Nomofobia, come superare la paura di restare disconnessi ed emanciparci dal cellulare
Si tratta di una fobia irrazionale che però svela delle cause radicate nella psiche, tra insicurezza personale e paura della solitudine.
Si tratta di una fobia irrazionale che però svela delle cause radicate nella psiche, tra insicurezza personale e paura della solitudine.
La nomofobia è considerata un tipo di fobia contemporanea emersa nell’era digitale il cui termine ha origine dalla combinazione di due parole inglesi, non-mobile e phobia, ovvero la paura, l’ansia e il disagio di non avere un dispositivo mobile in un determinato momento o di non averne accesso quando necessario. In altre parole, la nomofobia è la paura di sentirsi sconnessi dal mondo digitale.
Uno studio intitolato Nomophobia and lifestyle: Smartphone use and its relationship to psychopathologies ha rilevato come nell’ultimo decennio l’uso dello smartphone sia aumentato in modo esponenziale tra la popolazione, soprattutto tra gli adolescenti. Si è costantemente aggrappati al proprio smartphone quasi fosse una protesi del braccio, della propria persona e viene utilizzato in molte situazioni della vita quotidiana, anche se questo impiego costante può portare delle conseguenze negative sia sul piano fisico che psicologico.
Lo stesso studio appena menzionato analizza la propensione dei giovani adulti (di un’età compresa tra i 18 e i 24 anni) verso la nomofobia e di come il rapporto con lo smartphone abbia un impatto sul loro stile di vita.
Un campione di 495 partecipanti ha mostrato una correlazione positiva e moderata tra nomofobia e sintomi psicopatologici. La sensibilità interpersonale, l’ossessione-compulsione e il numero di ore di utilizzo dello smartphone al giorno sono stati identificati come forti predittori della nomofobia. I risultati mostrano che l’uso dello smartphone e i sentimenti di inadeguatezza sono rilevanti per spiegare il fenomeno e chi prova questo malessere tende a rifugiarsi dietro lo schermo che diventa lo scudo, il filtro attraverso il quale comunicare con gli altri ed esprimersi senza timore del giudizio altrui.
Oltre a questo altre cause sono riconducibili alla rapidità della comunicazione (che oltre ad essere in tempo reale può svolgersi comodamente anche tra più persone) e all’immediata gratificazione nell’utilizzo dello smartphone, che sia per la ricerca di un’informazione o la visione di un video su TikTok.
Anche la paura dell’isolamento può giocare un ruolo nello sviluppo della nomofobia in quanto chi la prova non vuole rinunciare ad avere lo smartphone sempre a portata di mano per sentire le persone a cui tiene.
Chi è particolarmente ansioso può sviluppare un attaccamento eccessivo nei confronti del telefono per paura di non essere raggiungibile: la nomofobia può prendere il sopravvento a seguito di episodi negativi passati dove la mancata risposta ad un messaggio o a una chiamata ha provocato un forte senso di angoscia e impotenza, lo stesso può valere se si hanno persone vicine altrettanto ansiose.
La nomofobia può manifestarsi in diversi modi, ecco i più comuni:
Se la persona con la quale si sta avendo una conversazione non può fare a meno di tenere in mano lo smartphone e fatica a guardare direttamente l’interlocutore mentre parla perché troppo attirata dallo schermo, potrebbe soffrire di questo disturbo. Nei casi più gravi dialogare con gli altri è pressoché impossibile per via della mancanza di sicurezza in sé stessi e dell’incapacità di comunicare nella vita reale se la norma è l’interazione virtuale.
Concentrarsi quasi esclusivamente sul proprio smartphone distoglie l’attenzione verso quelle attività semplici come guidare o camminare che vengono svolte male e in modo approssimativo con la probabilità di ferire fisicamente sé stessi e gli altri. Alcune vengono addirittura saltate a piè pari: dormire, mangiare, lavarsi diventano secondarie rispetto allo scroll sul telefono.
Mantenere la testa inclinata sullo smartphone per molto tempo condiziona la postura e causa dolore alle braccia e alle spalle. Chi utilizza eccessivamente questo dispositivo può soffrire di cefalee cervicogeniche legate a tensioni alla schiena e al collo, nonché di lesioni muscolo-scheletriche alle dita, alle mani, ai polsi e alle braccia.
Chi soffre di nomofobia vive con l’ansia di non essere connesso (FOMO), con la paura di perdere il telefono magari. Questo fa sì che si manifestino tutta una serie di sintomi che vanno dal cambiamento della respirazione alla sudorazione, dalla tachicardia al disorientamento.
La nomofobia è una condizione curabile, infatti può essere superata in diversi modi:
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) può essere di grande aiuto nella gestione dei pensieri e dei sentimenti negativi che emergono ogni volta che si pensa di non avere sotto mano lo smartphone: “Se perdo il telefono non potrò più parlare con i miei amici” è uno dei tantissimi pensieri in grado di generare ansia e malessere. Tramite la CBT si acquisiscono gli strumenti per sfidarli e assumere un approccio positivo e costruttivo.
La terapia di esposizione aiuta ad imparare ad affrontare la paura attraverso un’esposizione graduale ad essa. Chi soffre di nomofobia andrà quindi lentamente esposto all’esperienza di non avere il telefono, con l’obiettivo di riuscire ad utilizzarlo solo per lo stretto necessario, se questo è l’obiettivo, o comunque in modo più sereno.
Può aiutare a gestire i sintomi gravi della nomofobia ma in genere il mero trattamento farmacologico prescritto esclusivamente da un professionista non è sufficiente e per questo è necessario affiancarlo alla terapia. I farmaci più utilizzati, ma comunque per il breve periodo per evitare di sviluppare dipendenza, sono i betabloccanti che aiutano a ridurre il senso di vertigine, le difficoltà respiratorie o la tachicardia, ad esempio prima di recarsi in un luogo dove probabilmente il telefono non prenderà. Vengono prescritte anche le benzodiazepine per ridurre l’ansia.
Prima di ricorre alla terapia è consigliabile cercare di mettere in atto delle piccole strategie quotidiane come queste:
Lettrice accanita, amante dell'arte e giornalista. Ho da sempre il pallino per la scrittura.
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