“Per lei (l’endometriosi) è una malattia, per me no perché la mestruazione è una cosa fisiologica. Vai dal medico e ti fai aiutare […] Non devi lavorare nello statale, perché io non ti voglio pagare”.

Questa è solo una delle frasi, che ci hanno lasciate perplesse, per usare un eufemismo, pronunciate dalla showgirl Carmen Di Pietro in due distinte telefonate con delle ascoltatrici di Radio Globo, con cui lei collabora, intervenute rispettivamente per parlare di ciclo mestruale doloroso e poi di endometriosi.

Facciamo prima di tutto chiarezza e riportiamo i fatti per ordine cronologico: mercoledì 27 novembre una ragazza interviene su Radio Globo spiegando “Se io un giorno sto male col ciclo, delle volte sono costretta a stare a casa“, sentendosi rispondere dalla Di Pietro

Ma sta zitta che non sei degna di essere donna se dici una cosa del genere!

La telefonata, del resto, è ascoltabile grazie al post pubblicato dalla stessa emittente radiofonica sulla propria pagina Facebook.

A onor di cronaca, c’è da dire che il tono del colloquio diventa infuocato, e sicuramente trascende i limiti di un confronto civile ed educato, con insulti che volano da ambo le parti senza risparmiarsi.

Archiviato questo primo commento di Carmen, il giorno seguente Vania Mento, malata di endometriosi, testimonial della Fondazione Italiana Endometriosi e attivista impegnata da anni per diffondere la consapevolezza sulla malattia in tutta Italia (abbiamo raccolto la sua storia, insieme a quella di altre donne che ne sono affette, in questo articolo), chiama Radio Globo e chiede di poter parlare di nuovo con la Di Pietro, nel tentativo di spiegarle che avere l’endometriosi significa molto di più rispetto all’avere un ciclo mestruale doloroso, significa soffrire di una patologia. Ma gli esiti, di nuovo, non sono quelli sperati, come testimonia il video postato dalla stessa Vania a distanza di poche ore dal confronto.

Perché chi ha l’endometriosi e lavora nel privato va a lavorare e chi invece lavora nello statale non ci va? – sbotta Carmen – sta dicendo cavolate. […] Per lei l’endometriosi è una malattia, per me non lo è.

È chiaro che parole del genere, al di là dell’ignoranza rispetto al tema, siano pericolose perché minimizzano quella che, di fatto, è stata riconosciuta anche dal Ministero della Salute come una patologia che, leggiamo sul sito, “è inserita nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti, negli stadi clinici più avanzati (‘moderato o III grado’ e ‘grave o IV grado’) riconoscendo a queste pazienti il diritto ad usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo“.

Non conoscere l’endometriosi può essere un’ignoranza legittima (non si è obbligati a conoscere tutto) ma smette di esserlo quando, pur di fronte a una non conoscenza dell’argomento, si continui ostinatamente a portare avanti opinioni che cozzano con la realtà dei fatti, riducendo una condizione clinicamente invalidante, almeno nei suoi stadi più gravi, al mero rango di “capricci” o di “pigrizia”.

Sarebbe stato apprezzabile, piuttosto, cogliere l’occasione per informarsi e imparare, mostrando quell’empatia di cui, nella circostanza, la Di Pietro ha evidenziato la carenza. Soprattutto perché, trattandosi di un’occasione pubblica, tutti avrebbero potuto approfittare dell’opportunità per fornire ulteriore educazione sul tema e sensibilizzare altre persone, mentre il messaggio generale che è passato suona, più o meno, come “l’endometriosi per te può essere seria, per me no, e comunque non è motivo per non mandarti a lavorare”.

