L’intolleranza al lievito è un disturbo comune che si manifesta come una difficoltà del nostro corpo a digerire il lievito di birra e i prodotti che lo contengono. Non è causata da un deficit enzimatico come quella al lattosio, non è un’allergia perché non si ha una risposta immunitaria contro il cibo assunto e nemmeno alla presenza di sostanze specifiche, come accade ad esempio con l’istamina presente nel tonno e nelle fragole.

L’intolleranza al lievito non è stata accertata scientificamente, tuttavia è un disturbo a tutti gli effetti che si cura eliminando gli alimenti incriminati. Più che la presenza del lievito è un problema causato alla lievitazione troppo veloce che porta a una seria difficoltà nel digerire adeguatamente alcuni alimenti come pane e pizza.

Vediamo cosa causa l’intolleranza, come si manifesta e come diagnosticarla per stare meglio.

Le cause dell’intolleranza al lievito

L’intolleranza al lievito è non è per definizione medica una vera e propria “intolleranza alimentare“, ed è indicata infatti come disbiosi intestinale della flora batterica. Il nostro intestino è colonizzato da una serie di microorganismi come funghi e batteri che costituiscono la flora intestinale. Questo elemento del nostro organismo è molto importante, perché, se corretto ed equilibrato, aiuta ad assimilare sostanze che non riusciamo a digerire, e favoriscono il metabolismo.

Le alterazioni alla flora intestinale causano problemi di varia natura, tra cui squilibri al sistema immunitario, infezioni genitali o urinarie, e anche intolleranze.

Il lievito, e gli alimenti che lo contengono, facilitano la crescita di sostanze fungine nell’intestino, e in questo modo possono causare uno squilibrio della flora intestinale. Questo squilibrio porta a difficoltà nel metabolizzare e digerire il cibo assunto, e a quella che viene definita intolleranza al lievito. Non esistono vere e proprie cause: principalmente, il problema è causato dall’elevata assunzione di alimenti contenenti il lievito di birra e fermentati.

Uno stile di vita particolarmente sedentario, il consumo eccessivo di alcolici, e l’utilizzo di alcuni farmaci che intaccano la flora batterica come gli antibiotici, i corticosteroidi e le terapie ormonali si sono inoltre dimostrate possibili fattori di insorgenza dell’intolleranza.

In ogni caso, qualsiasi azione e scelta alimentare che vada a modificare in qualche modo la popolazione della flora intestinale può portare ai sintomi di intolleranza al lievito che vedremo di seguito.

I sintomi dell’intolleranza al lievito

intolleranza al lievito
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Non è semplice riconoscere l’intolleranza al lievito, che spesso si manifesta come difficoltà a digerire e con sintomi non molto specifici. In alcuni casi invece può presentarsi con effetti anche molto fastidiosi e influenzare negativamente la qualità della vita, se non diagnosticata correttamente. I sintomi principali sono:

  • forte sete, senso di dover bere molto per riuscire a digerire il cibo assunto;
  • stanchezza e spossatezza, uno dei primi segnali a manifestarsi, ed è ciò che la accomuna alle intolleranze alimentari. Il sistema immunitario si attiva per rispondere al problema causato dall’ingestione dell’alimento non accettato dal corpo, in questo caso del lievito, e per questo ci si sente stanchi, privi di forze e di energie;
  • difficoltà di digestione, proprio perché le funzioni digestive e in generale di tutto l’organismo sono rallentate dalla risposta immunitaria e dalla “lotta” interna contro il lievito. Per questo è facile provare senso di pesantezza e tutti i segnali legati a una cattiva digestione, come alito pesante, nausea e gonfiore;
  • il gonfiore addominale infatti è un altro sintomo proprio dell’intolleranza al lievito, accompagnato spesso da fenomeni di meteorismo, diarrea o, viceversa, stitichezza;
  • mal di testa, perché la disbiosi intestinale agisce anche sul rilascio di serotonina, abbassandone i livelli, causando a sua volta possibili sintomi di natura psicologica e neurologica, come depressione, insonnia, emicrania e ansia;
  • tutti questi sintomi possono causare anche nervosismo diffuso.

