Sonno polifasico, i metodi e i rischi di quelli che dormono "tanti sonni"
Leonardo Da Vinci è stato un sostenitore del sonno polifasico: alternare veglia e più brevi sonnellini nelle 24 ore. La pratica ha controindicazioni e benefici.
Leonardo Da Vinci è stato un sostenitore del sonno polifasico: alternare veglia e più brevi sonnellini nelle 24 ore. La pratica ha controindicazioni e benefici.
Esistono tre modi diversi di vivere il momento del sonno: gli adulti solitamente dormono una volta al giorno (sonno monofasico), i bambini due (sonno bifasico). Ma i neonati (e non solo, vedremo) spezzettano le ore di sonno nell’arco delle 24 ore. Quest’ultimo caso prende il nome di sonno polifasico.
Uno dei suoi più convinti sostenitori era Leonardo Da Vinci, che aveva abitudini molto precise riguardo l’alternanza di veglia e sonno, per ottimizzare al massimo i tempi e la produttività. Il genio era solito alternare, nelle 24 ore, 3 ore e 40 minuti di veglia e un periodo di 20 minuti a occhi chiusi, per un totale di sei periodi di sonno-riposo. In questo modo, accumulava 120 minuti di riposo totale e ben 22 ore di veglia! Anche Napoleone Bonaparte e Thomas Edison avevano adottato questo metodo.
L’espressione “sonno polifasico” è stata coniata dallo psicologo J.S. Szymanski a inizio XX secolo: è la pratica di dormire più volte al giorno, dividendo il sonno in più pisolini di breve durata. Questo, per recuperare dalle 4 alle 6 ore di veglia durante il giorno.
Due sono i principali metodi di sonno polifasico: il ciclo Uberman e il ciclo Everyman, ognuno dei quali più adatto a seconda degli impegni, delle esigenze e dello stile di vita della persona. Essendo cicli di sonno polifasico, in entrambi si ha l’alternanza di brevi fasi di riposo, intervallate tra loro da momenti di veglia e dunque di attività.
Nello specifico, però, il ciclo Uberman prevede solo sonnellini di 20 minuti ogni 4 ore, senza nessuna fase centrale di sonno prolungato. Al contrario, invece, il ciclo Everyman introduce nella giornata un unico sonno lungo, della durata variabile compresa tra i 90 e i 240 minuti. E poi, inserisce i soliti brevi sonnellini di 20 minuti.
I sostenitori del sonno polifasico lo preferiscono a quello standard monofasico perché permette un notevole risparmio di tempo: si recuperano ore di veglia durante il giorno, da dedicare alle più molteplici attività. Frazionare il sonno in più riposini brevi, durante la giornata, riduce sì il sonno breve e quello pesante, ma lascia inalterata la fase R.E.M.: il cervello quando sa di avere poco tempo a disposizione, entra subito in questa fase, che è la principale perché quella in cui si riposa davvero. Ma è anche quella legata anche ai sogni e alla conservazione dei ricordi.
Tuttavia, abituarsi al sonno polifasico è molto difficile: la tecnica è molto rigida, va seguita con costanza e non si possono assolutamente saltare i riposini. Inoltre non si possono consumare caffè e alcolici né guidare e usare macchinari pesanti o di guidare. Questo perché la mancanza di sonno può causare sonnolenza alla guida e incidenti automobilistici o sul lavoro. Non esistono studi che affermino con sicurezza le controindicazioni del metodo, soprattutto a lungo termine, visto che di solito chi intraprende il percorso non lo porta avanti per molto tempo. Ad essere “sotto accusa” è soprattutto il ciclo Ubermann, che stando alle testimonianze causerebbe un calo dell’attenzione e una diminuzione delle capacità creative. Oltre il 90% di chi tenta l’Uberman smette entro il primo mese!
L’opinione del proprio medico curante è fondamentale, affinché non si vada ad incidere negativamente sul proprio benessere. Prima di intraprendere la strada del sonno polifasico è bene informarsi sui rischi e valutare se è uno stile compatibile con il proprio quadro di salute e con eventuali terapie in corso o farmaci che si stanno assumendo.
Bisogna inoltre valutare bene come conciliare il sonno polifasico col proprio stile di vita, coi propri impegni, ma anche con quelli altrui. Dunque, anche prepararsi a rinunciare ad alcune opportunità e attività, che diventerebbero ovviamente incompatibili con l’alternanza veglia-sonno che si vuole sperimentare.
In generale, nella programmazione del proprio ciclo polifasico bisogna tenere presente due elementi standard: permanere per almeno 120 minuti nella fase di sonno REM ogni 24 ore e lasciare almeno tre ore di veglia tra un segmento di sonno e l’altro.
Giornalista e speaker radiofonica, scrivo tanto e chiacchiero ancora di più. Eterna indecisa e inguaribile romantica, vivo la vita in un precario equilibrio tra pessimismo cosmico e sincero entusiasmo.
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