La situazione pandemica attualmente in atto ha creato stravolgimenti e difficoltà nelle vite di tutti, ma le sue conseguenze si sono avvertite in misura maggiore, e con un impatto ben più rilevante, tra le categorie più fragili della società e le loro famiglie. Tra queste vi sono anche le persone autistiche.

Va detto subito in apertura che la sindrome di Asperger, o disturbo dello spettro autistico, presenta numerosissime manifestazioni e pertanto raggruppa in sé molti e differenti casi di neurodiversità, non solo quelli più visibili, con cui da sempre siamo stati abituati a familiarizzare, anche attraverso l’immagine, speso stereotipata, che ci ha restituito negli anni la cultura dei media. Proprio anche per far luce su questo aspetto poco conosciuto e per sensibilizzare in generale l’opinione pubblica sul tema nella sua interezza e vastità, è stata istituita la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’Autismo, che si celebra ogni anno il 2 aprile.

Secondo quanto riporta l’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, l’incidenza di questo disturbo è aumentata in modo significativo negli ultimi anni: in Italia 1 bambino su 77 nella fascia d’età compresa tra i 7 e i 9 anni presenta questo disturbo. Gli studi più recenti sembrano spiegare l’incremento dei casi degli ultimi due decenni a fattori genetici e ambientali. E tuttora sono in corso nuovi studi e approfondimenti per poter attestare con maggiore attendibilità le condizioni che potrebbero favorire l’insorgenza del disturbo dello spettro autistico e definire strategie preventive di efficacia.

Uno di questi è lo studio recentemente pubblicato sulla rivista Clinical Epigenetics e intitolato Sperm DNA Methylation Epimutation Biomarker for Paternal Offspring Autism Susceptibility, che mostra come alcuni biomarcatori identificati nello sperma potrebbero indicare la predisposizione maschile a concepire bambini con disturbo dello spettro autistico.

Nello studio, i ricercatori delle cliniche di fertilità IVI (Istituto  Valenciano de Infertilidad), dell’Università di Valencia e della Washington State University hanno confrontato i campioni di sperma di uomini che hanno concepito bambini autistici con quelli di padri di bambini senza disturbo dello spettro autistico. Dall’esame è stato possibile rilevare nello sperma di coloro che hanno concepito bambini autistici, la presenza di alcuni biomarcatori specifici, all’interno delle cosiddette “regioni di metilazione del DNA”, un’alterazione chimica che si verifica quando un gruppo metile si attacca a un filamento di DNA e può attivare o disattivare i geni.

La Dottoressa Daniela Galliano, medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione e Responsabile del Centro PMA di IVI Roma, si è così espressa in merito:

Questo test, in futuro, ci consentirà di determinare se un uomo è ad alto rischio di concepire un figlio con ASD. Si tratta di un enorme passo in avanti verso l’identificazione dei fattori che possono provocare questo disturbo e, nello stesso tempo, verso la definizione di strategie preventive, dato che, in alcuni casi, è possibile ricorrere a dei trattamenti per correggere le alterazioni epigenetiche. Inoltre, con ulteriori ricerche, questo biomarcatore ci permetterà di tracciare l’origine e lo sviluppo dei cambiamenti epigenetici. Già alcuni anni fa abbiamo scoperto che i fattori ambientali possono alterare l’epigenetica delle linee germinali dei gameti. Con questo strumento potremmo eseguire studi su un campione di popolazione più ampio, per determinare quali fattori ambientali possono causare tali cambiamenti epigenetici.

Si tratta dunque di risultati importanti e incoraggianti, che possono fornire informazioni fondamentali sul disturbo dello spettro autistico e su una sua possibile diagnosi preventiva, a cui seguiranno ulteriori test e ricerche specifiche, che mirano a espandere il campione di ricerca verso numeri ben più ambiziosi, al fine di ottenere una maggiore attendibilità scientifica e permettere la messa a punto di uno strumento medico in grado di rilevare con precisione le alterazioni epigenetiche e prevedere così maggiori probabilità di trasmettere l’autismo, mettendo a punto conseguenti strategie preventive efficaci.

Autismo e Covid-19: le criticità legate alla pandemia

Come accennato in apertura, la condizione attuale ha complicato, se non reso ingestibile, la situazione per molte persone autistiche – bambini e adulti – e le loro famiglie.

