Le questioni ambientali sono ormai sotto l’occhio di tutti, e il tema dello sviluppo sostenibile è finito nell’agenda delle Nazioni Unite come obiettivo da raggiungere entro il 2030, articolato in un programma da 169 target e che prevede il coinvolgimento di 193 Paesi membri.

Figure come quella di Greta Thunberg hanno svolto un ruolo fondamentale per sensibilizzare anche i più giovani sull’argomento, mentre giornate come l’Overshoot Day, ovvero il giorno in cui la Terra esaurisce le sue risorse annuali, danno un quadro gravemente concreto rispetto alle condizioni del nostro pianeta.

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La domanda che tutti più o meno ci poniamo è una sola: cosa posso fare io per l’ambiente?

Beh, se può tranquillizzarvi nessuno vi chiede di imbarcarvi su una nave di Greenpeace o di andare a piantare alberi in Patagonia, visto che ovviamente non tutti abbiamo le possibilità e le condizioni necessarie per farlo; in realtà per dare una svolta e aiutare l’ambiente e, di conseguenza, il pianeta che abitiamo è sufficiente un impegno decisamente più piccolo, che spesso passa anche dalle nostre abitudini di tutti i giorni, comprese quelle alimentari.

Sempre di più, ad esempio, sono i vegetariani e i vegani, che alle ragioni etiche della loro scelta uniscono anche quelle di utilità per il pianeta, consci del fatto che il cibo di origine animale sia responsabile di un quarto di tutte le emissioni di CO2 mondiali: i dati più recenti parlano di 75 milioni di persone che, a livello globale, hanno adottato questo modo di vivere.

Ma c’è un’altra categoria di persone particolarmente orientata alla difesa dell’ambiente, quella dei climatariani.

Storia e origini dei climatariani

Sicuramente curioso è il nome, climatariani, che è la trasposizione italiana più vicina all’originale inglese, visto che, come sappiamo, non tutte le parole anglosassoni sono perfettamente traducibili. Il termine climatarian è infatti comparso in un articolo del quotidiano americano New York Times sulle nuove parole del 2015 legate al cibo.

In questo senso climatarian è andato a sostituire ecotarian, probabilmente usato per la prima volta nel 2005 da un gruppo di ricercatori dell’università di Oxford e successivamente ripreso in un articolo del quotidiano britannico Times scritto da Tony Turnbull nel 2008, per indicare chi si nutre di alimenti prodotto in modo sostenibile, parola mai veramente ben attecchita fra gli ambientalisti.

Cosa mangiano i climatariani?

La domanda più interessante è sicuramente questa: il dibattito sul clima e su cosa sia “giusto” mangiare è infatti sempre più aperto, tra quanti sostengono che senza derivati animali gli uomini non possano vivere e chi invece sostiene l’alimentazione totalmente plant-based.

Al di là delle singole convinzioni personali, e dei motivi per cui si compiono determinate scelte, ovviamente, è certamente coinvolgente cercare di capire come le persone portano avanti le scelte che compiono.

I climatariani partono dal presupposto di nutrirsi di cibi che, come suggerisce facilmente il nome, rispettino l’ambiente, e siano quindi caratterizzati da un percorso di lavorazione e di trasporto sostenibili, e da una bassa quantità di emissioni prodotte. Come detto il 14,5% del totale delle emissioni di CO2 è prodotto dagli allevamenti intensivi di animali e dai caseifici. I climatariani si aggiungono quindi a reducetariani (chi mangia prodotti animali a quantità ridotta), pescetariani (chi mangia solo pesce), vegetariani e vegani.

Prodotti a km 0, biologici, pochissima carne o persino nessuna tipologia di carne in tavola, la dieta dei climatariani ha davvero un occhio di riguardo per l’ambiente.

Come diventare climatariano

Come si diventa climatariano? Come vale per ogni altra cosa che si scelga di essere il tutto nasce prima di ogni cosa da un percorso interiore che porta ad avere una particolare sensibilità per il tema dell’ambiente e dell’ecosostenibilità; non ci sono “dritte” su come diventare climatariani, ma certamente accorgimenti che, se vi stanno a cuore, potrebbero definirvi o portarvi sulla strada del “climatarianesimo”.

Ad esempio:

  • preferite mangiare i cibi di stagione e prodotti localmente, al fine di ridurre l’energia usata per i trasporti.;
  • avete ridotto in maniera drastica o del tutto il consumo di carne per limitare le emissioni di gas serra causate dagli allevamenti intensivi;
  • usate ogni parte degli ingredienti per evitare lo spreco di cibo;
  • acquistate prodotti che abbiano il packaging più semplice possibile, così da limitare al minimo rifiuti ed energia impiegata per realizzarli;
  • preferire frutta e verdure biologiche.
  • rivolgersi a servizi che offrono prodotti già selezionati in base a questi criteri.

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