Quanto tempo trascorrete con la vostra mamma? Non ci vogliamo impelagare in un discorso complesso – non tutti i figli crescono in maniera felice, non tutte sono mamme dell’anno – per cui questo non è un articolo sulla necessità di stare con i propri parenti a tutti i costi, ma sulla bellezza di stare con loro quando si tratta di persone piacevoli. E sul fatto che faccia bene alla loro salute. Vogliamo raccontarvi infatti i risultati di una ricerca interessante riportata da Cosmopolitan. Che afferma come trascorrere molto tempo di qualità con la propria mamma – ma anche con il papà, con la nonna, col nonno e, perché no, con gli zii – possa contribuire ad allungarle la vita. Non si tratta di un’ipotesi azzardata, è infatti la scienza a dirlo.

Dei ricercatori dell’Università della California con sede a San Francisco hanno condotto uno studio in cui si è stabilità che la solitudine giochi un grosso ruolo nel declino che viene così spesso associato all’idea dell’anzianità. Lo studio ha coinvolto 1600 adulti, la cui età media era 71 anni. Indipendentemente dalla loro salute o dal loro stato socio-economico, il dato che è emerso è quanto meno illuminante. Il 23% dei partecipanti allo studio che soffrivano la solitudine sono morti entro sei anni dall’indagine eseguita, mentre i partecipanti che godevano della compagnia fissa di una o più persone – di una compagnia adeguata insomma – sono morte in una quota del 14%.

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L’assistente sociale Barbara Moscowitz che lavora al Massachussets General Hospital sostiene infatti che tutti abbiamo bisogno delle persone nelle nostre vite, persone che ci conoscono, che ci tengono in considerazione, che ci portano gioia. È un bisogno che ci accompagna sempre, che non ci lascia mai. Rosemary Blieszner, insegnante alla Virginia Tech, aggiunge anche un dettaglio importante, e cioè che gli anziani danno più importanza alle relazioni. Magari trascurano grossi problemi, spesso anche di salute, ma tengono in gran conto le persone che amano, hanno grosse capacità relazionali che hanno sviluppato nel corso della propria vita. Come per esempio essere più tolleranti nei confronti delle imperfezioni e dei difetti degli amici, più di quanto non facciano i giovani adulti. È l’esperienza che li porta a fare questa considerazione: si conosce ciò per cui vale la pena combattere e ciò per cui non vale la pena combattere.

C’è da dire che per chi ha avuto in passato un rapporto felice con la propria mamma o in generale con i pazienti anziani, non è difficile piacere a stare con loro. Ma non ci si deve fermare a questo. Va bene la relazione intergenerazionale, ma è bene che gli anziani socializzino con gli altri anziani, in modo da creare nuove connessioni, nuove amicizie.

Ovviamente quando ci sono anche le giovanissime generazioni di mezzo, è tutto più bello di rimando. Per i nostri figli può essere istruttivo trascorrere del tempo con i nostri genitori. Da loro possono giungere delle cose simboliche come le coccole e l’affetto, ma anche delle storie di famiglia, tempo piacevole da spendere nella preparazione di dolci, di un caffè, di qualcosa che si possa scambiare osmoticamente.

Siamo partite con il dire che questa ricerca aveva a che fare con la propria mamma e con il tempo da trascorrere con lei e siamo finite per parlare anche delle altre persone anziane della nostra famiglia. Perché c’è un dettaglio importante che abbiamo tralasciato per il nostro finale e che avvalora la tesi della ricerca che invita a far evitare la solitudine agli anziani: trascorrere del tempo di qualità con genitori e nonni significa riuscire a trarre il meglio dallo scorrere dei giorni. Nessuno è eterno, e allora non vogliamo raccogliere quanti più ricordi delle persone che amiamo?

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