«Eppure ce l’ho sulla punta della lingua…». Quante volte vi è successo di non riuscire proprio a ricordare una parola nel momento in cui avreste dovuto usarla? È una cosa che di tanto in tanto accade a tutti, ma in alcuni casi la disnomia può essere spia di qualcosa di più serio.

Cos’è la disnomia?

Con il termine “disnomia” si indica la difficoltà o l’incapacità di richiamare alla memoria una determinata parola quando necessario, anche quando si tratta di vocaboli di uso comune e quotidiano.

Nella maggior parte dei casi, questo accade sporadicamente ed è un fenomeno perfettamente normale; in alcune situazioni, però, la disnomia può diventare così frequente o così grave da influenzare la vita quotidiana, trasformandosi in una condizione clinica a lungo termine – come nel caso di un disturbo dell’apprendimento o altre patologie – o a breve termine.

Nel secondo caso, piuttosto che una condizione la disnomia è un sintomo, che può indicare alcune condizioni che impediscono di richiamare temporaneamente parole o nomi, come l’intossicazione alcolica, un basso tasso di glucosio nel sangue, una commozione cerebrale o uno scompenso elettrolitico, ma anche carenze nutrizionali, ipogonadismo, ipertermia, ipotermia, ipossiemia.

Chi ne è affetto tende a utilizzare parole simili a quella ricercata nel suono o nel significato, usandone una appartenente alla stessa aria semantica (ad esempio, cucchiaio per forchetta), sfruttare delle circonlocuzioni o delle frasi generiche o, nei casi più gravi, parole inventate prive di senso.

I disnomici possono interrompersi ed esitare o apparire in affanno nel tentativo di richiamare parole o nomi, cercando di temporeggiare inserendo intercalari o parole filler come cioè, ehm, uh, allora…

Le possibili cause della disnomia

La disnomia deriva da un malfunzionamento della parte del cervello che usiamo di più: il lobo temporale. Come abbiamo visto, però, può avere diverse cause ed essere sia sintomo sia conseguenza di alcune patologie o condizioni.

Nei bambini, può essere la conseguenza di un disturbo del linguaggio o dell’apprendimento, come la dislessia, mentre negli anziani può essere un sintomo di demenza associato all’Alzheimer (generalmente uno dei primi a manifestarsi) o, più semplicemente, una conseguenza dell’invecchiamento.

Anche alcuni eventi endogeni, come l’uso di alcune droghe o traumi cranici, ictus o altri incidenti, possono generare disnomia e conseguenti problemi di linguaggio e scrittura.

Quando la disnomia può preoccupare?

Se si presenta sporadicamente, la disnomia è un fenomeno assolutamente innocuo. Se, invece, la difficoltà nel trovare la parola giusta è frequente e, soprattutto, incide negativamente sulla vita di tutti i giorni, è importante farsi visitare da un logopedista o da uno psicologo specializzato nel linguaggio.

Attraverso una visita approfondita e appositi test neuropsicologici, è infatti possibile diagnosticare correttamente questa patologia e, una volta appuratane la presenza, individuarne le cause e una possibile strategia di intervento, oltre ad escludere o confermare ulteriori condizioni o patologie che potrebbero esserne la causa.

Disnomia: come curarla

Per capire come curare la disnomia è necessario individuarne l’origine: in alcuni casi potrà risolversi spontaneamente (ad esempio nel caso di commozioni cerebrali e, più in generale, delle condizioni che generano disnomia a breve termine che abbiamo già visto).

In altri, più che di vera e propria “cura” si può parlare di gestione, imparando delle strategie e degli esercizi specifici, come questi suggerimenti consigliati dagli psicologi dell’età evolutiva del Centro Leonardo:

  • “Girare intorno” alla parola che si vuole dire, cercando di farla comprendere attraverso la descrizione della stessa, così da agevolare chi ascolta ad individuarla;
  • “Dire ad alta voce l’alfabeto”. Ripercorrere le lettere in ordine alfabetico pensando alla parola che non viene in mente, può infatti aiutare a ricordare il suono con cui questa inizia;
  • cercare e usare dei sinonimi, parole con il medesimo significato;
  • immaginare e visualizzare la parola scritta su un foglio, per agevolare il suo richiamo alla mente;
  • associare una qualità o un’idea alla parola a cui stiamo pensando. Per esempio per ricordare la parola “aspro”, potrebbe essere utile pensare al limone;
  • utilizzare le rime. Per esempio pensando al fiore della genziana, si può collegare ad un parente di nome Tiziana;
  • utilizzare associazioni visive, concentrandosi sugli elementi e sulle caratteristiche proprie della parola a cui vogliamo fare riferimento.
La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!