Obesity Day: l'importanza di abbattere lo stigma dell'obesità

L'obesità è una patologia seria e il primi passo per contrastarla è abbattere lo stigma che la circonda. Per questo servono giornate come l'Obesity Day, che non celebra l'obesità, ma contribuisce a informare sui rischi e pericoli di questa malattia.

L’obesità non è una condizione estetica, ma una vera e propria patologia; fare prevenzione sull’obesità, quindi, non significa in alcun modo aiutare le persone che ne soffrono a “rimettersi in forma” per invitarle ad aderire a uno standard estetico, ipoteticamente considerato “ideale”, o per far avere loro una fisicità considerata “conforme”: ci sono degli aspetti, a livello di salute, che sono estremamente importanti e possono essere seriamente compromessi da un’obesità patologica.

Come spiega l’Istituto Auxologico, l’obesità è una condizione caratterizzata da un eccessivo peso corporeo dovuto a un accumulo di tessuto adiposo, che si sviluppa per l’interazione di vari fattori, tra cui quelli genetici, endocrino-metabolici e ambientali. È una condizione cronica molto diffusa in grado di influire negativamente sullo stato di salute perché aumenta il rischio sviluppare altre malattie e peggiora la qualità di vita della persona“.

Non si tratta quindi solamente di “mangiare troppo” o “non fare movimento”, anche se ovviamente seguire un regime alimentare vario e sano e svolgere un po’ di attività fisica influiscono molto per limitare i rischi; è importante quindi togliersi dalla testa l’associazione di idee obeso = pigro e pensare, piuttosto, a come si debba davvero intervenire sulla patologia.

Da 21 anni il 10 ottobre è l’Obesity Day, nato per volontà dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica ADI proprio per sensibilizzare e informare realmente su un tema in cui, troppo spesso, la grassofobia contribuisce a confondere le idee, spostando altrove il focus del problema.

Inizialmente l’Obesity Day serviva a fornire all’opinione pubblica indicazioni sui Servizi di Dietetica e Nutrizione Clinica del SSN come presidi qualificati di diagnosi e terapia, ma oggi, purtroppo, questi servizi sono stati parzialmente depotenziati.

Eppure, essendo una patologia multifattoriale, l’obesità necessiterebbe di un approccio terapeutico integrato e multidisciplinare, che in primis abbandoni il paradigma della responsabilità personale. Anche perché un dato certo è che, complice anche la pandemia e il lockdown, il tasso di obesità anche nel nostro Paese si sia alzato.

Gli effetti causati dal lockdown

Il Rapporto sull’obesità in Italia presentato a Milano dall’Auxologico nel luglio del 2021, come riporta la pagina sanità del Sole 24 ore, mostra come, nel contesto della pandemia, l’obesità sia un fattore che aumenta il rischio di ospedalizzazione o di finire in terapia intensiva, fino ai casi più estremi, di morte. L’isolamento forzato, l’impossibilità di praticare attività fisica nelle strutture dedicate hanno, in alcuni casi, peggiorato una situazione già ovviamente difficile. Bisogna inoltre contare che, oltre a una malattia cronica l’obesità è anche un fattore di rischio non sottovalutabile rispetto ad altre patologie.

A rischiare di più, secondo il Rapporto, nel nostro Paese sono gli uomini (11,7% di obesi tra gli uomini contro il 10,3% tra le donne), dati che si rovesciano nella popolazione over 75. Di obesità grave – ovvero che presenti un indice di massa corporea pari o superiore a 35 – soffre un milione di persone, e in questo particolare caso sono invece le donne a essere più colpite, con un picco fra le donne anziane del Sud del Paese.

L’obesità aumenta le possibilità di prendere il Covid in forma grave?

I dati clinici disponibili dimostrano chiaramente che l’obesità è uno dei principali fattori di rischio – assieme all’età – per sviluppare forme più severe del virus.

Uno studio francese condotto su 124 pazienti consecutivamente ricoverati in un reparto di rianimazione per polmonite da Sars-CoV-2, ad esempio, ha rilevato che, fra i pazienti con polmonite Sars-CoV-2, erano soprattutto obesi o obesi gravi quelli che richiedevano ventilazione meccanica assistita rispetto ai pazienti che non la richiedevano; in Italia, su 92 pazienti ricoverati per polmonite da Sars-CoV-2 in un reparto italiano di medicina interna riconvertito a reparto Covid-19, ha avuto necessità di ricevere un supporto ventilatorio (non invasivo od invasivo) o di essere trasferito a reparti a più alta intensità di cura (terapia semi-intensiva e intensiva), rispettivamente, il 41,4% e 41,3% dei pazienti obesi.

Il tasso di obesità infantile

L’obesità deve essere tenuta sotto controllo fin dalla giovanissima età; non è un caso se nell’ultimo decennio diversi Paesi UE hanno implementato delle politiche per ridurre l’obesità, mirate proprio ai bambini. I dati a disposizione mostrano che un bambino su otto tra i 7 e gli 8 anni è obeso, con un’incidenza, nel nostro Paese, pari al 18%.
Secondo l’Oms a livello globale sono 38 milioni i bambini al di sotto dei cinque anni in condizione di sovrappeso o obesità, a cui vanno aggiunti i 340 milioni nella fascia d’età tra i 5 e i 19 anni.

Ci sono diverse evidenze scientifiche che mostrano come l’obesità in fase preadolescenziale o adolescenziale sia un campanello d’allarme di un’obesità in età adulta.
A questo quadro va ovviamente aggiunto il disagio psicologico che, proprio perché viviamo in una società spesso profondamente grassofobica, vivono questi ragazzi, i quali facilmente diventano oggetto di bullismo, di vessazioni e di discriminazioni che, se possibile, non fanno altro che peggiorare la situazione.

L’importanza della sensibilizzazione per abbattere lo stigma

Alla luce di questi dati, appare chiaro, ma è importante ripeterlo, quanto l’obesità non abbia a che fare con una questione meramente estetica e non dipenda esclusivamente né dal mangiare troppo né dal non praticare attività fisica (con le dovute precisazioni che abbiamo spiegato poc’anzi). Per questo è fondamentale abbattere lo stigma e smettere di considerare le persone obese come “grassi che sono troppo pigri” per cambiare vita: occorre ricordare che stiamo parlando di una patologia.

Oltre a contrastare questo tipo di giudizi, serve che anche la società si impegni per riconoscere i diritti delle persone obese, al momento spesso considerate cittadini di serie B. Sono molti i problemi che gli individui grassi devono affrontare, dalle difficoltà di un’offerta commerciale adeguata per loro, ai mezzi di trasporto, all’accesso a una sanità non discriminante.

Per questo, la Fondazione ADI con il coinvolgimento dei 130 Centri Obesity Day attivi su tutto il territorio nazionale (qui la mappatura completa regione per regione) intende

  •  Sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti dell’obesità
  • Aumentare la consapevolezza dell’impatto dello stigma sul peso e cosa si può fare per migliorare la qualità di vita delle persone
  • Aiutare le persone a superare le barriere che sorgono a causa dello stigma, che può impedire loro di ottenere il trattamento medico ottimale di cui hanno bisogno
  • Diffondere a pazienti e media i dati preliminari di una Survey su Crononutrizione, qualità del sonno e peso corporeo, attraverso un questionario che mira a capire l’impatto dell’alimentazione durante la giornata sul peso corporeo.

 

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