
Dove sono le Zone Blu, i luoghi in cui si nasconde il segreto delle vite longeve
Il fenomeno delle Zone Blu è diffuso in 5 aree in tutto il mondo: di cosa si tratta e perché il modello non è facilmente "esportabile".

Il fenomeno delle Zone Blu è diffuso in 5 aree in tutto il mondo: di cosa si tratta e perché il modello non è facilmente "esportabile".
Quella delle Zone Blu è una storia insolita. Perché la ricerca scientifica non nasce per caso, ma a volte si comincia a osservare e studiare qualcosa e si finisce per formulare una teoria, magari attinente ma non proprio. Così Dan Buettner ha avviato una spedizione del National Geographic alla scoperta dei segreti della longevità, e ha trovato 5 luoghi al mondo in cui le persone vivono più a lungo e meglio.
Questi 5 luoghi prendono il nome di Blue Zones: chi ci vive ha una vita media oltre i 100 anni, grazie a una serie di fattori favorevoli legati allo stile di vita, ovvero il consumo quotidiano di cibi vegetali e integrali, la consuetudine a svolgere un’attività fisica anche leggera, tante interazioni sociali di qualità e poco o niente stress. Solo il nome è in un certo senso fortuito, perché queste zone vennero contrassegnate sulla mappa con una penna blu la prima volta. Per spiegare meglio il fenomeno, Dan Buettner e il collaboratore Sam Skemp hanno realizzato uno studio dal titolo Blue Zones – Lessons From the World’s Longest Lived. Il risultato non è solo l’individuazione delle 5 zone al mondo in cui longevità e qualità della vita si compenetrano, ma quali siano i 9 fattori che rendono possibile tutto ciò.
Come detto, le Zone Blu al mondo sono 5. E una si trova anche in Italia: Sono:
Sono 9 i fattori che secondo Buettner rendono le Zone Blu tanto speciali. Certo, una buona predisposizione genetica ha un ruolo, ma per l’80% longevità e buona qualità della vita si devono ad altri fattori, ovvero:
Per poter funzionare in altre parti del mondo, le Blue Zones dovrebbero spingerci a rivedere completamente non solo modelli sociali e abitudini, ma soprattutto l’intero assetto delle nostre città secondo i 9 punti enumerati da Buettner. Occorrono politiche apposite, una nuova etica del lavoro (e salari che permettano di vivere rispetto al costo della vita), uno stile di vita lento e rilassato, e perfino una nuova architettura degli agglomerati cittadini. Nei piccoli borghi italiani è decisamente più semplice, a partire dalla creazione di una microeconomia autosufficiente, ma ci si dovrebbe adeguare a molti aspetti che rendono, per esempio, la Sardegna così peculiare.
Nello studio di Buettner c’è un caso emblematico molto interessante. Racconta di Stamatis Moraitis, un residente di Ikaria che a 22 anni si trasferì negli Stati Uniti: ebbe successo come pittore, comprò una casa ed ebbe 3 figli, ma a 66 anni sviluppò un cancro terminale ai polmoni. Tornò quindi a Ikaria, pensando di finire lì la sua vita, godendosi alcuni piccoli piaceri, tra cui un orto domestico e adeguandosi allo stile di vita locale in compagnia dei suoi anziani genitori. Sono passati 37 anni e, al momento in cui Buettner ha realizzato il suo studio nel 2016, era ancora vivo. Non solo: aveva creato un vigneto che produceva 200 litri di vino all’anno. La sua spiegazione?
“Mi sono semplicemente dimenticato di morire”.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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