Il lockdown e l’isolamento, oltre a stravolgimenti di routine e abitudini quotidiane, particolarmente dannosi per alcune persone nello spettro autistico, hanno infatti causato anche la chiusura di centri diurni per persone disabili e in molti casi la sospensione delle terapie. Questa situazione ha provocato grosse difficoltà agli stessi genitori e ai familiari di molte persone nello spettro autistico che, in molti casi, si sono ritrovate senza il sostegno delle reti sociali cui in condizioni normali si appoggiano.

L’assenza del terapista o dell’educatore, oltre a provocare difficoltà nei soggetti autistici, causando spesso anche un sensibile peggioramento o rallentamento dei progressi compiuti, ha costretto proprio i familiari a sobbarcarsi di un onere che difficilmente sono in grado di affrontare da soli.

Non solo, in caso di cure o di ospedalizzazione, in alcuni casi le persone autistiche – non solo bambini – non possono essere lasciate sole in ospedale, e neanche in casa, se in presenza di familiari ammalati o allettati che non possono occuparsi della loro assistenza. Ancora una volta emerge chiara e urgente la necessità di favorire una rete di assistenza alle famiglie delle persone con bisogni speciali, che in questa fase si sono purtroppo ritrovate sole e abbandonate.

A questo proposito, è intervenuto di recente il cantante e compositore Elio, padre di una ragazzo autistico, che ha consegnato alle pagine del Corriere un appello, con il quale pone all’attenzione di tutti il dramma che stanno vivendo moltissime famiglie italiane e che è anche un monito alle istituzioni perché possano finalmente vaccinare le persone autistiche e chi le assiste, una questione essenziale che purtroppo è stata finora trascurata.

Oltre alle difficoltà appena descritte, che impattano violentemente sulla quotidianità dei soggetti neurodiversi e delle loro famiglie, in un contesto difficile come quello attuale, risulta anche ben più complesso diagnosticare l’autismo. Il sospetto di un disturbo dello spettro autistico emerge infatti in genere anche perché i bambini piccoli mostrano dei comportamenti differenti rispetto a quelli dei loro coetanei, e questo può risultare non facile da individuare in un periodo di isolamento come quello che ci troviamo ad affrontare. Non solo, in situazioni di forte stress, come quelle che viviamo abitualmente in questo periodo, sono più diffusi e normali comportamenti più estremi da parte dei bambini, come capricci più frequenti o una maggiore irritabilità, e può succedere che si scambino questi atteggiamenti per dei comportamenti neurodiversi.

La dottoressa Heidi Feldman, professoressa di pediatria dello sviluppo e del comportamento alla Stanford University School of Medicine, ha detto in proposito:

Non sappiamo quale sarà l’impatto di un anno di interazione sociale molto limitata sui bambini. Alcuni dei modelli di comportamento che i bambini stanno mostrando ora possono essere il risultato di queste strane condizioni di vita, o possono riflettere lo stress, il trauma e l’isolamento sociale che molte famiglie hanno sperimentato.

Inoltre, questa situazione potrebbe portare a un ritardo considerevole nella diagnosi, e si sa bene quanto l’identificazione e il trattamento precoce del disturbo dello spettro autistico siano degli aspetti essenziali. Per precoce si intende tra 1 e 3 anni, ma, appunto, per i bimbi che hanno vissuto tutta o metà della loro vita in queste circostanze speciali, non è affatto facile procedere con una diagnosi o sospetta tale.

Bisogna aggiungere che è anche difficile fare una valutazione standardizzata per il disturbo dello spettro autistico in una situazione come questa, perché di norma non può essere fatta con le mascherine, poiché la formulazione di una diagnosi dipende anche dall’interpretazione delle espressioni del bambino e dall’osservazione delle reazioni alle espressioni facciali dell’esaminatore.

Catherine Lord, professoressa di psichiatria e di educazione all’Università della California, riferisce che al momento potrebbe risultare efficace una nuova procedura, anche se i ricercatori stanno ancora analizzando i dati: si tratterebbe di brevi colloqui che i bambini possono fare con i loro genitori, mentre i medici guardano senza essere nella stanza. Come detto, la modalità potrebbe non essere del tutto accurata, ma Lord è fiduciosa che possa essere utile in molti casi.

