce a una sorta di “blackout” delle proprie facoltà, provocando stati d’ansia e/o di depressione, esaurimenti nervosi e ricadute fisiche, dall’emicrania all’insonnia, da problemi cardiocircolatori a disturbi del comportamento.

Al contrario, la sindrome da bore out non prevede un dispendio elevato di energie, bensì uno scarso, talvolta quasi assente, coinvolgimento motivazionale ed emotivo, che porta chi ne è soggetto ad avvertire uno stato di noia cronica ed esasperata, con sensazioni di vuoto interiore, insignificanza e perdita di senso del proprio ruolo in azienda.

I sintomi della sindrome da bore out

Come abbiamo visto, la sindrome da bore out è tanto invalidante e pervasiva quanto quella da burnout, seppure le cause siano differenti e, in apparenza, meno preoccupanti di quelle da esaurimento nervoso.

Ma quali sono i suoi sintomi? I principali, come già accennato, sono i seguenti: mancanza di stimoli, noia cronica, insoddisfazione, monotonia, incarichi troppo semplici o non idoneamente commisurati alle proprie capacità, insonnia, problemi digestivi, ansia e depressione e, nel complesso, una serie di ricadute a livello fisico e psicologico non indifferenti.

Come facciamo a comprendere, però, che si tratti esattamente di bore out? Potremmo porci, per esempio, alcune domande cruciali – come quelle che elenca Ohga! -, ossia:

  • Come ti senti durante le ore di lavoro? Poco stimolato o annoiato?
  • Alla sera ti senti stanco o sfinito anche se niente ti ha particolarmente stressato?
  • Sei scontento del tuo lavoro e ti piacerebbe cambiare lavoro?
  • Di tanto in tanto ti capita di far finta di lavorare, mentre in realtà non lo stai facendo?

Le conseguenze e i rischi

Se la risposta alla maggior parte delle domande sopra elencate è sì, ci troviamo di fronte a una sindrome da bore out. Le sue conseguenze possono essere molteplici: stress, stanchezza, demotivazione, mancanza di voglia di recarsi al lavoro, tristezza generalizzata e discomfort.

Con il rischio che tali stati di insoddisfazione possano estendersi a macchia d’olio anche in altri settori della vita, andando a inficiare la qualità dei rapporti interpersonali e il benessere percepito in altri ambiti dell’esistenza, come il tempo libero e quello dedicato agli affetti.

Senza dimenticare, poi, il rendimento lavorativo stesso, che va incontro, inevitabilmente, a una serie di difficoltà, le quali possono anche compromettere seriamente i risultati professionali, gli obiettivi del team e/o dell’azienda e la considerazione di sé e delle proprie facoltà professionali.

Come uscirne e come gestirla

Come uscirne, dunque? Il primo passo, come sempre in caso di disagi psicofisici, è prendere consapevolezza del problema ed essere chiari con se stessi, individuando i sintomi e le cause precipue del disturbo.

I modi in cui intervenire sono diversi: se la demotivazione è limitata a determinati aspetti del nostro lavoro, il primo rimedio potrebbe essere quello di parlarne direttamente con i collaboratori e con il capo, in modo tale da appianare eventuali incomprensioni e trovare mansioni e compiti adeguati alle proprie competenze.

Se il disagio, invece, persiste e si estende fino a intaccare – come abbiamo accennato – anche gli altri campi della nostra vita, allora la soluzione più concreta ed efficace potrebbe essere quella di rivolgersi a un esperto e di seguire un percorso psicoterapeutico, al fine di intervenire con prontezza ed efficienza e risolvere i nodi che provocano la sofferenza e la noia cronica.

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