La malattia mentale, diciamoci la verità, è una di quelle cose ancora estremamente stigmatizzate a livello sociale; chissà perché, quasi sempre associata, in maniera iconica, a un’immagine, una suggestione visiva.

I “malati mentali”, è bene dirlo casomai la questione non fosse ancora chiara, non sono quelli che se ne vanno in giro con le camicie di forza o dicono di vedere mostri e scenari apocalittici; la malattia mentale, sia essa depressione, ansia, bipolarismo, disturbo borderline, ha volti e facce diverse, spesso “insospettabili”, non è univoca e le persone che ne soffrono non verranno da voi dicendovi “Ehi ciao, sono un bipolare/ansioso/ossessivo compulsivo!”. Quindi levatevi dalla testa l’idea che una persona affetta da uno di questi disturbi sia chiaramente riconoscibile, che la si individui a occhio nudo e fin dalla prima impressione, perché non è così.

Sull’altro fronte, però, e proprio in virtù di questo, è altrettanto vero che le persone con disturbi mentali non possano permettersi il “lusso” di adagiarsi nella propria condizione come qualcosa di immutabile e statico, sempiterno e fisso. Perché guarire dai propri demoni si può, e Simone, che da anni lotta in prima persona contro la sua, di malattia, con questo post pubblicato su Facebook ci ha aperto gli occhi proprio su quanto sia importante la presa di consapevolezza del malato, su quanto il primo passo, da parte sua, sia fondamentale per intraprendere il percorso di guarigione.

[…] Colgo questa occasione per dire solo una cosa, un microscopico consiglio: fatevi aiutare, come se aveste la polmonite, davvero, sono cose che si curano. Il cervello è un organo che si ammala e si cura. L’unico problema è che ammalandosi si protegge dal farsi curare e ci convince che non ci sia più niente da fare. Non è così, non è così.

E voi, che ci state attorno, dovete portare pazienza. Le cose sono sempre più lunghe, più complesse e meno chiare di quello che sembra. Dovete portare più pazienza di quanta ne avete. Se non siete in grado, trovate un modo. Qualunque modo fuorché stimolarci a stare bene. La varicella non passa se ti impegni, ti passa quando ti passa, cioè quando la curi e tutto l’ecosistema ti dà una mano ad essere più forte del virus. È uguale.

Perché dirsi “Sono malato”, non è una vergogna, né uno stigma, per quanto culturalmente persista un pregiudizio invadente e odioso che nemmeno lui sa spiegarsi. Ce lo dice quando lo raggiungiamo al telefono, incuriosite proprio da quelle parole che, per quanto dure, dirette e senza edulcorazioni arrivano dritte al nocciolo del problema, rivelando quello che ogni malato, forse, non può o non vuole vedere: che la guarigione è possibile, se si lavora per ottenerla.

“Non capisco perché se uno ha un problema al rene può andarsene in giro tranquillamente dicendo ‘Ho un problema al rene’,  mentre se il problema è nel cervello allora ci si sente in obbligo di tacere”.

Come se ci fosse qualcosa di sbagliato, di “perverso”, nella malattia mentale. Una sorta di caccia alle streghe moderna, di demonizzazione del problema che sicuramente si porta appresso secoli di retaggi e convinzioni connesse strettamente con l’ignoranza popolare di un tempo, la religione e la paura dello sconosciuto, di qualcosa che è di difficile interpretazione.

“Un tempo bastava mostrare qualche sintomo per ritrovarsi il prete a casa che ti faceva l’esorcismo – scherza, ma nemmeno troppo, Simone – Quindi sì, credo che la religione abbia influenzato notevolmente il tipo di ‘educazione’ che la gente ha sulle malattie mentali. Ma noi, nonostante tutto, siamo fortunati, non abbiamo la stigmatizzazione che esiste in altre parti del mondo”.

Capisce l’impreparazione delle persone di fronte al problema, dice, ma non sopporta la superficialità nell’approccio con una persona che ha disturbi mentali.

C’è gente che di fronte a un depresso dice ‘Ma dai, tirati su!’, oppure ‘Sei schizofrenico, quindi sei matto’. Senza capire il male che, involontariamente, può causare. Senza capire che il tipo di aiuto di cui queste persone necessitano è diverso, altrimenti meglio non fare niente. Quando io sono andato in analisi, dopo che tutte le mie basi sono crollate e ho accettato di rimettermi in discussione, non ci sono andato aspettandomi delle risposte, ma delle conferme. È il malato a sapere esattamente cos’ha, quali sono i suoi sintomi, e dall’analista vuol soltanto sentirsi dire ‘È vero, hai ragione’. Con me è successo questo.

Simone non ha mai percepito se stesso come una persona che può “ispirare” gli altri, non vuole dare insegnamenti né fare la morale, ma sicuramente, spiega, non si tirerebbe indietro se gli capitasse di dover aiutare qualcuno.

“Se vedessi un amico che sta male, avendolo vissuto in prima persona, sarei in grado di dirgli ‘Sai, ho notato questi segnali’. Dopodiché il lavoro spetta a lui. Io oggi sono molto consapevole, sia di ciò che ero che di ciò che sono, è una consapevolezza che ho costruito con il tempo, rinunciando anche a una parte di me che, per quanto mi piacesse, mi faceva stare troppo male. A quel tempo ero in grado di suonare il piano anche per dieci ore di fila, ora non lo faccio più, ma sto meglio avendo relegato quella parte di me in un angolo.

Ho scelto di essere una persona risolta, che non ha il bisogno di giustificarsi con tutti. Io amo le mie debolezze, mi rendono quello che sono, e chi punta a colpirmi proprio lì, nei miei lati deboli, definisce se stesso, non certamente me.

So perfettamente selezionare le cose da dire perché so già dove ho sbagliato, e mi presento in una maniera che mi rappresenta al 100%. Se il mio atteggiamento viene travisato, amen, non me ne faccio un problema”.

La forza delle parole di Simone sono il segnale più chiaro e inequivocabile che della malattia si diventa schiavi e dipendenti solo se glielo si permette; quindi, per riassumere il suo messaggio, datevi da fare, muovetevi, imparate a volervi bene. E fregatevene del giudizio, perché, come si curano gli altri organi, anche il cervello si può curare.

Non vergognatevi, smettete di scusarvi, se si offendono si disoffenderanno, avete già il vostro casino, occupatevi di quello, va tutto bene.

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