La pandemia di Covid-19 ha ripensato il nostro modo di vivere, e quindi anche di lavorare; anche se siamo, purtroppo, nel pieno di una crisi economica di dimensioni colossali, con milioni di persone che a causa dell’emergenza sanitaria hanno perso il lavoro, chi ha mantenuto il proprio impiego durante il lockdown in molti casi ha dovuto imparare un nuovo modo di lavorare, quello dello smart working, ormai diventato una prassi comune per moltissime persone.

A prima vista il “telelavoro” sembrerebbe avere solo lati positivi: significa infatti lavorare nel proprio ambiente domestico, potendosi occupare anche di quelle piccole faccende che generalmente dobbiamo rimandare visto che per gran parte del tempo siamo impegnati fuori casa, senza essere costretti a usare un dress code preciso e, spesso, avendo anche orari flessibili.

Ma non è così.

Lo smart working porta con sé diverse problematiche, che possono incidere in maniera negativa sulla vita delle persone. Uno dei rischi, ad esempio, è quello di burnout.

Cos’è il burnout da smart working?

Uno dei problemi dello smart working è quello del presentismo, di cui abbiamo parlato in un recente articolo. Ma legato a questo c’è anche il rischio di burnout, ovvero di sovraccarico.

Il termine, tradotto in italiano, significa letteralmente “bruciato” o “esaurito”; è stato usato per la prima volta negli anni ’70, come si legge su Gruppo San Donato,  in riferimento alle helping professions, ovvero le professioni di aiuto, quindi tutti quei lavori sanitari o di assistenza deputati alla pubblica sicurezza e alla gestione delle emergenze, come infermieri, medici, vigili del fuoco, educatori ed educatrici, insegnanti.

Queste figure, per la loro stessa natura, sono identificate come facilmente esposte a stati di sofferenza; nel tempo, però, il concetto di burnout si è esteso anche a quegli ambiti lavorativi in cui ci sono molte tensioni e stati di pressione, tanto che oggi l’Oms la riconosce, dal 2019, come “sindrome”, caratterizzata da stress cronico mal gestito.

Dunque se il burnout in condizioni “normali” è legato a una persistente condizione di squilibrio tra le richieste professionali e le risorse disponibili, nel caso dello smart working le cause dello stress sono diverse.

Le cause del burnout da smart working

Nel caso dello smart working, il burnout è dato principalmente da due fattori:

  • l’incapacità di disconnettersi dal lavoro (o l’impossibilità)
  • il non avere orari precisi di attività lavorativa, diversamente dall’ufficio.

In sostanza, ciò che può condurre al burnout è l’assenza di limiti ben definiti, che invece sono presenti in una situazione in cui si esce di casa per andare al lavoro; insomma, è l’incapacità di preservare i propri spazi extra lavorativi a determinare il burnout.

In effetti, dati alla mano, la realtà sembra rispecchiare proprio questa situazione: una giornata lavorativa in smart working dura in media da 1 a 3 ore in più; è aumentato il numero delle riunioni, in modalità virtuale, e si è diventati reperibili anche oltre l’orario di ufficio, quando si risponde al telefono o a mail. Questo ha portato il 69% dei lavoratori (2 su 3) a soffrire di burnout, con un incremento del 20% in più rispetto al periodo precedente il lockdown.

Come prevenire il burnout da smart working

Si può prevenire il burnout anche in una situazione in cui potenzialmente siamo costantemente immersi nel nostro ambiente lavorativo? In realtà sì, attraverso alcuni comportamenti che sono comunque sempre validi.

  1. Imparate a rispettare le vostre esigenze, dedicandovi quindi ad attività fisica, al riposo, nella giusta quantità.
  2. Imparate a ridurre la velocità.
  3. Imparate a non pretendere troppo da voi stessi/e.
  4. Fissate degli obiettivi ragionevoli.
  5. Definite le priorità con il vostro datore di lavoro quando la mole di lavoro è eccessiva
  6. Non abbiate timore a chiedere aiuto ai colleghi

Burnout da smart working: 7 consigli per combatterlo

Per non farsi trascinare nel vortice del presentismo a tutti i costi e rischiare il burnout è importante definire delle strategie personali, ad esempio:

  1. Organizzate e definite gli orari di lavoro: fate come se foste in ufficio, stabilendo l’orario di inizio e di fine giornata, comprendendovi anche una pausa pranzo adeguata.
  2. Impostate il vostro spazio lavorativo smettendo di rispondere al telefono o alle mail prima dell’inizio dell’orario lavorativo o dopo la fine.
  3. Definite una lista di priorità delle cose da portare a termine.
  4. Lavorate in un ambiente definito, così da poter cambiare stanza una volta terminato.
  5. Non dimenticate mai di ritagliarvi del tempo per voi stessi e per i vostri hobby.
  6. Se riconoscete dei sintomi di burnout (insonnia, mal di testa, mal di stomaco, mancanza di energie) non abbiate timore di confrontarvi con i colleghi o con i superiori.
  7. Se le cose peggiorano non esitate a consultare uno psicologo o uno psicoterapeuta.

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