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Come l'emergenza coronavirus può influire sul tuo ciclo mestruale

Contrariamente a quanto spesso si crede le mestruazioni non sono il “problema personale” di ogni donna in età fertile, ma un tema sociale, politico e non per ultimo economico al centro di discriminazioni e, finalmente, battaglie. L’attuale emergenza Coronavirus, poi, ha peggiorato la questione; e non solo perché ha letteralmente modificato il flusso mestruale di molte donne.

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Ansia e incertezza sono gli ingredienti principali di questa prima parte del 2020 e la vita divisa in “fasi” legate all’andamento della diffusione del Covid-19 non aiuta a fare programmi. La mente resta ancorata al qui e ora e anche il corpo si adegua a questi ritmi frammentati, col risultato che a risentirne è anche un sistema ben oliato che di fasi ne sapeva già qualcosa prima dell’emergenza.

Come può il coronavirus influire sul ciclo mestruale? Può, eccome.

Non ci sono numeri, ma la pandemia ha probabilmente già deviato milioni di cicli regolari portandoli all’eccesso (ipermenorrea) e anche a perdersi (amenorrea), in una catena di reazioni in cui sono coinvolti ormoni e cervello e ovviamente anche la situazione che causa il trauma. La cosa curiosa? Spesso gli altri, da fuori, di questo uragano interiore non si accorgono. E questo perché, come ha evidenziato la ricerca dell’azienda Essity, che con la campagna Blood Normal di Nuvenia, ha intavolato una conversazione onesta e senza tabù sulle mestruazioni (dando al sangue da spot il suo vero colore, ovvero il rosso, tanto per iniziare), in famiglia se ne discute poco e se si apre l’argomento si va avanti a eufemismi, giri di parole e imbarazzi.

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L’emergenza coronavirus, del resto, non ha solo modificato il flusso mestruale delle donne, ma aggravato anche una questione economica che, anche in questo caso, ha un nome preciso, Period Poverty.
Quanto costa essere donna? Di certo più che essere maschio, soprattutto quando si sanguina.

Questo anche in condizioni “normali”, che non sono quelle dell’attuale emergenza il cui prezzo, in materia di crisi economica, ricadrà soprattutto sulle spalle delle donne. 

Come il Coronavirus sta modificando le mestruazioni

L’emergenza Coronavirus è un trauma. E i traumi hanno conseguenze sul corpo e sui suoi bioritmi. A partire dalla sindrome premestruale che, secondo una ricerca pubblicata su Healthline, va a braccetto con l’ansia, fino alla mestruazione. Risultato: il ciclo ne risente parecchio e spesso non compare, oppure diventa abbondante e irregolare.

Tra i primi indiziati c’è lo stress, che in un frullatore di ormoni attiva anche il cortisolo e la cortocotropina (CRH) insieme all’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Se il cortisolo esonda in questo delicato gioco di equilibri che parte dalla testa, come ampiamente dimostrato dalla scienza, vuol dire che lo stress è fuori controllo e che a farne le spese sono gli ormoni della riproduzione. Quelli, che, ogni mese, danno vita al ciclo delle mestruazioni e che ne decidono le sorti.

Secondo una ricerca del Telegraph sulle donne atlete durante il lockdown, anche non fare sport e ridurre drasticamente gli allenamenti ha causato ritardi nel loro ciclo mestruale. Crampi più dolorosi, sanguinamenti più abbondanti e altre variazioni sono state percepite durante la pandemia da tutte le sportive intervistate. Nella vita quotidiana, questo piccolo shock può essere causato anche da un cambio di ritmi e abitudini, nuovi orari e stop della vita frenetica, tutte esperienze generalmente vissute durante il lockdown.

Il discorso si complica quando si parla di sindrome premestruale: di per sé il periodo che va dall’ovulazione alla mestruazione (fase luteale) ha già inclusi alcuni sintomi legati alla sfera dell’ansia (come riporta anche la ricerca pubblicata su Pshychiatric Times sul tema), ma se questa si somma agli stimoli esterni il mix porta all’esplosione di due ormoni dell’umore, la dopamina e la serotonina, come dice la ricerca di Healthline su ansia e ciclo.  E sono proprio loro, associati all’incertezza del domani, l’ansia per il futuro, il lavoro e la salute, che trasformano la PMS in un periodo da dimenticare. Più del solito, almeno.

Si può fare qualcosa per evitare questo continuo palleggiare tra mente, corpo e mondo esterno in un periodo come questo in cui trovare un punto di ancoraggio è difficile? Sì, se mettiamo al centro un benessere che nasce dalla testa e si propaga sul benessere fisico: diverse ricerche hanno messo in evidenza che l’attività fisica costante può attutire gli effetti di una PMS appesantita dall’ansia del “fuori” (come se quella interna non bastasse). E che mangiare bene mixando carboidrati complessi e integrando vitamina B6 come suggerisce uno studio dell’Università di York favorisce non solo il fisico ma anche l’umore.

Una prevenzione che aiuta, ma non cambia le sorti della spirale in cui può finire il ciclo in un periodo stressante come quello che stiamo vivendo. Il non parlarne peggiora le cose, il discuterne per metafore ancora di più. Chiamare le cose col proprio nome, oggi più che mai, è essenziale per normalizzare ciò che ancora è tabù per moltissime donne e per gli uomini che vivono con loro.

