La sindrome sgombroide è un’espressione che mentalmente riconduce al pesce. Tuttavia non è legata tout court a esso, bensì alle modalità della sua conservazione. Si tratta di un malessere passeggero legato all’ingestione di alimenti provenienti dal mare e che conduce a dei sintomi particolari: alcuni di essi sono simili a un’allergia, ma altri sono molto differenti.

Di cosa si tratta? Qui spieghiamo alcune informazioni, ma qualsiasi dubbio può esservi sciolto solo dal medico o dalla medica cui vi rivolgerete.

Cos’è la sindrome sgombroide?

Viene chiamata anche “mal di sushi” e, come spiega Humanitas, è una comune intossicazione alimentare causata dal consume di pesce conservato a una temperatura compresa tra 6°C e 20°C. Queste temperature favoriscono infatti un’istamina, che compare soprattutto in alcuni pesci: gli sgombri, da cui viene il nome, i tonni, le sardine e le aringhe.

L’istamina è presente nel nostro organismo, ed è una sostanza che ha una funzione nel sistema immunitario, perché ci permette di percepire ad esempio alimenti o polveri come estranei, generando di fatto l’allergia. Ma quando, come in questo caso l’istamina viene dall’esterno si tratta invece di un’intossicazione alimentare.

Le cause della sindrome sgombroide

Su Msd Manuals si legge:

I tessuti di pesci quali sgombro, tonno, palamita, tonnetto striato e lampuga dopo la cattura si degradano e possono produrre alti livelli di istamina. Se ingerita, l’istamina causa immediato arrossamento del volto. Può anche provocare nausea, vomito, dolori gastrici e orticaria qualche minuto dopo aver consumato il pesce. I sintomi, spesso scambiati per allergia alimentare, di solito durano meno di 24 ore e il pesce può avere un sapore piccante o amaro. Diversamente da altre intossicazioni da pesci, questa si può prevenire conservando adeguatamente il pesce dopo la cattura.

Come spiega il sito dell’Ospedale Niguarda, la reazione simil-allergica è causata appunto dall’istamina, che si forma a casa della decomposizione dell’istidina, un amminoacido presente soprattutto nei pesci citati. La decomposizione è particolarmente accelerata a fronte di alte temperature, mentre a basse temperature (sotto i 4°C per intenderci) il pericolo è scongiurato.

Se al ristorante o in pescheria non possiamo sapere in realtà se in qualche modo è stata interrotta la catena del freddo, nelle nostre case possiamo evitare di ricongelare il pesce o quanto meno di portarlo a casa dalla pescheria in una borsa termica.

Diagnosi e sintomi

Sindrome sgombroide
Fonte: Pixabay

I sintomi possono apparire da un minimo di pochi minuti a un massimo di 3 ore da quando abbiamo consumato il pesce, e sono:

  • mal di testa;
  • congiuntivite;
  • bruciore alla bocca;
  • arrossamento della cute;
  • orticaria;
  • nausea;
  • vomito;
  • diarrea;
  • crampi addominali;
  • difficoltà respiratorie;
  • palpitazioni;
  • ipotensione;
  • ischemia miocardica.

Tuttavia gli ultimi 4 sintomi comprendono solo le forme più gravi, che solitamente vengono trattate con antistaminici (ad esempio la difenidramina), come si farebbe anche per un’allergia, o con broncodilatatori (laddove sia coinvolta la respirazione).

Sindrome sgombroide: terapie e cura

Le terapie, dicevamo, coinvolgono i sintomi più gravi di questo malessere. In generale è buona norma, qualora si avvertissero questi sintomi dopo aver mangiato pesce, di recarsi in pronto soccorso spiegando di cosa ci si è nutriti.

Stefano Ottolini, medico dell’unità di Medicina d’urgenza dell’ospedale Humanitas, spiega sul sito della clinica:

Andare in Pronto Soccorso e riferire cosa si è mangiato. Lì sarà facile diagnosticare la sindrome: la sintomatologia farà pensare a questa forma d’intossicazione alimentare soprattutto se accusata da più persone che hanno condiviso lo stesso pasto. […] È meglio rivolgersi a ristoranti di cui ci si fida, dove si è già mangiato prima, mentre sarebbe indicato evitare di consumare pesce acquistato da rivenditori che potrebbero non aver rispettato le norme di sicurezza alimentare, come i venditori ambulanti. Per quanto riguarda il pesce in scatola occorre sempre verificare data di preparazione e di scadenza, evitando di acquistare confezioni che presentano ammaccature o segni di cattiva conservazione e stoccaggio.

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