Kathy Ryan: "Ho l'Alzheimer anche se sono giovane, ma sono ancora qua e ho ancora sogni"

"Immaginate cosa significa non riconoscere più lo spazzolino da denti". Quella di Kathy Ryan, malata di Alzheimer, è una vera testimonianza di forza e volontà. Lei, infatti, ha deciso di non lasciarsi sopraffare dalla malattia, e di vivere, nonostante tutto.

Vi chiedo di immaginare il seguente scenario: vi trovate nel vostro bagno con in mano uno dei 3 spazzolini da denti; non avete la più pallida idea di cosa farne o come si usa. Come se non bastasse, non vi ricordate più come si chiama l’oggetto che stringete nelle vostre mani“.

Era il 2017, e Kathy Ryan esordiva così nel suo discorso all’Alz Talks dedicato alle testimonianze di persone con Alzheimer e altre forme di demenza, tutte appartenenti all’associazione Alzheimer Society of Ireland. Lei, una dei 5000 malati di Alzheimer in Irlanda, ha ricevuto la sua diagnosi nel 2014, appena cinquantaduenne, e in occasione di quella giornata così importante ha deciso di aprire il proprio cuore parlando pubblicamente di quanto la malattia le avesse cambiato la vita, ma al contempo anche di quanto fosse determinata a lottare per vivere la migliore esistenza possibile.

Il tempo si ferma e lascia il posto a una voragine aperta che si affaccia sul nulla – prosegue Kathy nel suo discorso – Non capite cosa sta succedendo… O cosa c’è che non va… Non sapete se le cose torneranno alla normalità.

Questo è l’Alzheimer.

Ora provate a immaginare: avete lasciato l’auto nel parcheggio locale della vostra città; vi siete scritti la vostra lista di cose da fare e, cosa ancora più importante, avete con voi la lista perché stavolta non l’avete dimenticata sul tavolo della cucina. Sta andando tutto bene. Poi nel giro di pochi minuti ricevete un sms, un amico vi chiama al telefono, qualcuno vi dice ‘Ciao’ ma non riuscite a riconoscere immediatamente la sua voce.

In quei pochi istanti vi assale una confusione che vi fa sentire disorientati e sopraffatti. A questo punto vi chiedete dove siete… Siete a casa vostra o in qualche altro luogo nelle vicinanze? Tutto ciò che vi familiare vi è diventato sconosciuto in un modo così inquietante da spaventarvi profondamente.

Questo è l’Alzheimer.

Più tardi andate a fare la spesa e incontrate un vostro conoscente che vi volta le spalle dall’imbarazzo. O forse lo fa perché ha paura. Andate a casa tristi e confusi. Vi chiedete se non sarebbe meglio lasciar perdere e rassegnarsi a rimanere a casa.

Questo è l’Alzheimer. Questa è la mia storia.

Kathy ricorda il momento preciso in cui ha capito che in lei c’era qualcosa che non funzionava come avrebbe dovuto.

[…] i miei figli sistematicamente completavano pezzi di frasi per me, pronunciavano per me le parole o il nome degli oggetti che non riuscivo a ricordare e mi limitavo a indicare, come ad esempio aspirapolvere, chiavi o scopa.

Mi sono accorta che ripetevo sempre le stesse domande: Quando giochi la prossima partita? A che ora devo venirti a prendere? Che materie avevi oggi? Mi sorprendevo quando mi accorgevo della loro frustrazione e confusione quando rispondevano alla stessa domanda per l’ennesima volta. Mi chiedevo continuamente perché non riuscivo più a ricordare semplici dettagli o fatti della mia vita.

Certamente, però, a soli 52 anni l’idea di poter essere malata di Alzheimer non sfiorava minimamente la madre single: eppure, impietosa, la diagnosi arriva il 23 gennaio 2014, e conferma quanto Kathy sapeva già dei problemi di memoria che aveva notato da diverso tempo.

Lei, che aveva studiato a lungo per diventare una life coach, che si era ritrovata sola con due figli appena adolescenti, che aveva visto morire la madre per cancro e il padre ammalarsi di demenza vascolare, di colpo si è trovata a doversi occupare di se stessa. A prendere coscienza del suo problema, ad accettare di farsi aiutare e non solo di aiutare gli altri.

