Ogni persona serba nel profondo una dimensione infantile, che non è solo legata ad un approccio ludico, spensierato e creativo nei confronti della vita, bensì anche a traumi o situazioni negative vissute in tenera età. Il bambino interiore è proprio il catalizzatore che negli anni ha conservato paure, insicurezze e malessere influenzando il modo di pensare e di agire da adulti.

Non tutti ne sono consapevoli e la mancanza di comunicazione con questa parte profonda di sé stessi è all’origine di tante difficoltà alle quali non si è mai riusciti a dare una spiegazione.

Il “bambino interiore” in psicologia

Il concetto di “bambino interiore” è stato abbracciato dai movimenti di auto-aiuto e New Age, anche se originariamente il termine è nato nell’ambito della psicologia. Ciascuno serba un aspetto infantile nel proprio inconscio che può essere visto come una sorta di “subpersonalità”, un lato del carattere che emerge in determinate circostanze. Il bambino interiore riflette in tutto e per tutto il bambino o la bambina che eravamo una volta, sia nei suoi aspetti negativi che in quelli positivi, nei bisogni insoddisfatti, nelle emozioni represse, nell’innocenza e nella creatività.

Il bambino interiore funge anche da catalizzatore per tutto quello che i genitori, e gli adulti in generale, hanno insegnato e trasmesso all’individuo durante il processo di sviluppo, ma non solo, perché oltre a questo egli racchiude il modo in cui l’individuo considera sé stesso: frasi ripetute costantemente come “i maschi non piangono” ad esempio, spingono il bambino a sminuirsi ogni volta che gli scappa una lacrima, considerandosi un debole. Col passere del tempo imparerà a reprimere qualsiasi emozione mostrando sempre il suo lato imperturbabile. Questo condizionerà anche i rapporti interpersonali, schernendo o evitando a priori tutte quelle persone che ai suoi occhi da adulto sono troppo deboli per via della loro emotività.

Tutto questo il dottor Stephen A. Diamond mette un luce un altro aspetto rilevante:

[…] la maggior parte dei disturbi mentali e dei modelli di comportamento distruttivi sono, più o meno legati a questa parte inconscia di noi stessi.

Durante l’infanzia la repressione delle emozioni per compiacere gli adulti è dovuta al bisogno viscerale di essere amati, così per paura del rifiuto si diventa bravi bambini soffocando tutte le sensazioni spontanee e spesso contrastanti per non deludere le aspettative. Risultato? Il bambino interiore si farà carico di tutto il senso di ribellione, tristezza e rabbia che non vengono esteriorizzati.

Inoltre, se da piccoli si ha subìto traumi e abusi, l’interiorizzazione delle emozioni, in particolare del dolore e della paura, sarà particolarmente forte e il bambino interiore diventerà lo scudo, lo strumento di difesa dalla realtà traumatica che si sta vivendo. Il pesante bagaglio emotivo radicato dentro sé stessi e che si ha ignorato o del quale non si è consapevoli, ad un certo punto dovrà essere affrontato a favore del proprio benessere psicologico.

Come entrare in contatto con il bambino interiore

Per diventare adulti, nella concezione psicologica del termine, come sottolineato dal dottor Stephen A. Diamond, è necessario riconoscere, accettare e assumersi la responsabilità di fare da genitori al proprio bambino interiore, prendendosene cura. Si cresce nella convinzione che gli strascichi dell’infanzia siano solo un ricordo lontano o che si siano già superati ma la realtà è ben diversa. Per questo è necessario mettersi faccia a faccia con il proprio bambino interiore e affrontare il bagaglio emotivo che si porta con sé. Ma come fare? Ecco alcuni consigli:

