La pratica delle discipline orientali volte al benessere fisico e mentale, soprattutto negli ultimi anni, sembra essere diventata una delle mode più in uso nella società occidentale. Dallo yoga al reiki, fino alle varie tecniche di meditazione come lo stone balancing.

Una disciplina forse ancora poco conosciuta rispetto ad altre ma che, nonostante le sue peculiarità, viene già praticata da moltissime persone in tutto il mondo. Un connubio tra arte e meditazione il cui obiettivo è quello di raggiungere uno stato di benessere mentale grazie all’utilizzo delle pietre.

Ma vediamo più nel dettaglio come avviene questa trasformazione interiore e come si esegue questa antica arte volta alla cura della parte più profonda di sé.

Stone Balancing: cos’è?

Come detto, lo stone balancing o rock balancing, è una disciplina che arriva direttamente dall’antica pratica di meditazione zen e che, nella sua versione più moderna, unisce alla ricerca del benessere interiore, una particolare tipologia di arte denominata Land Art o Arte Effimera. Con questo termine, infatti, tradotto come “l’arte di mettere in equilibrio le pietre”, si intende la capacità di bilanciare tra loro pietre di diverse dimensioni, forma e peso.

Uno studio costante della materia è una vera e propria ricerca del punto di equilibrio tra i diversi oggetti. Un equilibrio esteriore che, però, rispecchia in tutto ciò che si ha dentro.

Se da un lato è necessario avere grandi doti di precisione, infatti, dall’altro chi lo pratica non può fare a meno di avere anche una notevole dose di calma, disciplina e pace interiore.

Questo perché lo stone balancing è un processo che richiedere concentrazione, pazienza e umiltà. Tre elementi che consentono alla mente di liberarsi da ogni altro pensiero esterno e al corpo di rilassarsi. Fattori indispensabili per la riuscita della performance.

Una fusione completa tra spirito e materia che diventano un tutt’uno, focalizzandosi verso il medesimo scopo: la ricerca di un bilanciamento tra le diverse pietre in un complesso armonioso di forme e pesi.

Il risultato? La costruzione di vere e proprie opere d’arte create con ciò che viene donato dalla natura e il raggiungimento di uno stato di pace e benessere interiore elevato.

Un equilibrio perfetto e delicato che riflette esternamente il risultato di un processo di cambiamento avvenuto interiormente.

Storia e origini dello stone balancing

Lo stone balancing, infatti, nonostante abbia un risvolto artistico riconosciuto, tanto da essere denominata anche “l’arte degli scultori spirituali”, è una vera e propria tecnica di meditazione orientale che fonda le sue radici in epoche antichissime.

Un mezzo adottato nella meditazione zen (le cui origini risalgono alle esperienze meditative del Buddha in India nel VI secolo a.C. circa.) e il cui scopo è quello di fornire una via per ricongiungere chi lo pratica al proprio vero sé, nel tempo presente. Allontanando il soggetto dalle distrazioni e da tutti quegli atteggiamenti mentali che lo vincolano o lo isolano rispetto a ciò che è veramente reale e importante.

Il balancing, quindi, portando con sé questo enorme valore spirituale, permette a chi lo pratica di aumentare la propria sensibilità a livello mentale, oltre a incrementare la capacità di comprendere la materia e lo scambio che avviene tra soggetto e pietra nel momento della posa, assaporandone anche i limiti e la precarietà.

Non è un caso, quindi, che oggi i massimi esperti di questa particolare tecnica, oltre ad avere una forte sensibilità artistica, siano anche persone con un profondo grado di consapevolezza, intimamente connesse con la natura e con gli effetti che questa può generare dentro di sé.

Uno fra tutti l’artista, fotografo e autore Michael Grab, che nel suo libro “Gravity: Arts of Rock Balancing”, spiega le peculiarità di questa disciplina e i risultati intimi e rigeneranti che lo stone balancing può portare a chi lo pratica.

Ma come si esegue questa attività in grado di connettere la mente con la natura?

La tecnica dello stone balancing

Lo stone balancing, come detto, richiede calma, pazienza e concentrazione. Oltre alla capacità di isolare la mente da tutto ciò che è esterno e non necessario. Ma non solo: ci sono degli elementi che possono influire sulla buona riuscita di questa tecnica e non riguardano solo la propria consapevolezza interiore. Un esempio? Le pietre o meglio la loro forma.

Queste, infatti, dovrebbero essere di forma cilindrica o sferica e meglio se con un punto leggermente piano, in modo da facilitare l’appoggio e, quindi, l’equilibrio.

Altro aspetto a cui prestare attenzione, poi, è la dimensione. Se troppo piccole, infatti, possono essere meno stabili e maggiormente soggette a caduta a causa delle vibrazioni e dei movimenti delle mani o degli agenti atmosferici. Ma non è tutto.