Period Poverty: cos’è, chi affigge e perché il coronavirus la sta peggiorando

Se ciò che sta dentro la testa – come ansia, stress e confusione – è un problema solo di chi prova quelle sensazioni, così le mestruazioni sono un problema delle donne? Sbagliato! Errate entrambe le affermazioni, per la verità. Ma parliamo di ciclo mestruale: sbagliato, perché le mestruazioni non sono un problema, in primo luogo. O almeno non dovrebbero. E anche perché quando si parla di Period Poverty la questione si fa economica, etica, sociale: passa cioè dall’essere un limite individuale o un “problema delle donne”, a pretesto per parlare di gender equality e opportunità uguali per tutti.
Non è più della biologia del singolo che stiamo parlando, ma di una battaglia di civiltà, che ci riguarda tutti, maschi e femmine. 

Nel mondo milioni di donne si auto-emarginano o vengono emarginate quando hanno le mestruazioni. Secondo una ricerca di Global Citizen, su 800 milioni di donne che ogni giorno hanno le mestruazioni ce ne sono ancora tante, troppe, che si nascondono per questioni culturali ma anche perché non possono permettersi assorbenti, tamponi e coppette per vivere un’esperienza serena durante il ciclo e mostrarsi agli occhi del mondo. In Uk, secondo l’Independent, più di un quarto delle donne intervistate per il sondaggio che ha portato al superamento della Tampon Tax in Scozia almeno una volta ha optato per rimanersene a casa dal lavoro o da scuola durante il ciclo vista l’impossibilità di acquistare (costosi) assorbenti.

E in Italia? Secondo la ricerca di Essity sui numeri del ciclo nel nostro paese, i tabù e le false credenze spopolano ancora, con un 27,4 % delle intervistate che ancora prova imbarazzo a parlare delle mestruazioni.

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Sbagliato pensare che la Period Poverty sia solo un problema dei Paesi sottosviluppati, dove le condizioni igieniche non raggiungono gli standard e la povertà dilaga insieme alla superstizione: è una questione politica e in quanto tale è un problema di tutti. La tampon tax è ancora il limite delle popolazioni occidentali che tassa e pure a caro prezzo i prodotti per l’igiene femminile, non ancora considerati beni di prima necessità.

Se paragoniamo gli assorbenti alle mascherine anti-Covid, che infatti in Italia per tutta la durata dell’emergenza possono essere acquistate a prezzo calmierato e senza IVA, è come se avere le mestruazioni fosse un optional, un lusso appunto.

Ma non lo è: se sei donna fisiologia e biologia impongono il ciclo in uno schema che si ripete, con variazioni legate allo stato fisico e mentale, per almeno 40 anni. A differenza di quelle contro la vergogna e la rottura dei tabù sulle mestruazioni, questa non è una battaglia che possa né debba essere portata avanti da un brand o dal solo associazionismo: bensì una battaglia politica, che deve trovare priorità nell’agenda del nostro Paese e giocarsi sul terreno legislativo. Ora più che mai, visto che ci si è messa di mezzo una pandemia come quella attuale e che, con la crisi non solo sanitaria ma anche economica in agguato, la Period Poverty può diffondersi a vista d’occhio anche dove l’igiene è data per scontata.

Anzi, lo sta già facendo, secondo i numeri delle assistite in America e nel mondo dell’associazione Support The Girls , che sta distribuendo prodotti per l’igiene femminile a chi è stato colpito dal virus e a tutte quelle donne che a causa del Covid hanno perso il lavoro e gli assorbenti non possono più permetterseli. E non è un caso che nel piano di ripresa economica degli Stati Uniti una voce sia destinata proprio al rimborso per gli acquisti di assorbenti e simili, con formula retroattiva da gennaio 2020 per chi non riesce a sostenere queste spese obbligate.

È già chiaro a tutti, infatti, che a pagare il prezzo più caro della crisi economica da coronavirus saranno le donne. A partire dal fatto che in quelle famiglie in cui si renderà necessaria la rinuncia al lavoro, parziale o totale, per la cura dei figli da parte di uno dei due genitori, la scelta ricadrà nella maggior parte dei casi sulle donne. 

In aggiunta alle conseguenze sul benessere psicofisico che la pandemia di Covid-19 può portare al ciclo mestruale, con conseguenze sulla vita quotidiana e professionale, appare chiaro che no, parlare di sangue, mestruazioni e ormoni non è scandaloso e, soprattutto, non è solo “roba da donne”

Normalizzare il dialogo sul tema mestruazioni deve diventare uno sforzo comune, con il supporto necessario delle petizioni online e delle campagne come Blood Normal, di Nuvenia per intavolare una conversazione costruttiva: oltre i tabù, oltre i limiti, oltre gli eufemismi.

Tanto per cominciare si potrebbero chiamare le cose col loro nome, com’è per tutto, tranne che per le mestruazioni.

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Nuvenia, tra i principali brand nel settore degli assorbenti femminili, supporta le donne nei giorni del ciclo, per garantire loro massimo comfort e benessere, ed è al loro fianco per abbattere stereotipi e tabù sulle mestruazioni.
Nuvenia è un marchio Essity, azienda leader nel settore dell’igiene e della salute.

  • Chiamiamo le cose col loro nome