Se io ho perso la fiducia in me stesso, ho l’universo contro di me”. Così scriveva Ralph Waldo Emerson, filosofo, scrittore, saggista e poeta statunitense. In effetti, quando non riponiamo più fiducia in noi stessi, quando non ci sentiamo all’altezza di determinate situazioni, anche le più semplici e a portata di mano, quando l’autostima è a livelli bassissimi, entrano in gioco meccanismi tutt’altro che positivi e piacevoli.

Vediamo ogni cosa in negativo e il mondo ci appare come un nemico, un ostacolo, un intoppo. Alle volte, tutto ciò ha radici e origini ben definite e riconducibili a una vera e propria patologia, sempre più diffusa, conosciuta come atelofobia (dal greco ατελής, atelès, ossia “imperfetto, incompleto” e φόβοςphóbos, ovvero”paura”). Si tratta di una patologia che non fa sconti a nessuno, dal momento che colpisce soggetti appartenenti a diverse fasce di età.

Atelofobia: cosa comporta?

Trattandosi di un problema di natura psicologica, l’atelofobia si manifesta a livello interiore per poi sfociare in comportamenti e tipicità di diverso carattere. Il soggetto che ne soffre non si sente all’altezza non solo per quanto concerne l’aspetto esteriore, bensì anche sul piano del compimento delle azioni che occupano la quotidianità di ciascuno di noi.

atelofobia
Fonte: web

Chi condivide la propria esistenza con tale patologia mira alla perfezione che, sappiano tutti, non esiste e pertanto non è raggiungibile. Ne conseguono stress, dispiacere, nonché una catena che prosegue all’infinito, sotto la spinta dal desiderio del raggiungimento di un qualcosa che non c’è, che causa infelicità e insoddisfazione.

Alle volte questo meccanismo viene rafforzato dalla competizione, soprattutto tra donne. Ecco che scatta il fastidioso e pericoloso “non mi sento all’altezza”, spesso accompagnato da “non sono capace”, “non valgo nulla”, “non sono abbastanza”, e così via.  Nell’era dei social e del mettersi in mostra in rete, facendosi ‘giudicare’ e ‘votare’ attraverso like e commenti, l’intero circolo vizioso potrebbe anche risultarne potenziato, scatenando conseguenze imprevedibili.

Atelofobia: i sintomi per riconoscerla

È possibile riconoscere l’atelofobia da determinati sintomi ricorrenti, quali sudorazione eccessiva, tachicardia, tremori, difficoltà nella respirazione, crisi d’ansia, senso di angoscia, crisi di panico, depressione, nausea, tensione muscolare, confusione, secchezza della bocca, senso di inquietudine e inadeguatezza, costante preoccupazione, timore, paura, anche verso le cose più semplici da compiere e le piccole novità, nonché tendenza alla rabbia, con conseguente incapacità a gestirla.

Non c’è patologia senza cause. Ed è così anche per la problematica che stiamo analizzando. Il soggetto che ne è affetto spesso ha vissuto situazioni che hanno arrecato danni a livello emotivo: basti pensare a storie sentimentali che si sono concluse non positivamente, a episodi che hanno portato la persona a sentirsi inadeguata (in famiglia, a scuola, sul lavoro, nei rapporti di coppia, in amicizia). E, ancora, l’atelofobia può coinvolgere soggetti che hanno dovuto fare i conti con eventi traumatici e/o gravi perdite.  Un lutto, situazioni finite male, cose non fatte e non dette, possono essere il trampolino di lancio per patologie come questa, in quanto gettano una base fatta di sensi di colpa, rimorsi, pensieri negativi, scarsa fiducia e autostima, che costituisce il terreno fertile per l’insorgere delle stesse.

atelofobia
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Come affrontare l’atelofobia?

Una volta individuata e diagnosticata, ovviamente con l’aiuto del medico curante e di uno specialista, si cura attraverso un percorso che punta a un intenso lavoro interiore, in cui il paziente viene affiancato da uno psicologo. Alle volte, scende in campo anche un’altra figura medica, ossia quella dello psichiatra, dovesse ritenersi utile una terapia di tipo farmaceutico.

Ma un primo essenziale passo verso la guarigione è costituito dall’approccio alla patologia. Vietato chiudersi in se stessi, rifiutare l’apertura al mondo che ci circonda. Occorre ritrovare il proprio io e la propria forza interiore pure accettando l’aiuto degli altri (medici, amici, familiari, colleghi…).

Strettamente legato all’approccio iniziale, è ciò che viene subito prima: si rivela fondamentale non trascurare i sintomi, non minimizzare né nascondere quel che si vive quotidianamente e si soffre. L’atelofobia, se trascurata, può portare a conseguenze assai più gravi, quali la depressione, la schizofrenia, l’isteria, nonché la tendenza a fare del male a se stessi (e anche agli altri) con gesti estremi.

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