Accanto a queste, possono risultare utili anche le valutazioni sullo sviluppo fatte attraverso visite a distanza, nelle quali i bambini si mostrano nei loro ambienti familiari e possono risultare pertanto più attendibili; è anche vero, però, che sono molte le famiglie che non hanno accesso a una connessione internet affidabile o ad alta velocità, e il procedimento può essere fallace o non del tutto corretto e completo.

Indicazioni per prevenire il disagio legato all’epidemia

L’Istituto Superiore di Sanità ha messo a punto un documento, in collaborazione con la Società Scientifica Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza (SINPIA), la Società Italiana di Psichiatria (SIP), la Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP) e la Società Italiana per i disturbi del neurosviluppo (SIDiN), con cui intende fornire indicazioni utili per prevenire il disagio e favorire un più appropriato sostegno alle persone nello spettro autistico e ai loro familiari.

Le persone autistiche – bambini e adulti – possono maggiormente accusare lo stress dovuto all’applicazione delle misure di contenimento e al periodo di isolamento che la pandemia da Covid-19 ci sta imponendo. I soggetti neurodiversi presentano infatti un maggiore rischio di problemi di salute mentale, perché la pandemia, e le restrizioni e i cambiamenti ad essa associati, colpisce direttamente il funzionamento sociale e la routine quotidiana.

A questo proposito, Maria Luisa Scattoni, responsabile dell’Osservatorio Nazionale Autismo dell’ISS spiega che il distress legato alla pandemia e alle misure attuate per contenerla, possono provocare nelle persone nello spettro autistico l’incremento di oppositività e condotte aggressive verso sé stessi, oggetti e altre persone e lo sviluppo di comorbilità psichiatriche, oltre a chiarire che spesso alcune persone autistiche possono non essere in grado di garantire la gestione dei rischi personali e sociali legati alla pandemia.

Tali conseguenze sono chiarite in modo esaustivo da un recente studio condotto in tre Paesi (Belgio, Paesi Bassi e Regno Unito) che mette in luce il forte impatto psicologico della pandemia da Covid-19 sugli adulti autistici. Nell’indagine sono stati presi in esame due diversi gruppi di persone, uno dei quali composto da persone nello spettro autistico, e si è rilevato in entrambe un aumento dei sintomi di depressione e ansia in risposta alla pandemia, che risultava però maggiore nelle persone nello spettro autistico.

Accanto a questo, sono state poi molte le conseguenze che la condizione pandemica ha determinato nei soggetti autistici: hanno infatti mostrato un maggiore aumento delle preoccupazioni per i loro animali domestici, il lavoro, la possibilità di ottenere farmaci e cibo, e la propria sicurezza, e hanno accusato un maggiore stress per la perdita della loro routine. Ci sono stati anche dei cambiamenti positivi, tra cui l’aumento della solidarietà e la riduzione del sovraccarico sensoriale e sociale, in questo senso facilitati dal forzato isolamento. Ma la perdita totale del contatto sociale è stata giudicata molto difficile da alcuni soggetti.

Il documento messo a punto dall’Istituto Superiore di Sanità verte soprattutto sull’importanza di supportare le persone autistiche nel mantenere la loro routine quotidiana a casa con una serie di abitudini e attività regolari, tra cui mantenere il ritmo sonno-veglia, partecipare ai lavori domestici, organizzare la giornata attraverso un calendario e incentivarle ad esprimere i propri sentimenti attraverso attività di scrittura, film o giochi. Laddove possibile, poi, si raccomanda la necessità di mantenere gli interventi dei professionisti e degli educatori che li assistono, anche da remoto, attraverso video-chiamate o telefonate. Si tratta di una serie di provvedimenti che possono aiutare a prevenire la comparsa di emergenze comportamentali e favorire una maggiore tranquillità nei soggetti nello spettro autistico, in un periodo complicato e di stravolgimenti come quello che stiamo vivendo ormai da tempo.

Nel documento si manifesta poi la necessità, in caso di ospedalizzazione, di indirizzare le persone nello spettro autistico verso strutture ospedaliere in cui siano stati precedentemente attivati percorsi di accoglienza specifici per le persone con disabilità e autismo (il percorso DAMA).