[…] Fu solo quando incontrai l’infermiera che mi aveva in carico nel parcheggio dell’ospedale che mi resi conto che c’era qualcosa che non andava. Si scusò per non aver potuto partecipare all’incontro che avevo appena terminato. Le risposi che non si doveva preoccupare, era tutto ok. Ma lei si scusò di nuovo e in quel momento mi resi conto che forse c’era qualcosa che non avevo capito, oppure che non mi avevano detto tutto. Perciò le chiesi: ‘Mi sta dicendo che ho l’Alzheimer?’ Sì, rispose lei.

In quel momento tutto il mio mondo venne distrutto. Scoppiai a piangere chiedendomi come poteva succedere una cosa del genere… Come avrei fatto ad affrontare tutto questo? Come avrei fatto a dire ai miei ragazzi che la loro mamma sarebbe lentamente scomparsa e che un giorno – tra un anno, tra due o cinque anni – non li avrei più riconosciuti? Era ancora studenti… Erano così giovani!

Quel giorno, mentre guidavo per andare a prendere mio figlio, continuavo a pensare di avere ancora 8-12 anni prima di cominciare a scomparire, prima di andare in pezzi e smettere di essere Kathy.
Per allora mio figlio maggiore avrebbe finito l’università, avrebbe avuto una fidanzata o forse sarebbe stato già sposato. Mentre mio figlio Matt avrebbe avuto 25 anni…

I medici, però, smentiscono le previsioni di Kathy, le spiegano che sarebbe potuta peggiorare nel giro di soli 3 anni a causa di altre complicazioni mediche che avevano rilevato nelle analisi. Secondo le loro analisi, era molto probabile che la malattia stesse progredendo già da qualche anno.

Il ladro silenzioso ‘Alzheimer’ mi aveva rubato ancora più tempo prezioso di quanto pensassi.

Dopo i primi momenti di sconforto, però, Kathy decide di non cedere.

Il giorno della diagnosi presi la decisione che non mi sarei data per vinta senza combattere fino in fondo. Nessun professionista o medico poteva dirmi quanti giorni avevo ancora da vivere – solo Dio può saperlo.

[…] Se mi concentro solo su quanto di negativo può accadermi in futuro, perdo di vista ciò che per me è importante oggi. Non permetterò a questa malattia di portarmi via con sé prima del dovuto. […] La mia vita è cambiata, ma ha ancora un significato e uno scopo. Posso ancora vivere, ridere, perfino godermi un bicchiere di vino… Sono ancora Kathy, sono un po’ cambiata ma sono ancora la stessa.

Molte persone mi hanno detto ‘Non sembri una persona che ha una demenza’.
Ma vorrei chiedere a chiunque ‘Che aspetto dovrebbe avere la demenza?’

Oggi sono qui per chiedere a tutti voi: se conoscete qualcuno che ha l’Alzheimer o una demenza, oppure se conoscete qualcuno che si prende cura di una persona che ha questa malattia, per favore non allontanatevi, non evitateli.

Se conoscete qualcuno con l’Alzheimer non smettete di chiamarlo. Anche se all’inizio può fare fatica a riconoscervi, invitatelo a uscire per bere qualcosa insieme oppure al ristorante, se ancora gli è possibile. Oppure invitatelo a bere un caffè”.

Oggi Kathy ha smesso di lavorare ma si occupa di volontariato, fa attivismo per cercare di sensibilizzare sul tema. Nel 2019 ha rilasciato un’intervista per l’Independent, in cui ha parlato del rapporto con i due figli, che oggi hanno 21 e 23 anni e anche di come continua ad affrontare la vita.

“So che sto morendo. La mia vescica non funziona più. Il mio intestino non funziona più. So che ci sarà un giorno in cui non riconoscerò i miei figli .

[…] Ci sono cose che riconoscono che non posso fare. Dico sempre a loro, le cose difficili capitano a tutti noi, ma ogni giorno hai la possibilità di scegliere se sederti sul sedere o provare a farcela”.

Kathy ha dimostrato una volta di più la sua forza immensa rivelando che farà il cammino di Santiago: percorrerà infatti parte dello storico cammino di pellegrinaggio in un viaggio di 115 km da Sarria a Compostela, con il presentatore di TV3 Deric Ó hArtagáin e l’Alzheimer’s Society of Ireland, a settembre.

Questa sfida dimostra che le persone con demenza possono ancora fare le cose che le altre persone possono fare. Non vedo l’ora di seguire un programma di formazione nei prossimi mesi e di prepararmi per la sfida.

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