L’endometriosi è una malattia silenziosa ma estremamente invalidante per chi ne soffre; solo in Italia, circa 3 milioni di donne hanno ricevuto una diagnosi di questo tipo e, nel tempo, sono nate Fondazioni e associazioni dedicate proprio alla ricerca, alla terapia ma anche, semplicemente, al dialogo.

Perché molte delle donne che soffrono di endometriosi neppure lo sanno, proprio perché alla diagnosi si arriva, spesso e volentieri, solo dopo molti anni di valutazioni errate e di cure sbagliate, che non alleviano affatto i dolori.

Abbiamo raccolto la testimonianza di Tommaso Politano, che ci ha parlato della sua esperienza come esperto di comunicazione della Fondazione Italiana Endometriosi e della community Facebook che raccoglie le esperienze e le domande di molte donne affette dalla patologia; e proprio dalla community raccontiamo qui tre testimonianze particolarmente toccanti, che descrivono davvero quanto sia duro il percorso per arrivare alla giusta diagnosi e quanto la vita con l’endometriosi sia dura.

Vania: “Sono una donna curata, piacevole, ma non significa che non possa stare male”

Fonte: Tommaso Politano

Ho sempre avuto un ciclo mestruale molto doloroso, fin da ragazzina, ma mi sentivo dire che ne facevo un dramma. A diciotto anni ho iniziato ad assumere la pillola e i dolori sono diminuiti un po. Verso i trentasei anni, per svariati motivi, ne ho interrotto l’assunzione. Ed è iniziato il mio calvario. Ogni mese era sempre peggio e arrivavo a farmi fino a 5 iniezioni di Toradol al giorno per avere un po’ di tregua. […]

Il giorno del mio quarantesimo compleanno, un ginecologo esperto ecografista mi visitò e mi disse: ‘Lei ha l’endometriosi’. Endometriosi? E cos’è ? Mi spiegò che dall’ecografia vedeva una massa enorme diffusa ovunque e mi consigliò di contattare subito un centro specializzato nella cura di questa patologia. Mi consigliò di farlo in fretta.

Intanto la malattia era peggiorata velocemente: entravo ed uscivo dal pronto soccorso, avevo un’emorragia da più di due mesi, febbre continua, trascinavo la gamba sinistra e il dolore quotidiano era insopportabile. Presi appuntamento a Peschiera del Garda. La visita fu
una mezza sentenza di morte: endometriosi quarto stadio, diffusa ovunque: intestino, utero, ovaie, legamenti, nervi sacrali, vescica. Il medico mi disse che avevo poco tempo, la malattia stava attaccando il rene sinistro. Ero smarrita, in lacrime. Ventisei giorni dopo, il 26 febbraio 2013, entravo in sala operatoria. Pesavo 42 chilogrammi.

Dopo sei ore di intervento, Vania rimane in coma farmacologico per trentasei ore, e si risveglia con la stomia, “la cosa più dura da accettare“.

Un anno e mezzo dopo mi è stato inserito un neuromodulatore nella schiena perché i miei nervi sacrali erano stati così danneggiati dalla malattia che non sentivo più nessuno stimolo per evacuare. Sono stata quattro mesi con un macchinario provvisorio attaccato esternamente al mio corpo. Dopo questo periodo di prova mi è stato impiantato il neuromodulatore definitivo, all’interno della schiena.
Mi è stata riconosciuta un’invalidità dell’80% e lo stato di handicap. 

In tanti non hanno creduto alla gravità della mia malattia perché mi presento bene: sono una donna piacevole, curata, vestita bene, e questo, per qualcuno, significa che non posso stare male. Eppure il dolore fisico e morale che ho patito e che patisco è inimmaginabile.
Ho perso il lavoro. Sono stata licenziata con una scusa meschina ma il motivo è la
malattia. Hanno sempre creduto che esagerassi, che fingessi. […] L’endometriosi ti lascia senza fiato, sola, incompresa. Perché non si vede. Fuori sei bella, dentro hai l’inferno.