I test e la diagnosi

Una corretta diagnosi dei sintomi, effettuata dal medico, è importante, perché permette di agire, eliminando per un periodo di tempo gli alimenti contenenti il lievito. Tuttavia, non esiste un vero e proprio test per riconoscere l’intolleranza al lievito. Il medico può agire quindi facendo innanzitutto i test per l’allergia al grano, in modo da escludere eventuali celiachia o altre intolleranze. Esistono inoltre test che valutano la composizione microbica intestinale.

Si può così avere un’immagine istantanea del rapporto tra le varie popolazioni di microrganismi nel nostro intestino, e comprendere così eventuali squilibri che causano l’intolleranza al lievito.

La diagnosi più sicura si ha in ogni caso facendo delle prove, con una dieta che esclude il lievito di birra, per almeno 15 giorni. In questo modo, il corpo si depura, l’intestino riprende a funzionare e i sintomi gradualmente spariscono, dopodiché si prosegue con una rieducazione alimentare con lo scopo di riprendere a mangiare i prodotti che contengono il lievito, ma con alcune accortezze.

Quali alimenti si devono evitare?

intolleranza al lievito
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Con l’intolleranza al lievito è bene fare attenzione a come inserire questa sostanza nell’alimentazione. Il problema infatti non è tanto l’ingrediente in sé, quanto il modo in cui viene utilizzato. È bene sapere quali alimenti evitare e quali invece si possono consumare.

Da escludere sono sicuramente prodotti da forno a lunga conservazione, riducendo al minimo anche il pane e la pizza acquistati in panifici e pizzerie. Nella maggior parte dei casi utilizzano dosi considerevoli di lievito di birra per accelerare i tempi di preparazione.

Oltre a prodotti da forno, tra cui anche grissini, cracker, fette biscottate, biscotti, torte, salatini e snack, sono da evitare anche bevande alcoliche come birra e vino, altre bevande fermentate e latticini. Anche altri alimenti meno scontati potrebbero contenere lievito: margarine, aceto, salsa di soia, tofu, maionese, dadi per brodo, funghi, spezie, verdure in scatola, carni affumicate, frutta secca ed alcune bibite gassate.

Una soluzione per non dover escludere completamente questi prodotti è preparare tutto in casa usando il lievito madre o prediligere i prodotti da forno freschi a lievitazione naturale. Oppure anche quelli con lievitazioni molto lunghe. La lievitazione lunga e lenta permette di avere ottimi risultati, sia in termini di gusto che di digeribilità. In ogni caso, di solito l’intolleranza al lievito rientra da sola, pertanto, dopo un periodo in cui si esclude il lievito dall’alimentazione, si può reintegrare a piccole dosi.

Come sostituire il lievito nelle ricette

Il lievito di birra si può sostituire con il lievito madre fresco oppure con il licoli che sono degli impasti fermentati in cui si sviluppano batteri e fermenti lattici che favoriscono la lievitazione naturale. La lievitazione naturale è più digeribile e sana ma i tempi sono molto più lunghi, più o meno triplicati rispetto al lievito di birra, quindi se volete cimentarvi a casa con queste preparazioni dovete tener conto del fattore tempo ed organizzarvi di conseguenza.

Il lievito madre e il licoli differiscono solo per la quantità di acqua: il primo è un impasto semisolido, il secondo ha invece una consistenza cremosa, ma le modalità di utilizzo sono uguali. Si sconsiglia di utilizzare il lievito madre secco perché contiene il lievito di birra.

Un’altra possibile alternativa per chi soffre di questo tipo di intolleranza alimentare è data dal cremor tartaro, una sostanza utilizzata solitamente per i dolci ma che può essere impiegata anche nelle preparazioni salate, come pane e pizza.

Anche il bicarbonato viene utilizzato in cucina in sostituzione al lievito, circa un cucchiaio al posto di una bustina di lievito. A seconda di cosa si va a preparare, che sia dolce o salato, nelle ricette consigliano le dosi esatte. In alternativa al bicarbonato, per la preparazione di dolci, specialmente biscotti, si può usare l’ammoniaca per dolci, che è insapore, anche se rilascia un po’ di odore in cottura, che poi sparisce.

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