Anche il luogo in cui si sceglie di praticare è importante. Lo stone balancing ha bisogno di quiete. Un ambiente silenzioso o con suoni che richiamino un rilassamento profondo e reale.

Ecco perché molto spesso vengono privilegiati luoghi di mare o di montagna e sempre nelle vicinanze di fiumi o torrenti (dove è anche più facile trovare pietre arrotondate).

Tipologie

Una volta individuati il luogo, le pietre e acquisita la giusta concentrazione, si passa alla costruzione vera e propria.

Esistono varie modalità di sovrapposizione e di equilibrio tra le pietre:

  • puro: ogni roccia è posta in equilibrio su un’altra appoggiando unicamente su un punto;
  • a contrasto: in cui l’equilibrio delle rocce più piccole deriva dal peso di quelle più grandi poste sopra;
  • accatastate: la classica torre di pietre che si sviluppa in altezza;
  • free style: un mix tra l’equilibrio di tipo puro e quello di contrasto. Un esempio di questo metodo è rappresentato dagli archi.

Scelto il metodo che più si preferisce il primo step da fare è posare la pietra “dell’ancoraggio”, la prima, assestandola al terreno. Sarà la base della costruzione.

Da qui, poi, si dovrà aggiungere una pietra più stabile e continuare aggiungendo elementi diversi, tenendo conto della propria sensibilità e percezione dell’equilibrio. Il tutto rispettando ciò che esiste già, senza intaccarlo o modificarlo.

Un’attività in cui non conta il tempo, ma che si sviluppa naturalmente.

I benefici dello stone balancing

Ed è proprio questo uno degli aspetti positivi di questa tecnica. L’assenza di tempo. O meglio la mancanza di un timer o di una scadenza da rispettare, di stress o di giudizio.

Lo stone balancing, infatti, pur avendo una buona dose di soddisfazione estetica in chi lo esegue, porta con sé una carica di positività e benessere legata essenzialmente alla serenità interiore di cui necessita la pratica.

Questo aiuta e ritrovare la pace favorendo anche una maggior:

  • concentrazione;
  • disciplina mentale;
  • capacità di estraniarsi dai problemi o distrazioni esterne;
  • focalizzazione sul momento presente;
  • sensazione di calma e tranquillità interiori;
  • regolazione del proprio respiro;
  • coordinazione occhio/mano;
  • creatività.

Oltre al raggiungimento di un equilibrio interiore (e non solo delle pietre) utile ad affrontare la vita quotidiana in modo più presente e positivo.

In più, lo stone balancing è in grado di aumentare la propria consapevolezza, non solo riguardo a se stessi ma anche verso ciò che ci circonda. Imparando a comprendere possibilità e limiti di ogni cosa con una sensibilità e un’attenzione maggiori.

Il lato negativo

Ma attenzione: anche lo stone balancing ha un risvolto negativo della medaglia.

Come detto, così come ogni pratica che punta alla crescita personale e all’aumento della coscienza di sé e del mondo circostante, anche lo stone balancing aiuta e migliorare la propria capacità di percepire se stessi e l’ambiente circostante, affinando e incrementando il proprio benessere mentale e la propria calma interiore.

Questo, però, solo se fatto con il giusto approccio e seguendo un percorso realmente volto alla propria crescita personale.

Se come spesso accade per le discipline legate alla tradizione orientale, invece, viene fatto per moda o per la necessità di mostrare agli altri la propria abilità o presunta elevazione spirituale, le cose cambiano notevolmente. E solitamente in peggio.

Questo perché, come riporta anche un articolo sulla rivista The Guardian, la ricerca spasmodica di mostrarsi, o di lasciare un segno (e magari immortalarlo per i posteri), non solo non ha nulla a che vedere con una possibile crescita interiore ma, al contrario, dimostra quanta sconnessione ci sia tra le proprie azioni e ciò che ci circonda.

Spesso, infatti, luoghi selvaggi e (per fortuna) ancora incontaminati, si prestano inconsapevolmente agli attacchi artistici di persone che ne dimenticano l’unicità. Ambienti che godono del privilegio di un equilibrio innato tra la natura e la fauna che la popola.

A proposito dello stone balancing, come evidenziato da John Hourston, fondatore della Blue Planet Society:

Le persone lo fanno senza alcuna educazione ambientale, quindi non sanno in quale sito si trovano, se il sito ha un significato di fauna selvatica o un significato storico.

E allora, in virtù di una piccola composizione personale da immortale su Instagram (e che non ha nulla a che vedere con la filosofia da cui deriva) si rischia di intaccare questo perfetto ciclo naturale, magari spostando pietre che fanno parte di un nido di uccello o che rappresentano il fresco rifugio per piccoli animali o i resti di qualche antico rito di civiltà ora scomparse.

Dimenticandosi, in nome “dell’arte” e di un’acclamata (ma finta) pace interiore, di tutto ciò che è davvero arte e pace nella sua accezione più pura: la natura stessa.

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