Sono passati cinque anni dal mio intervento e ho ancora i brividi ricordando quel giorno: la notte insonne all’ospedale, con mia sorella accanto, la barella che mi portava verso la sala operatoria, le lacrime del mio fidanzato che mi dava ancora un bacio prima di affidarmi ai dottori.

È difficile la comprensione di questa malattia da parte di chi non ne soffre perché è una malattia che non si vede. Quindi, se una cosa non si vede, semplicemente non cè.

Noi malate di endometriosi ci abituiamo così tanto al dolore che questo diventa parte della nostra quotidianità, ci sembra normale. E non è un dolore sopportabile. Si dice che nella scala dei dolori quello dell’endometriosi in forma grave sia uno dei primi in classifica”.

Tutti i giorni. Tutto il giorno.  Un dolore che ti rimbomba dentro. Che ti lascia senza fiato. Sempre. Ventiquattro ore su ventiquattro.
A questo si aggiunge l’incomprensione. La frase che più mi ha scioccata è stata: ‘Tu prendi questa malattia troppo sul serio’.
Non hanno capito che, a volte, il dolore più grande è quello urlato in silenzio.

Jessica, che ha dovuto rinunciare al sogno di diventare mamma

Fonte: Tommaso Politano

La mia ‘convivenza’ con l’endometriosi quasi sicuramente è iniziata quando avevo 12 anni.
Già dalle prime volte che mi veniva il ciclo avevo dolori alla pancia e non potevo mangiare e bere altrimenti vomitavo, l’unica cosa che potevo fare il primo giorno di ciclo era rimanere sdraiata a pancia in giù per sentire meno dolore.

Con il passare degli anni il dolore si faceva sentire sempre di più e così mia mamma mi portò a fare una visita ginecologica e la risposta fu: ‘Tranquilla signora, tra qualche anno, quando il ciclo si sarà regolarizzato, sua figlia starà meglio’.

[…] A 23 anni mi rivolgo ad un altro ginecologo, anche perlui non avevo nulla, mi ha fatto fare una serie di analisi del sangue ed era tutto ok, a quel punto mi disse che per scoprire il motivo dei miei dolori l’unica ‘soluzione’ era fare una laparoscopia esplorativa. Fu così
che a dicembre del 1998 entrai in sala operatoria e una volta uscita sentii per la prima volta la parola endometriosi. Mi disse che aveva pulito meglio che poteva i focolai di endometriosi ma che avrei potuto avere problemi di concepimento nel momento in cui avessi cercato una gravidanza“.

Negli anni, all’endometriosi si aggiunge l’adenomiosi, e Jessica decide di ricorrere all’isterectomia.

Purtroppo l’endometriosi non mi ha fatto coronare il sogno che avevo fin da bambina, diventare mamma. A distanza di quasi 3 anni non ho ancora accettato l’isterectomia e il fatto che non potrò portare in grembo un figlio mio, ma purtroppo l’endometriosi non guarda in faccia nessuno e, oltre a non aver dato la possibilità a molte ragazze di diventare mamma, l’endometriosi ha rovinato la vita a molte ragazze (anche giovani) che devono convivere con gravi conseguenze e oltre a perdere compagni di vita e amicizie, hanno perso il lavoro.

Giovanna, il coraggio di volere una diagnosi a tutti i costi

Fonte: Tommaso Politano

La prima mestruazione l’ebbi all’età di 13 anni, qualche giorno prima del mio compleanno. Ricordo molto bene quel pomeriggio. Il ritorno da scuola, la commozione di mamma, ‘Ora sei una signorina’ mi ripeteva abbracciandomi, quella sensazione di orgoglio misto ad eccitazione, il sentirsi ‘grande’. […] Ho cominciato ad avere i primi disturbi durante il ciclo mestruale circa due, tre anni dopo il menarca. Mese dopo mese i dolori cominciavano a farsi sempre più intensi, e non riuscivo proprio a darmi pace. ‘È normale avere dolori, tutte soffrono durante le mestruazioni!’ […]