  1. Mantenere la mente aperta: È normale sentirsi titubanti all’idea del bambino interiore, ma va considerato come una rappresentazione delle esperienze passate, i ricordi e le sensazioni sia positive che negative della propria infanzia. Per riuscire ad entrare in contatto con lui è necessario non opporre alcuna barriera o resistenza dato che si tratta semplicemente di una parte di sé stessi e nulla di paranormale o bizzarro;
  2. Guardare ai bambini come una guida: Il contatto con i bambini, che siano i propri figli o quelli degli amici, aiuta a ritrovare la gioia delle piccole cose e a vivere il momento. L’attività di gioco in particolare riesce a rievocare ricordi ed esperienze positive del proprio passato, ma può essere utile anche riguardare i film, i programmi o rileggere i libri preferiti della propria infanzia;
  3. Riesumare i ricordi di infanzia: Guardare vecchie foto o rileggere i diari scritti durante l’infanzia o l’adolescenza, sono attività utili per stabilire un contatto con il bambino interiore. Anche parlare con amici e parenti evocando aneddoti e ricordi del passato completamente dimenticati è d’aiuto a questo scopo;
  4. Dedicare del tempo a ciò che si faceva da bambino: Durante l’infanzia sono tanti i passatempi e le attività che da piccoli ci regalavano gioia, spensieratezza e divertimento. Riscoprirle consente di rievocare sensazioni proprie del bambino interiore: disegnare, dipingere, leggere o qualsiasi altra cosa che semplicemente regali un momento di felicità fine a sé stesso;
  5. Parlare con il proprio bambino interiore: La comunicazione con il bambino interiore può avvenire in diversi modi: scrivendo una lettera o un testo libero basato sui ricordi d’infanzia oppure utilizzare il flusso di coscienza o scrivere un diario emotivo come mezzo per lasciare andare la mente, magari partendo da un preciso ricordo d’infanzia.

All’inizio potrà sembrare strano, magari anche doloroso ad un certo punto, siccome entrare in contatto con il proprio bambino interiore significa affrontare una parte nascosta di sé stessi, ma seguire anche solo un paio di questi consigli in modo continuativo porterà i suoi risultati.

Come prendersi cura del bambino interiore

La dottoressa Trish Phillips, che opera da oltre 20 anni in cliniche private ed è specializzata in traumi dello sviluppo e dissociazione, in un’intervista evidenzia l’importanza del contatto con il bambino interiore:

[…] come ogni tipo di lavoro interiore, implica la creazione di uno spazio in cui il subconscio possa prendere il comando. Il lavoro interiore consiste nell’andare dentro di noi per esplorare i nostri veri sentimenti e le parti di noi che possono essere state rifiutate ed etichettate come “inappropriate” o “troppo” dagli altri. Concedendoci il tempo di andare dentro di noi, iniziamo a scrollarci di dosso i nostri meccanismi di coping quotidiani (essere evitanti, intorpidire i nostri sentimenti, ecc.) e siamo in grado di accettare e integrare pienamente il nostro subconscio nella coscienza.

Prendersi cura della parte più nascosta e vulnerabile di sé stessi diventa quindi cruciale per il benessere psicologico, bisogna imparare a prendere per mano il bambino interiore e infondergli sicurezza, protezione, eliminando paure e vergogna. Per farlo è necessario prima di tutto amarlo, anche se si hanno avuto dei genitori anaffettivi, anche se si ha imparato che esprimere i propri sentimenti è sbagliato, anche verso sé stessi. Il bambino interiore merita di essere amato indipendentemente dai fallimenti e ai traguardi raggiunti.

Ed è con questa predisposizione emotiva che per prendersi cura del proprio bambino interiore è importante:

1. Restare in ascolto

Prestare sempre attenzione alle sensazioni e ai ricordi che riaffiorano. Non se n’è consapevoli ma ciò che si ha vissuto durante l’infanzia condiziona profondamente il modo di pensare e agire da adulti. Per questo se ci si sofferma a riflettere su questi segnali interiori, sarà possibile capirne il significato e lavorare affinché quei turbamenti non siano più il motore del proprio agire.

2. Abbandonare il senso di colpa

A seguito di esperienze infantili abusive o infelici, si è cresciuti nella convinzione di essere bambini cattivi, la causa dell’infelicità dei propri genitori perché si faceva sempre qualcosa di sbagliato. Così il senso di colpa si è radicato dentro noi stessi. Bisogna ricordare al bambino interiore che non ha nessuna colpa e che non si è mai meritato tutta la sofferenza che è rimasta dentro di sé.

3. Perdonare

Prendersi cura del proprio bambino interiore significa anche perdonarlo. Da piccoli capita di colpevolizzarsi per ciò che ci accade attorno e che ha a che fare soprattutto con la dimensione familiare: la morte dello zio o il divorzio dei genitori ad esempio, e si pensa ossessivamente se si ha fatto tutto il possibile per evitare quel determinato evento o se invece con un comportamento diverso le cose avrebbero preso un’altra piega. Come non è giusto serbare il senso di colpa, allo stesso modo bisogna infondere perdono al bambino interiore che altro non è che la vittima delle situazioni disfunzionali vissute durante l’infanzia.

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