Cos'è la sindrome dei corpi multipli che sta colpendo sempre più persone sui social
Il 42% degli under 14 vorrebbe assomigliare all'immagine (filtrata)si che ha sui social. Ecco cos'è la sindrome dei corpi multipli e come combatterla
Il 42% degli under 14 vorrebbe assomigliare all'immagine (filtrata)si che ha sui social. Ecco cos'è la sindrome dei corpi multipli e come combatterla
Questo può tradursi in quella che viene chiamata la “sindrome dei corpi multipli”, una nuova forma di dualismo nei confronti del proprio corpo. Vediamo di cosa si tratta, e quali sono i rischi.
La “sindrome dei corpi multipli” è una tendenza individuata dal ricercatore Simone Digennaro, autore anche della ricerca dell’Università di Cassino “Corpi Duplicati: l’utilizzo dei social media tra gli under 14” che abbiamo citato in apertura. Nel saggio “Corpi multipli: una nuova forma di dualismo”, Digennaro spiega:
Quanto accade al corpo dei giovani – e più in generale al corpo di molti degli individui che vivono nella società moderna – può essere definita come la sindrome dei corpi multipli: molti corpi, affastellati gli uni sugli altri, usati per un lasso di tempo brevissimo, che poi vengono immediatamente messi da parte, sostituiti da altri più adatti e attraenti. Il corpo moltiplicato rischia di far perdere il contatto con la realtà: non più un dato di natura, un elemento della dimensione esistenziale, ma un artifizio frutto della tecnica, una manipolazione portata avanti con maggiore o minore intenzionalità dall’individuo, in cui si viene a perdere coscienza.
La sindrome dei corpi multipli, ha chiarito il ricercatore in un’intervista rilasciata a Open, è una tendenza che porta i giovani (ma non solo) a considerare «il proprio corpo come una somma di rappresentazioni da adattare e modellare a seconda dei propri gusti e desideri».
Circa il 90% dei giovani usa social media come Instagram e TikTok, una percentuale che sale al 99% per le app di messaggistica istantanea come Whatsapp. Attraverso i social, però, vengono veicolati incessantemente una serie di modelli socio-culturali legati al volto e al corpo a cui i giovanissimi, che sono ancora in una fase in cui la propria identità è in formazione, sentono di doversi conformare, modificando di volta in volta tratti del proprio corpo e del proprio aspetto fino a considerarlo un mosaico di maschere da cambiare e indossare all’occorrenza.
«La logica che emerge», si legge nell’articolo, «non è più quella della ricerca di un equilibrio con il proprio corpo, di uno stare bene, del piacere a sé stessi, ma l’imperativo è prima di tutto apparire nel modo in cui auspico che gli altri mi vedano e mi apprezzino».
Per questo, il corpo subisce un costante processo di “aggiustamento” che genera una scissione tra quello che Digennaro chiama il corpo “rappresentativo” – da imbellettare, modificare, filtrare attraverso la tecnologia per renderlo appetibile sulle vetrine dei sociale – e il corpo “espressivo”, che viene progressivamente schiacciato dal primo.
Se in Paesi come gli USA il desiderio di modificare la propria immagine per adattarla all’aspetto modificato grazie ai filtri social si traduce sempre più spesso in interventi chirurgici per modificare definitivamente corpi anche giovanissimi, nel nostro Paese gli effetti di questo dismorfismo e, più in generale, della sindrome dei corpi multipli sono meno tangibili, ma non meno profondi.
Soprattutto, come ha spiegato Digennaro, non sono mai limitate all’estetica, perché
il rischio che si corre nella sovraesposizione e nella moltiplicazione delle rappresentazioni di corpo è quello di una nullificazione di una propria identità corporea e di una profonda scissione tra il “corpo-quale-si-è” e il “corpo-quale-si-vuole-apparire”.
Questo può generare conseguenze diverse, e di diversa gravità:
Difficoltà ad accettarsi, nel migliore dei casi. Nei peggiori, frustrazione, ansia, disturbi di tipo alimentare, problemi legati al sonno-veglia, rappresentazione distorta della propria immagine corporea.
Il modo migliore e più efficace per superare il senso di scarto tra il proprio corpo e l’immagine artefatta costruita grazie ai filtri per i giovani e giovanissimi sarebbe quello di evitare i social tout court. Una soluzione che, però, spiega anche Digennaro è utopica e difficilmente concretizzabile, soprattutto se consideriamo il fatto che, almeno a livello teorico, gli under 14 non potrebbero utilizzare i social network e già servono almeno 16 anni per registrarsi ai servizi di messaggistica istantanea.
Che fare, allora?
C’è dunque bisogno di un’azione a 360 gradi, che coinvolga anche le scuole, i genitori: bisogna fornire ai ragazzi gli strumenti adatti per orientarsi nel mondo virtuale come in quello reale. Si insegna loro ad allontanarsi dal pericolo, a presentarsi agli sconosciuti, ad essere educati. Bisogna allo stesso modo dialogare con loro e indirizzarli ai comportamenti più giusti da adottare, anche online. Anche perché sembra che l’età media si stia abbassando sempre di più.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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