Intanto i mesi passavano, in quel periodo frequentavo un ragazzo conosciuto a scuola, quello che poi divenne il mio attuale marito. Doveva essere un periodo felice, vissuto con la classica spensieratezza di una sedicenne che si ritrovava a vivere quello che si è poi dimostrato l’unico vero grande amore. Invece no… Fu il periodo penso più brutto della mia vita! Il dolore ormai non coincideva più con i soli giorni del ciclo…

Cominciarono le nausee, la stanchezza cronica, il dolore alle gambe, in alcuni giorni davvero insopportabili, dolori pelvici, e ancora dolori e coliche addominali che non mi davano tregua… Cosa mi stava succedendo?! Da lì iniziarono una serie di corse al pronto soccorso, dove puntualmente venivo dimessa con la stessa diagnosi: disturbo d’ansia e attacchi di panico. ‘È tutto nella tua testa!’, mi dicevano… ‘Lei è sana come un pesce, non si faccia venire mali che non ha!’

‘È tutto nella mia testa… È tutto nella mia testa…’ Questa frase me la sarò ripetuta non so quante volte, fino a convincermi che fosse davvero così, che tutti i miei dolori erano causati da disturbi psicologici, cominciando così ad assumere psicofarmaci su indicazione medica. Ricordo il senso di vuoto che provavo in quel periodo, trascorrevo i giorni chiusa in me stessa, avevo perso completamente il sorriso, ero diventata una persona apatica, scontrosa, non mi riconoscevo più.

[…] Nel 2015, all’età di 25 anni, rimasi incinta, ma purtroppo la gioia immensa del vedere finalmente quelle due benedette linee rosa, lasciò presto spazio allo sconforto più totale. Ebbi un aborto spontaneo nelle prime settimane e durante la visita in pronto soccorso si accorsero di una ciste ad un ovaio che avrei dovuto far rivalutare poi.

Non so dire cosa scattò da quel momento nella mia testa, forse la voglia di rialzarmi in fretta, la voglia di riprendere in mano la mia vita, mi diedero una scossa. Con la giusta caparbietà e con l’appoggio del mio compagno, ripresi ad effettuare una serie di visite gastroenterologiche, neurologiche e ginecologiche, ma nulla sembrava dare una spiegazione a quelli che erano i miei disturbi. La mia ostinazione mi portò così a effettuare varie ricerche sul Web e, tutti i miei sintomi, tutti quei dolori che per anni mi davano il tormento, portavano ad un’unica voce: endometriosi.

[…] Adenomiosi ed endometriosi profonda quarto stadio, l’ultimo di questa malattia tremenda, malattia che mi aveva portato via il sorriso per anni.
Io ero 1 su 10, sì perché oggi si stima che proprio 1 donna su 10 venga colpita da questa malattia infame e la maggior parte di queste donne trascorreranno anni di dolore prima di arrivare ad una diagnosi certa. Per me ce ne vollero circa 10.

Non so spiegare cosa provai leggendo l’esito della risonanza magnetica. Prevaleva però un senso di leggerezza, una sorta di rivincita, non ero matta, i miei dolori erano reali, non erano completamente frutto della mia testa, ora sì che avevano un nome!
La diagnosi trovò conferma nel giro di pochi mesi con l’intervento.

I medici mi spiegarono che se io e colui che nel frattempo divenne mio marito, avessimo voluto cercare nuovamente una gravidanza, questo sarebbe stato sicuramente il momento migliore e così, nonostante le pochissime aspettative (del resto si sa una delle cose che questa bastarda di una malattia spesso ti porta via è proprio la possibilità di avere un figlio), dopo 5 mesi dal mio intervento, arrivò il test positivo. Non nascondo di aver passato una bruttissima gravidanza, dove rischiai di perdere la mia creatura, quella che oggi stringo tra le mie braccia, il mio miracolo“.

Oggi ricomincio da qui. I dolori purtroppo non mi hanno mai abbandonata. Sono sotto terapia del dolore severo tramite analgesici oppioidi, e sotto terapia ormonale con pillola continuativa che mi blocca il ciclo mestruale, con non pochi effetti collaterali. […] Purtroppo continuerà ad avere un effetto negativo sulla mia vita, accompagnandomi per sempre, perché l’endometriosi è una malattia cronica e ad oggi non esiste cura!

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