"Tutto quello che il diabete non è riuscito a togliermi"
Silvia si è aperta con noi raccontandoci la sua storia di malata di diabete, patologia a cui però non ha permesso di cambiare il corso della sua vita.
Silvia si è aperta con noi raccontandoci la sua storia di malata di diabete, patologia a cui però non ha permesso di cambiare il corso della sua vita.
“Il mio diabete? Lo stravolgimento più inaspettato, indesiderato ma anche bello della mia vita.
Sembra un’utopia leggere insieme ‘diabete’ e ‘bello’, eppure per me è stato esattamente così.
Ciao sono Silvia, ho 21 anni e sono diabetica di tipo 1, da ormai tre anni. Sono nata a Vicenza, e il mio sogno sin da piccolina era di diventare una ballerina. I miei genitori decidono di iscrivermi a danza all’età di tre anni, nella scuola vicino casa.
A sedici anni mi trasferisco a Milano, dopo aver superato l’audizione per studiare in A.I.D.A., Accademia di alta formazione professionale di Marisa Caprara. È stato un anno ricco e impegnativo sia sul piano fisico che mentale; ho sempre sofferto la lontananza dai miei genitori, ma la passione faceva dimenticare ogni sacrificio.
La stazione è sempre stata per me un raccoglitore di emozioni, quanti weekend trascorsi in treno tra Vicenza-Milano, Milano-Vicenza e quante lacrime da dover trattenere per non far trapelare la nostalgia di casa, nonostante aumentasse sempre più la determinazione nel voler raggiungere quel sogno. Nell’agosto 2016 decido di andare a studiare a Torino, nella scuola di danza di Pompea Santoro e così, da settembre dello stesso anno, inizia per me una nuova vita. Cambio liceo per terminare gli studi, cambio casa-famiglia, cambio compagne di danza e di studi, cambio insegnanti… Insomma inizia un po’ tutto da capo, ma questa volta il mio corpo cede.
È l’8 dicembre 2016 quando la mia vita, improvvisamente, cambia rotta.
Mi ero appena inserita in quella nuova città, ma il mio corpo non era più in grado di superare un altro cambiamento così impegnativo.
Abitavo a 350 km circa di distanza dalla mia famiglia, ma la forza di volontà non mi è mai mancata, nonostante la forte nostalgia di casa; ce la mettevo tutta per realizzare il mio sogno.
Erano trascorsi solo tre mesi dal nuovo trasferimento da Milano a Torino, eppure, nonostante mi sentissi appagata da quella vita da ballerina, avevo iniziato a sentirmi debole.
Ho perso 8 kg in un mese, non avevo più energia per saltare!
A fine allenamento mi ricordo che avevo una sete spaventosa ed ero arrivata a bere fino a tre, quattro litri al giorno di acqua. Un’altra tecnica che utilizzavo in quel periodo era di portarmi dei grissini durante le lezioni di scuola, così mangiando costantemente mi sentivo meno prosciugare le energie.
Finalmente arriva l’8 dicembre e approfitto dei giorni di festa per tornare a casa dalla mia famiglia, sempre più in ansia di sentirmi in quello stato, ma impotente data la distanza da loro.
Ho trascorso nove giorni in ospedale. Nove giorni che non dimenticherò mai.
Sono entrata indipendente e sono uscita dipendente a vita da un farmaco, l’insulina, un ormone prodotto dalle cellule Beta del pancreas, che il mio corpo aveva deciso di autodistruggere fino a renderle incapaci di produrla.
Bene, la mia vita da quell’esordio con glicemia a 678 è cambiata radicalmente.
Mi ricordo una parola che mi disse il medico, vicino alla parola diabete tipo 1: ‘stress’. Proprio così, nel mio caso lo stress che avevo provato in quegli anni per rincorrere quel sogno aveva concluso le sue fasi, da stress acuto era passato a stress subacuto fino al vero e proprio esaurimento.
Ebbene sì…
Se dovessi descrivere il diabete, lo immaginerei come una grande fiamma che ha acceso in me inizialmente una forte rabbia verso quel mondo fatto di perfezione e rigore che ha permesso al mio corpo di autodistruggersi fino ad ammalarsi.
Dopo aver concluso l’anno a Torino, ho deciso di tornare a Vicenza dalla mia famiglia, e ho iniziato così a capire che quel sogno non faceva più parte di me.
Con il passare del tempo questa fiamma si è trasformata in vera energia, provavo un profondo desiderio di rivincita, mi sono incuriosita per tutto ciò che riguarda il mondo della nutrizione fino a ottenere il titolo di nutritional e nutraceutical consultant, e a breve di nutraceutical sport consultant. L’esperienza appresa dalla danza, invece, mi è servita nella formazione per diventare trainer in gyrotonic e a breve di gyrokinesis.
Credo che in ogni malattia che si affronta sembra di essere intrappolati da continui limiti e privazioni all’inizio del percorso, ma con il passare del tempo ci si accorge che i limiti esistono solamente nell’anima delle persone a corto di sogni!
Mi guardo allo specchio, vedo la Silvia di un tempo, è vero, più indipendente per alcuni aspetti, ma se guardo il mio futuro, non percepisco più quell’ansia e incompleta soddisfazione di anni fa… In fondo mi sento una persona fortunata per aver avuto una seconda opportunità per rinascere e molto più ricca di emozioni, tra cui il privilegio di poter sviluppare una grande sensibilità fisica e mentale.
Il diabete mi sta insegnando a riflettere, a saper concedermi del tempo per me stessa, ad ascoltarmi veramente e un po’ alla volta sto ritrovando l’amore per me stessa.
Sarei bugiarda se non ti dicessi che non ci sono momenti bui, ma sarei più bugiarda se non ti dicessi che in fondo il diabete mi ha stravolto in positivo la vita e mi ha reso più forte, determinata e consapevole che la vita va vissuta a pieno come se ogni giorno fosse l’ultimo”.
Questa è la personalissima testimonianza di Silvia Dal Bosco, con un passato da ballerina alle spalle e, oggi, un futuro come nutrizionista e trainer in gyrotonic; la sua è una storia di sacrifici ma anche di forza di volontà e di grande coraggio, quello che le ha permesso di affrontare la malattia, diagnosticata in età molto giovane. Seppure lei sia riuscita a interpretare la diagnosi di diabete di tipo 1 in chiave positiva, è chiaro come sia assolutamente soggettivo il modo con cui ciascuno di noi affronta una malattia.
La storia di Silvia vuole perciò essere d’incoraggiamento a tutti coloro che rischiano di essere sopraffatti, per far sì che il diabete non tolga nulla alle loro vite.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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