Che in pratica distrugge anni di tentativi, prove e testimonianze passate a dimostrare la sofferenza enorme causata da questa patologia, che causa (leggiamo sempre dal sito del Ministero della Salute) “dolore mestruale, dolore durante i rapporti sessuali, dolore alla minzione e alla defecazione, a volte accompagnato dalla comparsa di sangue nelle urine o nelle feci. Il dolore può essere cronico e persistente, ma generalmente i sintomi si aggravano durante il periodo mestruale. Alcune donne lamentano astenia e lieve ipertermia, che può accentuarsi in periodo mestruale, e fenomeni depressivi “, oltre che “sub-fertilità o infertilità (30-40% dei casi) e l’impatto della malattia è alto ed è connesso alla riduzione della qualità della vita e ai costi diretti e indiretti“.

Neppure i due presentatori hanno in realtà dimostrato di poter reggere adeguatamente il tema, sia sghignazzando sommessamente per le infauste uscite della showgirl, sia cercando di reinterpretarne il pensiero. “Volevo chiederle, è impossibile andare a lavorare quando una soffre di endometriosi? Ci si riesce?” chiede uno dei due conduttori, e, quando Vania prova a spiegare che esistono quattro stadi della malattia, ciò che si sente in sottofondo è un “Vabbé“.

L’ha presa un po’ alla larga effettivamente [risponda] senza suddividere per stadi […] Probabilmente anche Carmen, e tanta altra gente all’ascolto, direbbe ‘Niente contro chi soffre di endo….eh…metriosi, ma a quel punto non dovrebbe lavorare magari nel pubblico’, nel senso che dovrebbe lavorare in altre strutture, ma così io non mi sento in dovere di pagare e sostenere la malattia di una persona che purtroppo soffre di questa patologia.

La chiosa della Di Pietro a un’altra ascoltatrice intervenuta in seguito per raccontare che lei, invece, al suo lavoro di autista di mezzi pubblici va eccome, nonostante il problema, che però non è a uno stadio elevato, è

Se hai un grado alto di endometriosi ti licenzi e non fai quel lavoro.

Insomma la questione è passata dal tentativo di raccontare una realtà che, evidentemente, è ancora ignorata dai più, a una sorta di aut-aut per cui se hai l’endometriosi non devi sceglierti determinate professioni; messaggio allucinante, la cui gravità sarebbe subito palese se parlassimo di altre patologie o invalidità, per le quali, per fortuna, abbiamo un sistema statale che, con tutti i limiti che conosciamo, si impegna per sostenere i lavoratori in difficoltà.

Ed è forse questa la dimostrazione più lampante del perché chi soffre di endometriosi faccia ancora così fatica nell’avere una diagnosi adeguata. L’idea che sia normale avere un ciclo mestruale doloroso è purtroppo un retaggio ancora troppo radicato.

Anche la senatrice del Movimento 5 Stelle Simona Nocerino, a questo proposito, ha ricordato la gravità della situazione delle malate di endometriosi nel nostro Paese, criticando le parole di Carmen Di Pietro.

Al di là poi della questione endometriosi, ricordiamo che il nostro Parlamento ha allo studio una proposta di legge per concedere il congedo mestruale a chi soffre di dismenorrea. Segno che non stiamo parlando solo di un “ciclo doloroso” che passa con un’aspirina, ma di qualcosa che impedisce ad alcune donne di condurre una vita normale e senza sofferenze.

Perciò, anche sorvolando sull’incongruenza di alcune affermazioni della Di Pietro, che si scaglia contro gli statali quando il nostro sistema di welfare supporta anche i dipendenti privati oppure che ignora che la richiesta di giorni di malattia deve pur sempre essere validata da un medico, che quindi è il solo qualificato a decidere l’incapacità o meno del paziente di lavorare, quello che davvero è inqualificabile è l’assoluta presunzione della donna di decidere per il dolore degli altri, senza nemmeno lo sforzo di informarsi o di dare credito al parere degli esperti. È ingiustificabile che pubblicamente si decreti quanto dolore una donna debba sopportare per essere “degna”.

Sicuramente è stata persa un’ottima occasione per educare, sia alla conoscenza della malattia che, cosa ancor più importante, all’empatia.

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