Cesare Cremonini e la schizofrenia: "Sentivo un mostro dentro di me, l'ho anche visto"
Con un libro e un'intervista-confessione Cesare Cremonini parla, per la prima volta, del mosto che aveva dento di sé: la schizofrenia.
Con un libro e un'intervista-confessione Cesare Cremonini parla, per la prima volta, del mosto che aveva dento di sé: la schizofrenia.
In oltre vent’anni di musica, Cesare Cremonini non si era mai aperto tanto come sta facendo ultimamente, con la pubblicazione del libro Let Them Talk: Ogni canzone è una storia, uscito il 1° dicembre 2020, ma anche con l’intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo per Il Corriere della Sera, dove il cantante bolognese, forse per la prima volta, ha parlato del mostro che si è trovato ad affrontare negli scorsi anni: la schizofrenia.
C’è una canzone, Nessuno vuol essere Robin, per la quale ho rischiato la vita – ha spiegato – come mi disse lo psichiatra: una pallottola mi ha sfiorato. Perché andai dallo psichiatra? Per accompagnare un’altra persona. Poi gli raccontai di me, di quel che provavo. I sintomi crescenti: la sensazione fisica di avere dentro di me una figura estranea.
Cremonini parla letteralmente di un mostro, che ha anche visto.
Quasi ogni giorno, sempre più spesso, sentivo un mostro premere contro il petto, salire alla gola. Mi pareva quasi di vederlo. E lo psichiatra me lo fece vedere. L’immagine si trova anche su Internet. ‘È questo?’, chiese. Era quello. Braccia corte e appuntite, gambe ruvide e pelose. La diagnosi era: schizofrenia. Percepita dalla vittima come un’allucinazione che viene dall’interno. Un essere deforme che si aggira nel subconscio come se fosse casa sua.
Fortunatamente molti tabù sulla salute mentale sono stati sdoganati, grazie anche all’esempio delle celebrity, che sempre più spesso raccontano i propri disturbi così che anche le persone “comuni” che ne soffrono possano sentirsi meno sole. Da Robbie Williams fino a Lady Gaga, sono sempre più le star che fanno cose concrete per aiutare le persone con disturbi mentali.
Tornando a Cremonini, il cantante ha raccontato come è arrivato in quella drammatica situazione, dopo due anni di “feroce lavoro” in studio, completamente immerso nel fare musica.
Smisi di tagliarmi la barba e i capelli. Mangiavo solo pizze a pranzo e cena. A volte due pizze pure a cena. Superai i cento chili. Non facevo più l’amore, se non da ubriaco. Avevo smesso qualsiasi attività fisica. Lo psichiatra mi chiese cosa mi faceva sentire meglio. Risposi: camminare. Non lavorare; il lavoro era la causa. La cura era camminare. Ho camminato per centinaia di chilometri. Ho scoperto i sentieri di collina. Ho preso anche farmaci, cose leggere, di cui non parlo per rispetto a chi ha dovuto fare cure farmacologiche pesanti.
Proprio in quell’occasione è nata Nessuno vuole essere Robin, che parla appunto della difficoltà, spesso, di comprendere quanto di bello si ha intorno e di apprezzarlo solo quando lo si perde: può riferirsi a una storia d’amore, un’amicizia, ma anche alla propria salute, ovviamente.
Oggi Cesare giura di stare meglio, anche se sa di non aver sconfitto del tutto il mostro; però ha capito sicuramente come prenderlo:
Quando sento il mostro borbottare, mi rimetto in cammino. Su una collina, in montagna. Sono tornato dallo psichiatra alla fine del primo tour negli stadi. Mi ha chiesto se vedevo ancora i mostri. Gli ho risposto di no, ma che ogni tanto li sento chiacchierare. E lui: ‘Let them talk’.
Falli parlare.
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Nel libro Let Them Talk Cesare parla anche del capitolo amore, e della sua relazione con la collega Malika Ayane:
È un amore di dieci anni fa. Il nostro incontro fu bellissimo. Ci conoscemmo al Quirinale per un evento in cui dovevamo incontrare Napolitano. Dopo aver omaggiato il presidente sgattaiolammo per i corridoi del Palazzo eludendo la sorveglianza. Per conoscerci meglio, ci nascondemmo dietro a una tenda accanto a una finestra illuminata dal sole di Roma. Ora siamo amici, in ottimi rapporti.
Da un po’ di tempo al fianco di Cesare c’è invece la studentessa Martina Maggiore, di 21 anni, con cui ha vissuto anche la quarantena durante il lockdown dovuto alla pandemia di Covid, che gli ha fatto pensare anche al futuro come marito e padre.
Stando con lei 24 ore su 24 è come se avessimo vissuto insieme 12 anni. È servito a capire che stiamo bene insieme. Con questo stop ho messo in ordine la mia vita dopo un periodo in cui c’è stata la morte di mio padre e i 40 anni. Ho ristrutturato me stesso. Anche nella vita professionale. Per me esiste un pre e post Coronavirus. Questo è un nuovo tempo della mia vita. Inizia tutto adesso.
La mia è stata una carriera discografica di ‘lettura orizzontale’, non è sempre stato facile per me spiegarlo – ha dichiarato nel 2019 ad Amica – Solo oggi posso mettere insieme tutti i pezzi della mia carriera, nella loro completezza. Ho sempre lavorato in prospettiva, per costruire il mio repertorio. Ora, con un po’ di orgoglio posso mostrarvi il mio mestiere: quello che sono riuscito a fare nella mia vita, come artista e come uomo, riuscendo a mantenermi fedele a questo percorso. Non mi sono mai accontento di essere ‘solo’ un cantante: volevo che la musica, negli anni, potesse seguire la mia crescita come persona. La mia è una bella storia da raccontare.
Studiavo Chopin e Beethoven, poi per Natale mio padre mi regalò un disco dei Queen. Mi accorsi che c’erano riferimenti alla musica classica in così tante loro canzoni che chiesi alla mia professoressa di farmi studiare Bohemian Rhapsody. Ne fu contenta! Tre anni dopo, mentre ero in vacanza con i miei genitori, scrissi Vorrei, la mia prima canzone. Avevo 15 anni.
Nel 2019 Cesare ha perso il papà, Giovanni, famoso medico nutrizionista, cui era legatissimo.
Circa un mese fa ho perso mio padre – ha raccontato all’epoca – e mentre mi occupavo di quelle disgustose faccende che si impossessano del quadro quando se ne va una persona che ami, mi sono distratto totalmente dal mio percorso. A un tratto mi sono voltato indietro per ricercare la riva, la riva che mi aveva sempre fornito le coordinate per orientarmi e non sono più riuscito a metterla a fuoco. Non c’era più. E con lei i ricordi. In quel momento ho capito che ero in mare aperto. Forse avere quarant’anni ha proprio questo di bello: per la prima volta non ho un punto di riferimento e credo sia un bene. So che nessuna burrasca mi può uccidere e che la rotta è tutta da inventare.
Finora Cesare Cremonini ha all’attivo sei album da solista, sette con Squérez?, uscito nel 1999 quando era nei Lunapop.
Cesare è ancora legatissimo a Nicola Balestri, lo storico Ballo dei Lunapop, tanto da aver dedicato un post Instagram alla nascita del suo secondo figlio, Tommaso.
50 special, scritta da Cremonini prima dell’esame di maturità, li ha lanciati in tutta Italia, diventando un tormentone; nello stesso anno, il 1999, i Lunapop vincono in Festivalbar con Qualcosa di grande.
Il gruppo si scioglie nel 2002, e da lì inizia la carriera da solista di Cesare, iniziata con Bagus.
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