Risulta quindi evidente come il bisogno di un supporto accessibile e continuo da parte dei servizi sanitari sia un aspetto centrale, purtroppo, in queste circostanze, non sempre possibile, e che, come abbiamo visto, fa ricadere interamente il carico e le responsabilità sui familiari e le persone che vivono con i soggetti autistici abitualmente assistiti da figure professionali deputate alla loro cura. Insieme a questo, il mantenimento di una rete sociale – sempre con i limiti che il momento attuale ci impone – e l’adattamento della routine ai rapidi cambiamenti in corso sono poi altri due aspetti centrali da non sottovalutare e da rispettare nel limite del possibile.

È anche vero che questa situazione, nella sua estrema gravità, ci consente però di imparare dai cambiamenti legati alla pandemia, sperimentati come piacevoli dai soggetti autistici, al fine di costruire una società post-pandemica più favorevole all’autismo.

Ad esempio, uno studio condotto su quarantasette famiglie del Nord della Spagna con un bambino autistico di età compresa tra 2 e 17 anni, ha messo in luce anche alcuni aspetti positivi emersi nei nuovi scenari generati da questi stravolgimenti. Dai risultati del questionario online, dedicato ai diversi aspetti della gestione della vita quotidiana in quarantena da parte delle famiglie intervistate, è emerso che nella maggior parte dei casi, i bambini autistici hanno gestito la quarantena meglio del previsto. Alcune famiglie hanno infatti riferito che i giovani partecipavano più spesso alla routine familiare ed erano più comunicativi con i loro genitori. Al di là di alcune difficoltà emerse, poi, i familiari intervistati hanno dichiarato di avere avuto la possibilità di trascorrere più tempo con i loro figli, utile anche per insegnare loro nuove competenze come l’autonomia o alcune attività legate alla cura della casa.

Ancora una volta, un periodo difficile come quello che stiamo vivendo può trasformarsi in una buona occasione per riconoscere nuovi modelli comportamentali e strategie da adottare nella quotidianità, anche in futuro, con il ritorno a un’apparente normalità, per rendere la vita delle persone autistiche più serena e gestibile.

La Giornata mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo 2021

Il tema scelto per l’edizione 2021 sarà Inclusione sul posto di lavoro: Sfide e opportunità in un mondo post-pandemico.

Uno dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile definiti dalle Nazioni Unite riguarda proprio la necessità di promuovere un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti, comprese le persone con disabilità. Non sono rare infatti, purtroppo, pratiche di assunzione discriminatorie e ambienti di lavoro che presentano grandi ostacoli per le persone autistiche, situazioni che contribuiscono alla disoccupazione o grave sottoccupazione di una grande maggioranza di adulti nello spettro autistico.

Negli ultimi anni si è riscontrata una maggiore sensibilità sulla questione: alcuni datori di lavoro hanno infatti iniziato a introdurre programmi di occupazione inclusivi, finalizzati a facilitare l’ingresso nel mondo lavorativo alle persone neurodivergenti e anche a valorizzarne appieno le potenzialità, riconoscendole finalmente come un potenziale vantaggio per la realtà aziendale di cui fanno parte. La pandemia ha però purtroppo inevitabilmente influito sugli sforzi delle aziende per implementare questi nuovi modelli. Allo stesso tempo, questo periodo ha messo in luce nuovi modi di lavorare e abitudini, tra cui prima di tutto il lavoro a distanza e l’uso di nuove tecnologie, che si sono rivelati vantaggiose per i dipendenti autistici, in precedenza non sempre valorizzati e a proprio agio negli ambienti di lavoro tradizionali.

La Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo del 2021 affronterà questi temi attraverso un evento virtuale che si terrà l’8 aprile e includerà interventi di persone nello spettro autistico che hanno sperimentato le sfide e visto queste nuove opportunità nel mercato del lavoro. Un evento, organizzato dal Dipartimento delle comunicazioni globali delle Nazioni Unite e dal Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite, in collaborazione con la Fondazione Specialisterne, che risponde al preciso scopo di fare leva sulla conoscenza acquisita che deriva dall’impiego di persone autistiche e sostenere la creazione di un mondo in cui ci siano pari opportunità per tutti nel mercato del lavoro. A questo link è possibile registrarsi all’evento.

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