Cosa significa “transfert” in psicoterapia e quali tipi esistono?
Nel rapporto terapeutico il paziente può proiettare sullo psicanalista il suo bagaglio emotivo mediante il fenomeno del transfert.
Nel rapporto terapeutico il paziente può proiettare sullo psicanalista il suo bagaglio emotivo mediante il fenomeno del transfert.
Ecco quali sono i tipi più comuni di transfert e come questa dinamica viene gestita dallo specialista.
Il transfert, nella teoria psicoanalitica, è quando si proiettano sul terapeuta sentimenti relativi a qualcun altro. Un esempio classico è quando un paziente si innamora del proprio terapeuta, tuttavia, si possono trasferire anche sentimenti di rabbia, collera, sfiducia o dipendenza. Sebbene si tratti di un termine tipico del campo della salute mentale, è un fenomeno che può manifestarsi anche nella vita quotidiana quando il cervello cerca di comprendere un’esperienza attuale esaminando il presente attraverso il passato.
L’APA Dictionary definisce il transfert come:
[…] lo spostamento o la proiezione sull’analista di quei sentimenti e desideri inconsci originariamente rivolti a persone importanti, come i genitori, nell’infanzia del paziente. Si ritiene che questo processo porti il materiale represso in superficie, dove può essere riesaminato, studiato e lavorato per scoprire le fonti delle attuali difficoltà nevrotiche del paziente e per alleviarne gli effetti dannosi. Sebbene gli aspetti teorici del termine siano specifici della psicoanalisi, il transfert ha un ruolo riconosciuto in vari altri tipi di incontro terapeutico, tra cui il counseling e la psicoterapia dinamica a breve termine. Il significato più ampio del termine – una ripetizione inconscia di comportamenti precedenti e la loro proiezione su nuovi soggetti – è riconosciuto come applicabile a tutte le interazioni umane.
Il transfert in psicologia può assumere diverse forme a seconda delle dinamiche individuali e delle relazioni coinvolte. Ecco quali sono i più comuni:
Transfert e controtransfert descrivono le dinamiche che si sviluppano all’interno della relazione tra paziente e terapeuta, ma hanno prospettive diverse: se il transfert vede il paziente proiettare inconsciamente sul terapeuta le proprie emozioni e vissuti personali, nella dinamica di controtransfert è il terapeuta a proiettare i propri sentimenti ed emozioni sul paziente.
Se Freud considerava il controtransfert pericoloso perché si suppone che lo psicoanalista debba rimanere completamente obiettivo e distaccato, da allora queste opinioni sono state messe in discussione soprattutto dallo psicanalista Heinrich Racker, il quale sosteneva come non potesse essere in nessun modo neutrale e libero da nevrosi. Per lui il controtransfert agisce come una sorta di guida o di bussola mettendo in guardia l’analista da ciò che sta avvenendo, sia all’interno del paziente che nell’analisi nel suo complesso.
Un’altra fase dell’indagine del dottor Racker sul rapporto tra terapeuta e paziente gli ha permesso di delineare due tipi distinti di identificazioni di controtransfert: le identificazioni concordanti, ovvero quando l’Io, l’Es e il Super-Io dell’analista si allineano empaticamente con quelli del paziente, e le identificazioni complementari, che si verificano quando l’analista si identifica con il trattamento che il paziente gli riserva, come se il terapeuta fosse uno degli oggetti interni del paziente (cioè l’immagine mentale ed emotiva che la persona ha del terapista), il che porta l’analista a mettere in atto questo ruolo imposto.
Come per il transfert, anche il controtransfert ha un ruolo importante nel rapporto terapeutico: se il primo consente al terapeuta di aiutare il paziente nella comprensione delle emozioni proiettate, nello sviluppare una maggiore consapevolezza delle dinamiche interne e dei modelli di relazione che possono influenzare la sua vita; il secondo fornisce al terapeuta la consapevolezza su ciò che il paziente sta proiettando e può rivelare dinamiche sottili all’interno della relazione terapeutica.
La gestione corretta del controtransfert da parte del terapeuta è essenziale, infatti se questo conflitto non viene risolto per via del coinvolgimento troppo intenso nella relazione con il paziente, c’è il rischio di interrompere le sedute per evitare di provocare un danno nei confronti del paziente.
La gestione del transfert è una parte integrante della terapia psicoanalitica e quando questo viene fatto in modo efficace, può diventare un potente strumento per esplorare le dinamiche interiori e affrontare le questioni non risolte:
Lettrice accanita, amante dell'arte e giornalista. Ho da sempre il pallino per la scrittura.
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