Anedonia: quando sesso, cibo e piaceri della vita non ci interessano
L'anedonia consiste nel non provare piacere in nessun ambito: si tratta di un disturbo di natura psicologica abbastanza complesso.
L'anedonia consiste nel non provare piacere in nessun ambito: si tratta di un disturbo di natura psicologica abbastanza complesso.
Anedonia è un termine coniato alla fine dell’Ottocento che, come molti termini medici, deriva dal greco e che indica un disturbo che affligge le persone, rendendole incapaci di provare piacere. Questo disturbo è tristemente salito alla ribalta perché ne ha parlato Lory del Santo, confessando a Verissimo che il figlio Loren si è suicidato proprio a causa di questa malattia, ancora così misteriosa, che va ad alterare il modo in cui si percepisce il piacere.
Non si tratta semplicemente del piacere sessuale – che comunque è presente e causa un’anorgasmia, cioè l’assenza di orgasmo – ma anche dell’assenza del piacere legato al cibo e alle bevande, il piacere legato a un evento piacevole, dalla vittoria della squadra del cuore a una promozione sul lavoro. Non si deve però confondere tutto con la depressione, anche se l’anedonia è a essa legata – ma ci arriveremo tra poco. Non è neppure noia, ma qualcosa di molto profondo.
Incapacità di provare piacere – si legge nella voce della Treccani – con appiattimento affettivo e dell’emotività. Coesistono sia l’incapacità di desiderare il contatto con stimoli gratificanti, sia quella di provare piacere in occasione di stimoli o attività solitamente gratificanti; può interessare uno, o più, o tutti gli aspetti della vita: il cibo, il sesso, le esperienze somato-sensoriali, ecc. Il termine viene esteso a contesti in cui il senso di gratificazione coinvolge ricompense di tipo psicologico, quali la soddisfazione per una promozione sul lavoro o il senso di affetto derivante da una situazione sentimentale.
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Più che di cause, quando si parla di anedonia è corretto riferirsi alla dicotomia stato e condizione. In altre parole, questo disturbo psichiatrico può rivelarsi fin dalla più tenera età, facendo supporre che si tratti di una condizione congenita e legata alla genetica – ma non ci sono evidenze scientifiche in tal senso, almeno per il momento – oppure in itinere, nel corso della propria vita. Sicuramente è bene cercare di andare a fondo non appena si possa notare qualche piccolo input che spinga a pensare all’anedonia.
Come per qualunque disturbo psichiatrico, è bene rivolgersi a un professionista non appena si iniziano a notare i sintomi dell’anedonia. Perché potrebbe trattarsi di qualcosa di ben più grave. Ricordiamo che non ci si fa le autoanalisi sul Web: qui diamo un accenno del fenomeno, per guidarvi a consultare un medico quando si cominciano a scorgere questi sintomi. Non parliamo di noia, dicevamo, non di una semplice insoddisfazione, ma dell’incapacità vera e propria di darsi un progetto, di trovare la spinta. Per questa ragione si ritiene che l’anedonia sia legata a dei disturbi psichiatrici ben più significativi, come la depressione, la schizofrenia e anche alle fasi iniziali del morbo di Parkinson.
Quindi l’anedonia potrebbe essere un sintomo stesso di queste malattie: per questo è fondamentale cercare di riconoscerla per tempo. Ma come si fa? Come accade spesso, l’osservazione è la nostra migliore amica. Dobbiamo notare se, appunto, esista una difficoltà a dedicarsi a un nuovo progetto, se scemi l’entusiasmo verso cose che si amavano in precedenza – però deve essere qualcosa su ampia scala, non uno stufarsi – l’incapacità di prendere l’iniziativa. A questi sintomi dobbiamo aggiungere anche una certa sindrome dell’abbandono: chi soffre di anedonia ha un brutto rapporto con l’assenza delle persone. Ma non ci si deve neppure confondere con la nostalgia e il rimpianto, che pure sono sintomi cardine della depressione. L’anedonia è più vicina all’apatia, ma non è solo questo.
Le cure dipendono naturalmente dal medico cui vi rivolgerete. È molto probabile che le cure saranno molto simili – dal punto di vista di modi e mezzi – a quelle per la depressione. Quindi via libera alla psicanalisi, al supporto famigliare, all’ascolto, ma anche, eventualmente, a un aiuto farmacologico, che si può rendere necessario in base alla gravità del fenomeno psichiatrico. Ma per lo più ci si orienterà alla base del disturbo, cioè alla malattia psichiatrica – depressione, schizofrenia, ecc. – da cui dipende l’anedonia.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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